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IA forense
La Corte di appello di Torino nel confermare una sentenza di condanna non si è «posta in sintonia con gli orientamenti richiamati, facendo riferimenti a principi di legittimità non affermati o a sentenze di questa Corte di cassazione inesatte nel numero riportato». La Cassazione penale sezione 3 con la sentenza numero 25455/2025 stigmatizza la decisione della corte di appello di Torino che cita un precedente che non esiste, in una sentenza di condanna per frode fiscale.
Il fatto è stato pubblicato da Repubblica con il titolo “Cassazione annulla sentenza d’appello: citati precedenti giuridici inesistenti. Sospetti sull’IA”. Noi di Terzultima Fermata abbiamo reperito la sentenza della cassazione citata.
Nella motivazione si legge: «Tanto premesso, la Corte territoriale non si è posta in sintonia con gli orientamenti richiamati, facendo riferimenti a principi di legittimità non affermati o a sentenze di questa Corte inesatte nel numero riportato: è, infatti, errato sostenere che il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti si perfezioni al momento dell’inserimento della fattura nella contabilità aziendale ed è invece ambiguo ed incoerente affermare che il momento consumativo del reato coincida con l’annotazione in contabilità e la dichiarazione fiscale, trattandosi di due momenti cronologicamente distinti, rappresentando il primo (annotazione in contabilità) un fatto prodromico ed il secondo (presentazione della dichiarazione fiscale) il momento consumativo del reato, momento quest’ultimo nel quale deve peraltro sussistere l’elemento soggettivo del reato (Sez. 3, n. 37848 del 29/03/2017, Ferrario, Rv. 271044). Né risulta in linea con i principi affermati da questa Corte l’affermazione secondo cui l’annotazione tardiva o differita in esercizi successivi non esclude l’utilizzo fraudolento del documento, in quanto l’infrazione fiscale si protrae fino al completamento della frode, dovendo essere ribadito che, solo con la condotta di presentazione della dichiarazione, il reato può considerarsi perfezionato e che, a differenza di quanto, in precedenza, stabiliva l’art. 4 della I. n. 516 del 1982, le condotte pregresse ad essa restano, sul piano penale, irrilevanti e non possono nemmeno dare luogo ad una forma di tentativo punibile, mentre dovranno tenersi distinti i casi in cui vi è progressione nello stesso periodo d’imposta dall’utilizzazione alla dichiarazione, da qualificare ai sensi degli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 74 del 2000, dai casi in cui si ha una dichiarazione di elementi passivi fittizi senza contemporaneo utilizzo della falsa rappresentazione nelle scritture contabili e dei mezzi fraudolenti, avvenuto in anni precedenti, da qualificare ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 (Sez. 3, n. 52752 del 20/05/2014, Vidi, Rv. 262358).
In tale contesto, la motivazione della Corte di appello è, dunque, erronea e, comunque, carente perché, a fronte della specifica eccezione difensiva secondo cui la fattura n. 1 del 18/12/2014 non era stata annotata nell’anno di emissione, ma nell’anno successivo, non ha adeguatamente chiarito in quali dichiarazioni fiscali fosse poi confluito l’utilizzo di tale fattura e la coerenza della condotta accertata con la contestazione elevata nel capo di imputazione, dove la data di commissione del reato è riferita alla data di presentazione delle dichiarazioni fiscali comprendente le dichiarazioni presentate nel 2015 (con riferimento all’anno di imposta 2014), nel 2016 (con riferimento all’anno di imposta 2015) e nel 2017 (con riferimento all’anno di imposta 2016). Del resto, la mancata precisa differenziazione dei periodi di imposta, con riferimento al raccordo tra fatture utilizzate e dichiarazioni fiscali presentate, impedisce di percepire una chiara comprensione dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata distintamente in relazione ai periodi di imposta contestati».
Negli ambienti giudiziari torinesi, qualcuno ipotizza che dietro questo incidente possa esserci un uso improprio dell’intelligenza artificiale, forse impiegata per redigere o supportare parti della motivazione. Nessuna conferma ufficiale, ma il sospetto è che un software abbia “inventato” i precedenti per riempire vuoti argomentativi.


