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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PALAZZACCIO
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’assoluzione di Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, della moglie Anna Maria e del figlio Marco, accusati dell’omicidio volontario di Serena Mollicone, la studentessa trovata morta nel giugno 2001 nel bosco di Fontecupa, in provincia di Frosinone.
I giudici della Prima sezione penale, presieduti da Monica Boni, hanno disposto un nuovo processo d’Appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma, criticando duramente la sentenza di secondo grado. Nelle motivazioni, si sottolinea che la Corte d’Appello ha ritenuto gli indizi insufficienti senza indicare una ricostruzione alternativa più plausibile, limitandosi a evidenziare delle criticità senza valutarle in modo organico.
Secondo la Suprema Corte, «numerosi elementi indiziari fondamentali per l’accusa non sono stati sostenuti da un compendio probatorio sufficiente» e, anzi, «alcune prove emerse dibattimento si pongono in contrasto con la ricostruzione della pubblica accusa». Tuttavia, i giudici di secondo grado non avrebbero chiarito se esistesse una versione alternativa dei fatti, lasciando «passaggi motivazionali contraddittori al punto da risultare incomprensibili».
In particolare, la Cassazione evidenzia l’omessa valutazione della testimonianza di un parrucchiere, Iommi, che ha raccontato di aver tagliato i capelli a Marco Mottola subito dopo il ritrovamento del corpo, eliminando delle meches su richiesta dei genitori. Una testimonianza assunta in appello, ma che, secondo i giudici, non è stata adeguatamente considerata, nonostante l’approfondita analisi da parte del procuratore generale.
Nelle 34 pagine di motivazioni, la Suprema Corte sottolinea l’obbligo del giudice di ricomporre eventuali incertezze in un quadro coerente prima di giungere all’assoluzione: «Il dubbio giustifica l’assoluzione solo se, dopo ogni verifica, resta aperta la possibilità di una spiegazione alternativa dei fatti».