ISTITUZIONI

COSTITUZIONALISTA, DOCEN TE

Il lockdown forzato del primo semestre di quest’anno ha avuto, nonostante tutto, almeno un elemento positivo, permettendo a Andrea Manzella di produrre una ulteriore monografia. L’ Elogio dell’Assemblea, tuttavia ( Modena, Stem Mucchi, 2020), a dispetto delle agili apparenze, e’ denso e possiede un respiro strategico. Nelle sue pagine viene rielaborata e ampliata la posizione su un argomento di cui è protagonista da circa 50 anni, con un deciso taglio di teoria generale, ma pervaso di grande concretezza ed attualità nelle proposte interpretative dei presenti assetti e delle innovazioni normative da introdurre.

Si tratta, in sostanza, di un’opera che ribadisce la centralità dell'Assemblea politica nella realtà post- partitica, accentuandone apparentemente le caratteristiche vetero- liberali in una prospettiva tuttavia pos- moderna ( per utilizzare il linguaggio di Paolo Grossi). E’ una riflessione che non può prescindere dalla visione teleologica e multilivello del cosiddetto parlamento euronazionale, ma anche dall’evidenziare il rischio che alcune assemblee contenute nel suddetto circuito possano uscire dal campo della politicità.

A IN MEZZO AL GUADO

COSTITUZIONALISTA, DOCENTE, SAGGISTA

arlamento in mezzo al guado? Cosa significa e perché?

P1- Il lockdown forzato del primo semestre di quest’anno ha avuto, nonostante tutto, almeno un elemento positivo, permettendo a Andrea Manzella di produrre una ulteriore monografia.

L’Elogio dell’Assemblea, tuttavia ( Modena, Stem Mucchi, 2020), a dispetto delle agili apparenze, e’ denso e possiede un respiro strategico. Nelle sue pagine viene rielaborata e ampliata la posizione dell’Autore su un argomento di cui è protagonista da circa 50 anni, con un deciso taglio di teoria generale, ma pervaso di grande concretezza ed attualità nelle proposte interpretative dei presenti assetti e delle innovazioni normative da introdurre.

Si tratta, in sostanza, di un’opera che ribadisce la centralità dell'Assemblea politica nella realtà post- partitica, accentuandone apparentemente le caratteristiche vetero- liberali in una prospettiva tuttavia pos- moderna ( per utilizzare il linguaggio di Paolo Grossi). E’ una riflessione che non può prescindere dalla visione teleologica e multilivello del cosiddetto parlamento euronazionale, ma anche dall’evidenziare il rischio che alcune assemblee contenute nel suddetto circuito possano uscire dal campo della politicità che normalmente caratterizza i Parlamenti nazionali per inserirsi nell’ambito della mera influenza.

2- La lettura di Manzella 2020 mi ha necessariamente ricordato il suo percorso all'interno della dinamica forma di governo e di regime italiana negli ultimi cinquanta anni, sin dai suoi articoli su Tempi moderni e su Studi parlamentari e di politica costituzionale o dalla monografia sui controlli parlamentari, anticipata in versione provvisoria e poi pubblicata per i tipi dell’Ateneo genovese proprio nel momento della approvazione dei regolamenti del 1971.

Chi segua la sua opera nel tempo può verificare l’andamento costante del suo pensiero sul ruolo del Parlamento nell’ambito sinusoidale della discussione italiana e straniera, nella consapevolezza che le funzioni delle Assemblee elettive siano mutate sulla base dei cambiamenti di contesto.

Egli è consapevole che il Parlamento è in mezzo al guado, tra la sponda del passato, in cui risulta logoro e contestato; e quello del futuro, in cui può costituire il punto di sedimentazione del costituzionalismo della contemporaneità. In questa descrizione l’Autore articola in modo opportuno il gramsciano pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà, analizzando la realtà ma non facendosi scoraggiare dai dati negativi.

Manzella possiede senza dubbio principi e valori solidi, ma è anche molto attento alle modifiche di contesto che gli permettono necessari adeguamenti di prospettiva. Anche questa volta trovo conferma che dietro l’analisi dell’Autore non v’è soltanto una costante attenzione per la cronaca costituzionale e politica, ma anche una profonda e solida prospettiva di teoria generale, che costituisce la bussola interpretativa dei temi studiati.

In questo caso l’impostazione di diritto pubblico generale ( per utilizzare schemi di Vittorio Emanuele Orlando, fondatore della Scuola positiva del diritto pubblico) è rafforzata dalla consapevolezza che l’assemblea parlamentare rappresenti non solo il porticato di collegamento tra società e istituzioni, ma che, alle sue spalle, l’assemblea in termini di teoria generale sia il luogo necessario di riunione dei consociati, un collegio – aggiungo - presente in tutti gli ambiti non solo di tipo pubblicistico, ma anche privatistico.

