Nessuna nuova sanzione disciplinare per i magistrati, almeno per il momento. Ieri il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge sulle “Misure urgenti in materia di giustizia” ma senza la nuova previsione in materia di illeciti disciplinari per le toghe, che era stata inserita in una bozza circolata nei giorni precedenti. Il nuovo testo si compone di dieci articoli che vanno dalle elezioni dei Consigli giudiziari all’edilizia penitenziaria, passando per le procedure di controllo sui braccialetti elettronici. L’articolo 4, che nella prima stesura conteneva l’inedita fattispecie disciplinare, ora reca “Disposizioni in materia di corsi di formazione per incarichi direttivi e semidirettivi”.

La riunione di governo, dunque, durata appena quindici minuti, sembra aver suggellato il lavoro delle diplomazie di Esecutivo e magistratura, che nelle ultime ore hanno cercato di raggiungere una tregua. Via Arenula e Palazzo Chigi da una parte e Anm dall’altra si sono confrontati su una norma che sarebbe stata percepita dalle toghe come troppo punitiva, lesiva della loro libertà d’espressione, sancita dall’articolo 21 della Carta e dai limiti già previsti da Consulta, Cassazione e codice etico dell’Associazione magistrati. La modifica, che si innestava nel decreto legislativo 109 del 2006, avrebbe dovuto sancire una “punizione” in presenza di una «consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi in cui è espressamente previsto dalla legge l'obbligo di astenersi o quando sussistono gravi ragioni di convenienza».

La misura era stata caldeggiata anche dal Viminale, con l’idea di limitare le esternazioni di alcuni magistrati soprattutto in materia di immigrazione. Ma per adesso è congelata. Era stata già rinviata una volta: il Dl Giustizia, che la conteneva, era stato difatti inserito nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dello scorso 25 novembre, poi saltato del tutto per tensioni tra la Lega e Forza Italia. Ieri il decreto è stato approvato, ma privo di diversi elementi: non solo dell’ipotizzata sanzione disciplinare ma anche delle previsioni in materia di cybersicurezza. Due temi non facili da trattare, e per i quali gli uffici legislativi di competenza hanno chiesto più tempo in vista di «maggiori approfondimenti».

Da quanto si apprende, la norma sul disciplinare dei magistrati dovrebbe arrivare nella prossima riunione a Palazzo Chigi. E già si lavora perché non implichi un divieto assoluto di parola per i magistrati. Lo aveva chiesto il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: «La norma andrebbe scritta meglio per evitare che vada a regolare casi estranei al fuoco della previsione e che sia letta in maniera allargata». La questione è molto tecnica e interessa due versanti. Primo: nella bozza iniziale, il preambolo del Dl Giustizia riportava il riferimento all’abrogazione dell’abuso d’ufficio, che ha comportato il venir meno dell’obbligo di astensione, per i magistrati a fronte di eventuali conflitti d’interesse; tale riferimento però mancava nella formulazione, all’articolo 4, del nuovo illecito disciplinare.

La norma, una volta riscritta, dovrebbe dunque contenere l’esplicito richiamo ai conflitti d’interessi e al venir meno del reato di abuso d’ufficio. Dovrebbe essere riformulata, ed è il secondo punto, anche l’espressione “gravi ragioni di convenienza”, in modo da scongiurare il rischio di un’applicazione troppo estensiva della norma. Dopo l’intervento di Santalucia, il guardasigilli Carlo Nordio aveva lanciato un segnale di distensione: «Il magistrato ha il diritto e il dovere di dare un parere tecnico sulle leggi, ma non deve entrare nel merito politico» delle norme. L’apertura si è trasformata in un rinvio del via libera governativo al nuovo illecito.

Lo stralcio della norma dal decreto di ieri sembrerebbe dimostrare che il dialogo a distanza tra il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, Nordio e Santalucia ha funzionato. Entrambe le parti, Esecutivo e Anm, sembrano consapevoli che non tutto può diventare terreno di scontro all’ultimo sangue, come sarà invece per la separazione delle carriere. Sul disciplinare dei magistrati, il pit- stop consentirà l’approfondimento chiesto ieri da via Arenula e, appunto, da Mantovano.

D’altronde anche al Quirinale non erano sfuggite le incognite che si sarebbero aperte qualora la norma fosse stata mantenuta nella sua versione originaria. Ciononostante, dal Colle non è stata rivolta alcuna esortazione affinché si scegliesse una strada piuttosto che un’altra. Tra le disposizioni approvate ieri in Cdm vi sono quelle che rafforzano l’uso dei braccialetti elettronici come strumento di controllo delle misure cautelari. Come ha spiegato Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, «da un lato sono esplicitate le procedure di accertamento che la polizia giudiziaria deve compiere per verificare il corretto funzionamento dello strumento». Dall’altro, «sono state inasprite le conseguenze in caso di comportamenti che artatamente determinino un malfunzionamento del braccialetto».