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Lee Elder Finnegan e Gabriel Natale Hjorth
«Senza divisa, senza pistola e non hanno mostrato i tesserini: da qui deve ripartire un processo che deve escludere le circostanze aggravanti»: questa la sintesi delle arringhe difensive tenute ieri dagli avvocati Roberto Capra e Renato Borzone, in difesa di Finnegan Lee Elder, condannato per l’omicidio dei vice brigadiere Mario Cerciello Rega. A Roma si sta celebrando il processo di appello bis dopo che il 15 marzo dello scorso anno la Cassazione ha annullato con rinvio la prima sentenza di appello che aveva condannato rispettivamente a 24 e 22 anni Elder e Hjorth. Ormai i due giovani sono in custodia cautelare da quattro anni e 11 mesi, ossia da quel maledetto 26 luglio 2019, quando a pochi passi dalla Cassazione ebbero una colluttazione con i due militari, Andrea Varriale e Rega, deceduto dopo aver ricevuto diverse coltellate da Lee Elder.
La posizione di Elder si gioca tutta sulle circostanze aggravanti: aver ucciso un pubblico ufficiale e aver commesso il reato di omicidio per ottenere l’impunità da una tentata estorsione. Se cadessero entrambe, la difesa potrebbe accedere al rito abbreviato e ottenere uno sconto di pena. Sul primo punto Capra è stato chiaro ed ha elencato una serie di circostanze per cui il suo assistito non poteva sapere di trovarsi dinanzi ad un carabiniere. Innanzitutto quando parla con l’ex fidanzata americana, dopo che lo scambio di droga è finito male a Trastevere, racconta «una storia avventurosa, parla di un gruppo di neri che gli prendono i soldi e non capisce affatto che c’erano dei carabinieri» ; dopo l’omicidio ha una conversazione telefonica con la madre a cui dice: «Mi stanno dicendo che ho ucciso un poliziotto ma io non so nulla».
Il legale poi aggiunge: «la sentenza di appello sostiene che siccome Varriale ha detto ad Elder la parola “carabinieri” allora anche Cerciello avrebbe fatto la stessa cosa. Ma non c’è alcuna prova che questo sia avvenuto, come afferma anche la Cassazione. Non c’è alcuna prova che un ragazzo di 19 anni di San Francisco abbia avuto la possibilità di conoscere il significato della parola “carabinieri”. E poi davanti a due in borghese che agiscono all’improvviso cosa avrebbe potuto mai capire? Elder voleva solo salvaguardare se stesso contro chi stava attentando alla sua incolumità». Capra è poi passato alle considerazioni sulla pena: «Sceglierne una corretta è difficilissimo» e rivolto soprattutto ai giudici popolari ha affermato che «voi non vedete la sofferenza, i pianti di questo ragazzo che dopo un anno e qualche mese si è pentito del gesto commesso, pur consapevole che sia forse impossibile ricevere il perdono dalla famiglia di Cerciello Rega. Ma non sottovalutate questo aspetto, come, invece, hanno fatto le precedenti sentenze».
«Non dimenticate – ha proseguito - il cappello costituzionale: non basta punire, la pena deve avere anche un fine rieducativo, deve recuperare il detenuto. I due imputati, al momento dei fatti, avevano poco più di 18 anni. Cosa dice la legge? Fino ai 14 anni non si è imputabili, dai 14 a 18 sì ma con una valutazione caso per caso, tra i 18 e i 21 sì ma si possono applicare alcuni istituti di favore perché il legislatore è consapevole che in questa fascia, che è quella che ci interessa, il processo di maturazione potrebbe non essere compiuto. E Lee Elder, come hanno stabilito anche gli psichiatri, ha avuto un percorso di vita complicato, soffre di condizioni psichiatriche rilevanti».
Anche Leah Elder, madre di Finnegan Elder a margine dell’udienza odierna ha voluto rilasciare una breve dichiarazione: «Questo processo è collegato purtroppo alla tragedia della morte di una persona, un fatto gravissimo che ha segnato e segnerà per sempre la vita di tutte le famiglie coinvolte. Mio figlio, fin dal primo momento, ha dichiarato che non aveva capito che erano carabinieri e di aver reagito ad un tentativo di bloccaggio. Ma non riusciva a darsi pace perché nessuno gli credeva. Far emergere la verità dei fatti aiuterebbe Finnegan ad assumersi la completa consapevolezza del dolore che ha causato con la sua tragica reazione. Mi auguro che, pur pagando per l’errore commesso, si apra per lui anche una speranza di vita per il futuro». Prossima udienza 26 giugno, quando parlerà la difesa di Natale Hjorth. Il pg Giangiacomo ha dichiarato di voler replicare. La sentenza forse a luglio.