L'attività umana è, infatti, caratterizzata dall'assunzione di decisioni fra due o più alternative e la assunzione di decisioni può essere considerata come il prodotto di un processo cognitivo e della selezione di alternative. La scelta finale ( azione o opinione) è il prodotto del processo in questione.

In questo quadro, dove le decisioni possono essere di vario tipo( individuali o collettive per quanto riguarda i soggetti che le assumono ; rilevanti o meno per l'ordinamento giuridico statale; e con caratteristiche di proceduralizzazione differenziate) sono determinanti le decisioni proceduralizzate ( individuali e collettive) in cui interviene la regolazione giuridica autonoma del gruppo o quella eteronoma ( ovvero condizionata da forze esterne), risalente all'entità che possiede il monopolio tendenziale della forza legittima.

La conseguenza comune ad entrambi i tipi di decisione proceduralizzate consiste nel fatto che la decisione ( individuale o collettiva) viene imputata all’individuo che la esprime o all'ente di appartenenza con effetti giuridici precisi. In un simile contesto le decisioni si dividono quindi in decisioni individuali; e collettive. Queste ultime risultano nella maggior parte dei casi selezionate attraverso la procedura di votazione in collegi di natura e dimensioni differenti, che provvedono all'individuazione dei soggetti legittimati a partecipare in modo attivo alle decisioni degli stessi.

3- Nell’ambito di un simile schema si muove anche Manzella che tuttavia opera esclusivamente nell’ambito della politicità rappresentativa. Egli opera, infatti, in quella parte del circuito democratico che per ragioni qualitative e quantitative si fonda sulla necessaria rappresentanza e nell’ambito del campo politico, ovverossia nell’area dove vengono prese decisioni collegate all’uso tendenziale della forza legittima.

Nello stesso circuito democratico Manzella effettua, in modo sintomatico, la scelta di trascurare sia la democrazia diretta, sia l’iniziativa legislativa popolare, anche se poi non la esclude nella parte finale del suo lavoro.

Il livello di assembramento in cui si muove Manzella è – dunque- quello della politicità istituzionale che interessa il costituzionalista, ovvero quello del Parlamento, su cui si v. la sent. 192/ 2002 della Corte cost. e sul quale egli costruisce in maniera opportuna la unità dello stesso anche nella duplicità bicamerale.

La crisi del sistema dei partiti lo fa apparentemente rifluire nella teoria del classico parlamentarismo liberale- oligarchico precedente allo Stato di massa, con tutte le conseguenze che ne derivano, ma in un simile elogio non si trova isolato come dimostra il recente volume di Selinger ( W. Selinger, ParliaCostituzione e legge elettorale, mentarism, Oxford, U. P., 2019, pp. 194 ss.).

L’analisi del Parlamento, operata da Manzella, sulla base della indispensabile rappresentatività- da un lato- e rappresentanza - dall'altronell'ambito della centralità del collegamento assembleare tra società civile e politica e istituzioni ricorda il dibattito ottocentesco ( arcinoto e fondamentale) che contrappose circa centociquanta anni fa John Stuart Mill e Walter Bagehot sulla funzione delle elezioni nello Stato di massa.

Di qui una prospettiva, collegata con la giurisprudenza costituzionale delle Corti europee ( su cui si v. adesso anche il volume di G. Delledonne, Napoli, ES, 2019), sulla impossibilità di fabbricare maggioranze o di razionalizzare meccanicisticamente le stesse oltre un determinato livello. Si tratta di una indicazione che emerge anche dalla sentenza del 239 del 2018 della nostra Corte costituzionale ( ma anche di quella della Cechia) sulla soglia di sbarramento a livello europeo.

La sentenza citata sviluppa la giurisprudenza del Tribunale costituzionale federale tedesco, che tuttavia nell’ultimo decennio si è mosso sul piano di negare il riconoscimento di un ruolo di politicità proprio al Parlamento di Strasburgo ed ha evidenziato in questo modo le contraddizioni della costruzione euronazionale. Il piatto forte del volume è apparentemente quello di suggerire la strada per pervenire ad un unicameralismo mascherato, utilizzando anche i regolamenti parlamentari. Si tratta di una impostazione che Manzella aveva già prospettato subito dopo il fallimento della riforma Renzi( 2016) in un volume della Fondazione Astrid, Due Camere e un Parlamento: per far funzionare il bicameralismo, curato con Franco Bassanini per Passigli nel 2017. Ma in questo volumetto la prospettiva dell’Autore si conferma plurifattoriale.

