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ESTERNO SEDE CORTE DEI CONTI LOMBARDIA
Da una parte il diritto e le procedure, dall'altra la ragion politica. Un conflitto, quello sul Ponte di Messina, decisamente già sperimentato in un paese come il nostro dove è un fatto incontrovertibile che abbondi la burocrazia. Al netto di questo, va però detto che la decisione della Sezione centrale di controllo della Corte dei conti di non concedere il visto di legittimità alla delibera del Cipess sul Ponte sullo Stretto non è una bocciatura dell’opera.
È un passaggio di natura tecnica e giuridica, previsto dall’ordinamento, che sospende la registrazione dell’atto per consentire ai magistrati contabili di verificare la piena regolarità del procedimento. Il controllo preventivo della Corte ha infatti lo scopo di segnalare eventuali criticità che potrebbero incidere sulla tenuta delle finanze pubbliche o sulla legittimità amministrativa dei provvedimenti del governo. Non un giudizio politico, dunque, ma un passaggio di garanzia.
Al centro della decisione – come emerge dai documenti e dalle prime ricostruzioni – ci sono questioni legate alla compatibilità del contratto di Webuild con le norme europee sugli appalti e alle coperture economiche del progetto, in particolare per il superamento del 50% dei costi rispetto alla gara originaria, che avrebbe imposto un nuovo bando. La Corte ha chiesto inoltre chiarimenti sulle stime del traffico, sulla conformità ambientale e sismica e sulla competenza del Cipess ad approvare il piano economico-finanziario. Rilievi che, se confermati nelle motivazioni attese entro trenta giorni, dovranno essere affrontati nelle controdeduzioni che il governo potrà presentare per superare le obiezioni.
A Palazzo Chigi, la premier Giorgia Meloni ha riunito d’urgenza i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, insieme ai sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Al termine, una nota ufficiale ha chiarito la linea dell’esecutivo: «Si è convenuto di attendere la pubblicazione delle motivazioni della delibera adottata dalla Corte dei conti. Solo dopo averne esaminato i contenuti, il governo provvederà a replicare puntualmente a ciascun rilievo, utilizzando tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento. Rimane fermo l’obiettivo di procedere con la realizzazione dell’opera». Tutto secondo la legge, dunque.
Se non fosse che la reazione politica è stata però durissima. Salvini ha parlato di «scelta assurda» e ha annunciato la volontà di «riapprovare il progetto in Consiglio dei ministri e, se necessario, in Parlamento», sottolineando che «in ballo ci sono miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro». Anche i presidenti di Sicilia e Calabria, Schifani e Occhiuto, hanno definito la decisione «ingiusta» e «dannosa per il Sud».
Dall’altra parte, l’opposizione ha esultato: Giuseppe Conte ha chiesto «la fine della guerra ai giudici e delle finzioni su un progetto ormai fallito». In questo scenario, la stessa Corte dei conti ha diffuso una nota in cui precisa che la valutazione ha riguardato «solo profili giuridici, senza alcun tipo di giudizio sull’opportunità o sul merito dell’opera». Un richiamo al rispetto istituzionale, condiviso da esponenti come Paolo Barelli di Forza Italia, che ha ricordato come «la Corte ha fatto il suo lavoro» e che «eventuali chiarimenti saranno forniti nei tempi e nei modi previsti» ma che poi è stato costretto dai suoi a fare dietro-front.
Il caso - è cosa nota - è esploso alla vigilia del voto finale sulla riforma della giustizia. Inoltre, in Parlamento è in esame la legge di revisione della Corte dei conti, già approvata alla Camera e ora al Senato. Una coincidenza che ha amplificato la tensione tra governo e magistratura, con l’Associazione nazionale magistrati che ha parlato di «delegittimazione dannosa» e di «insofferenza al controllo di legalità». La polemica, tuttavia, non cambia la sostanza: l’atto della Corte non blocca i lavori, ma sospende la registrazione in attesa di chiarimenti.
Da un punto di vista procedurale, l’esecutivo può ora presentare una nuova delibera in Consiglio dei ministri: la Corte potrà registrarla con riserva, consentendo comunque la prosecuzione dell’iter. Salvini stesso, al termine del vertice a Palazzo Chigi, ha annunciato che «se sarà necessario tornare in Cdm lo faremo, e i lavori partiranno a febbraio». In passato, analoghi contrasti tra Corte dei conti e governo si sono verificati in occasione di grandi opere o misure di spesa pubblica, senza che ciò comportasse l’arresto dei progetti. Resta dunque aperto il nodo del rapporto tra funzione di controllo e azione esecutiva, una tensione strutturale del sistema italiano che si ripresenta ogni volta che la magistratura contabile interviene su provvedimenti di forte impatto politico.
La vicenda del Ponte sullo Stretto, in questo senso, è un caso emblematico: dietro la tempesta di dichiarazioni e polemiche resta la distinzione fra ciò che è controllo tecnico e ciò che è conflitto politico. La Corte ha agito nei limiti della sua competenza. Il governo con una mano ha impugnato carta e penna per muoversi nel solco delle regole, con l'altra ha brandito l'ascia di guerra propria dell'agone politico.


