C’è un provvedimento, emesso il 15 settembre 2025 dal presidente del Tribunale di Pordenone, che sta scuotendo gli avvocati del foro. Un atto che pare stracciare quel velo di equità che dovrebbe avvolgere ogni processo, specie per chi ha poche risorse economiche.

Secondo i legali coinvolti, il dispositivo limita, se non addirittura nega, l’accesso agli atti processuali da parte del «soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o dal suo rappresentante». Sì, proprio chi è – dicono- «nel bisogno», chi non può sostenere le spese del processo, si troverebbe ora a fare i conti con un ostacolo nel proprio diritto più elementare: difendersi.

A riportare la notizia è il blog terzultimafermata. Il provvedimento, pubblicato sulla bacheca del Tribunale di Pordenone come “disposizioni sul rilascio di copie penali per gli ammessi a Pss” (Patrocinio a spese dello Stato), datato 15 settembre 2025 a firma del Presidente del Tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, modifica la modalità di accesso agli atti processuali per chi è ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Un documento che, pur richiamandosi a linee guida ministeriali e a norme già vigenti, ha sollevato più di una perplessità tra gli avvocati.

La decisione parte da una nota della Direzione generale degli Affari penali del ministero della Giustizia ( 23 maggio 2025, prot. 42245) e dall’articolo 107, comma 2, del d. P. R. 115/ 2002, secondo cui le copie sono gratuite quando sono «necessarie per l’esercizio della difesa». Il presidente del Tribunale di Pordenone con il provvedimento di metà settembre, ha ritenuto che «ogni qualvolta sono richieste copie del fascicolo da parte del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o del suo rappresentante, è necessario che l’interessato attesti, assumendosene la responsabilità, che l’atto richiesto è necessario per l’esercizio della difesa». E, ancora, che «il diritto al rilascio gratuito di copia degli atti non può estendersi oltre l’irrevocabilità della sentenza». Un provvedimento in cui è stata «valutata la necessità di razionalizzare la spesa relativa al rilascio di copie degli atti del fascicolo relativo a soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato».

Da qui la stretta che, nelle intenzioni, mira a razionalizzare la spesa pubblica per il rilascio delle copie processuali, con un provvedimento che affida alla cancelleria penale, alla cancelleria gip-gup e alla cancelleria penale del Giudice di Pace il compito di ricevere la specifica attestazione di richiesta rilascio delle copie gli uffici e valutare «che la richiesta di copia dell’istanza di ammissione al patrocinio spese dello Stato possa – si legge nel provvedimento- considerarsi “atto penale necessario ai fini di difesa”».

In tali casi, le cancellerie «esigeranno il pagamento dei diritti di copia». E, ancora, niente più richieste generiche di copia integrale del fascicolo: le domande «solitamente espresse – scrive il presidente Piccin - con la dicitura “tutto il fascicolo” non saranno evase, dovendo il richiedente indicare analiticamente gli atti ritenuti necessari ai fini di difesa». In sostanza, l’avvocato dovrebbe prima conoscere e studiare tutto il fascicolo per poi chiedere nello specifico la copia degli atti – nelle singole pagine - che sono strettamente di interesse difensivo. Ma ancora, «nel caso in cui – precisa Piccin - il procedimento risulti definito con attestazione di irrevocabilità della sentenza, il difensore specificherà le motivazioni della richiesta ex art. 107 d. P. R. n. 115/ 2002».

Il documento è stato già notificato alle cancellerie interessate e al consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pordenone, «con buona pace del diritto di accesso indiscriminato agli atti», commenta un avvocato. Quindi ogni richiesta di copia di atti penali da parte di chi usufruisce del patrocinio a spese dello Stato dovrà essere corredata da un’attestazione, con assunzione di responsabilità, che l’atto richiesto è strettamente necessario per l’esercizio della difesa. Solo in seguito, la cancelleria potrà valutare se accogliere o rigettare la richiesta. Essere parte nel processo o essere rappresentati dal proprio avvocato, dunque, pare non essere più sufficiente: occorre “convincere” (in via preventiva) la cancelleria che la copia è “utile”. Un tipo di filtro interno che, nella pratica, rischia di trasformare – questo il timore degli avvocati - una difesa già fragile in una difesa boccheggiante.

Molti degli avvocati di Pordenone temono che le nuove disposizioni rappresentino un vulnus ai principi costituzionali della parità delle parti, dell’obbligatorietà della difesa tecnica e della ragionevole durata del processo. «Un paradosso», dicono. In più, emerge l’impossibilità pratica che la cancelleria possa valutare con competenza, tempestività e senza pregiudizio ogni attestazione, pena ritardi e rifiuti formali.

Al centro del dibattito dei difensori resta la Costituzione, l’articolo 24, che garantisce il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento e con i principi di uguaglianza sanciti dall’articolo 3. «Con la scusa di razionalizzare le spese (quanto mai potranno incidere delle risme di carta) si emanano circolari tarate esclusivamente sulle discutibili esigenze di magistrati e cancellieri, nel frattempo la difesa penale fa i conti con l’ennesimo ostacolo ha commentato l’avvocato Riccardo Radi su terzultimafermata -. Senza considerare che oramai le copie vengono rilasciate in formato digitale e quindi appare ancora più ingiustificato l’atteggiamento ostruzionistico adottato».