La centralità del Parlamento, che non è certo di tipo ideologico - viene utilizzata come nel 1976 quale leva per pervenire al superamento della crisi attuale che ha visto - dopo il bipartitismo imperfetto ( 1948- 1993) - il bipolarismo imperfetto( 1994- 2011), la fase dell’ibernazione del circuito parlamentare( 2012- 2014) e poi quelle del bipersonalismo imperfetto( 2014- 2018) e del populismo di Governo.

Attraverso l’opportuna articolazione della funzione di indirizzo politico ( di sistema e di maggioranza) Manzella valorizza non soltanto la funzione di controllo parlamentare all’origine dei suoi studi, ma anche quella di coordinamento tra piani di potere a livello sovranazionale e subnazionale, che si sono evidenziate con la riforma del titolo V del 2001 e con il Trattato di Lisbona del 2008.

Di fronte alla crisi italiana Manzella ci invita, dunque, a rileggere con occhi nuovi le passate cesure, rifiutando un compromesso sul Parlamento come istituzione considerata obsoleta, ma tuttavia subita per evitare il peggio ( p. 64). Egli prospetta un progetto non di revisione costituzionale ma di tipo regolamentare che dovrebbe investire la struttura e il mandato del parlamentare. In questa dimensione il Parlamento dovrebbe divenire soggetto federatore, capace di esprimere un’azione di egemonia. Manzella sa bene, però, che le istituzioni aiutano, ma i soggetti egemonici possono allocarsi in esse solo se riescono ad essere protagonisti, radicandosi e orientando il sociale.

E qui sarebbe necessario aiutare l’istituzione parlamentare attraverso una legge elettorale adeguata, ma su questo non mi soffermo.

4- La riproposta ricetta dell’unità nazionale si concretizzerebbe, dunque, in una conventio ad excludendum nei confronti delle forze antieuropeiste e in un cambiamento strutturale più profondo per quanto riguarda le Commissioni parlamentari ( p. 65). Le Commissioni parlamentari dovrebbero, invece, superare i confinamenti settoriali e – soprattutto- quelli economici, operando per la ricostruzione nell’alveo della programmazione. Le forme di lavoro delle assemblee dovrebbero essere ibride, mentre i parlamentari dovrebbero, anche attraverso gli strumenti digitali, divenire sempre più collegati al territorio. La rivoluzione digitale si dovrebbe, dunque, porre al servizio del parlamentare e dell’informazione sul e del Parlamento ( tema già affrontato magistralmente da Enzo Cheli al Convegno radicale su Il Parlamento nella Costituzione e nella realtà , Milano, Giuffrè, 1979. - p. 267- 270), ma non certo al servizio della strategia del referendum e dell’iniziativa legislativa popolare.

In conclusione. Il già ricordato pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà mi inducono richiamare l’esigenza di rivitalizzare il circuito partitico con l’opportuna selezione dei candidati( come proponeva Mortati nel 1945 nella Commissione per la legge elettorale politica e poi nella Commissione Forti), e di ampliare gli strumenti di democrazia diretta in un tentativo multifattoriale di rivitalizzazione della rappresentanza.

C’è il rischio altrimenti del riproporsi- sotto forme ovviamente mutate- dell’incubo di Weimar, in una situazione in cui la sindemia virale si sovrappone in maniera devastante alla preesistente e persistente emergenza partitico- parlamentare.

L’unità nazionale è, infatti, una forma debole di stato d’eccezione e non può durare troppo al lungo.

il “porticato” istituzionale

NEL PENSIERO DELL’AUTORE L’ASSEMBLEA PARLAMENTARE RAPPRESENTA NON SOLO IL PORTICATO DI COLLEGAMENTO TRA SOCIETÀ E ISTITUZIONI.

LE CAMERE RAPPRESENTANO IL LUOGO NECESSARIO DI RIUNIONE DEI CONSOCIATI.

UN COLLEGIO PRESENTE IN TUTTI GLI AMBITI NON SOLO DI TIPO PUBBLICISTICO, MA ANCHE PRIVATISTICO

pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà

IL PESSIMISMO DELL’INTELLIGENZA E L’OTTIMISMO DELLA VOLONTÀ MI INDUCONO RICHIAMARE L’ESIGENZA DI RIVITALIZZARE IL CIRCUITO PARTITICO CON L’OPPORTUNA SELEZIONE DEI CANDIDATI( COME PROPONEVA MORTATI NEL 1945 NELLA COMMISSIONE PER LA LEGGE ELETTORALE ), E DI AMPLIARE GLI STRUMENTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA IN UN TENTATIVO MULTIFATTORIALE DI RIVITALIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA