«Ci saranno. Le riforme ci saranno, e vi posso assicurare che sono già in fase di elaborazione, anche se sarei irrispettoso nell’anticiparvene i contenuti». Carlo Nordio lo dice in videocollegamento, ma la sua non è una voce che arriva sfumata da un sottofondo di convenienza. Si collega all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Unione camere penali, in corso a Ferrara, dal suo studio di via Arenula. Assicura e conferma che tra gli interventi in programma ci sono «la separazione delle carriere» e «il ritorno alla prescrizione sostanziale». E annuncia la convocazione a breve del «tavolo» che si era impegnato ad allestire già nel primo incontro con l’Ucpi di Gian Domenico Caiazza: un «tavolo tecnico con avvocati e magistrati per l’analisi della riforma Cartabia e dei suoi decreti attuativi». Quel ridisegno della giustizia penale, ricorda l’attuale guardasigilli, «va nella giusta direzione ma sconta una serie di limiti, legati alla fragilità e all’eterogeneità della maggioranza da cui è stato partorito».

Se si considera che l’Ucpi per il proprio evento celebrativo in Romagna ha scelto come titolo “Idee per una stagione di riforme liberali della Giustizia Penale”, si può dire che il primo ad aderire al programma è il ministro. E fra le sue considerazioni più incisive c’è il passaggio con cui nobilita la separazione delle carriere dei magistrati come epilogo necessario per «la vera unità della giurisdizione». Ricorda

che, da magistrato, di fronte alle obiezioni degli ex colleghi sul divorzio fra giudici e pm, ribatteva così a chi richiamava la «comune cultura della giurisdizione di requirenti e giudicanti» come valore che la separazione avrebbe compromesso: la giurisdizione, rovesciava il concetto Nordio, «va intesa o come jus dicere, e dunque attività che compete essenzialmente al giudice, oppure come dialettica, in cui però non possono esserci solo il magistrato giudicante e il pm: l’unità della giurisdizione si realizza in una triade di cui fa parte anche l’avvocato. È una dialettica tra parti». È il modo più sofisticato, intelligente, colto e profondo per legare la riforma costituzionale sulle carriere alla dignità stessa della professione forense, al ruolo del penalista nel processo. Ed è una risposta brillante, definitiva, a chi quella riforma contrasta.

È il prologo di una due giorni che si chiuderà oggi con l’intervento del presidente Caiazza e che ieri si è subito annunciata viva, ricca, anche di prospettive: concetto, quest’ultimo, evocato più volte nell’altro videocollegamento, quello in cui ha rivolto i propri saluti la presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi: «Adesso siamo di fronte alla fase attuativa di riforme che come avvocatura abbiamo criticato e critichiamo con approccio costruttivo: e», appunto, «la prospettiva è verificare la capacità di sostenere l’impatto della riforma penale con l’organizzazione, con le strutture. Si deve partire dagli aspetti sicuramente positivi, innanzitutto dalla coerenza con la presunzione di non colpevolezza, e con la tenuta delle garanzie difensive». Il vertice della massima istituzione forense si sofferma a propria volta sulla necessità di restituire il primato alla «competenza», ma anche alla «sensibilità comune» degli operatori di giustizia, dunque avvocati e magistrati insieme. Ritiene che sia effettivamente l’ora di una «task force» che si confronti sulle riforme. Anche per discutere di «spazio e qualità della pena, materia sulla quale la riflessione non è più rinviabile» . Non che Nordio non la pensi come Masi, ma certo i passaggi del

suo intervento, ricco e come sempre vivissimo nonostante la forma del video a distanza, sono più generici proprio sull’esecuzione penale. Che, si limita di fatto a dire il guardasigilli, deve essere non solo «certa e definita con rapidità: la pena deve essere innanzitutto equilibrata». Ma di Nordio va anche riconosciuta la decisione del suo impegno su riforme certamente destinate a incontrare ostacoli come la separazione delle carriere. Di sicuro, osserva, «il programma della maggioranza e del governo sarà attuato in tempi compatibili con il contenuto dei diversi interventi: se si può in poco tempo modificare una norma del codice penale, diverso è il discorso per le riforme costituzionali», ed è ancora un chiaro riferimento alle carriere dei magistrati. In ogni caso, è la rassicurazione forse più convincente che il ministro offre alla platea dell’Unione Camere penali, «il programma sulla giustizia coincide in gran parte con le vostre proposte».

Certo, il discorso sull’unità della giurisdizione scandisce come una costante l’intera prima “giornata inaugurale” dei penalisti. Anche l’atteso, primo discorso a un evento dell’avvocatura pronunciato da Fabio Pinelli, nuovo vicepresidente del Csm, parte proprio dalla «toga che è simbolo immortificabile di civiltà», ma che è anche «l’uniforme comune a tutti i giuristi del processo». Tanto da rappresentare «il ruolo paritario di dignità di tutti i suoi protagonisti tecnici». Riconoscimento che sintetizza rispetto ma anche appartenenza, considerato che Pinelli è a propria volta avvocato. Nella parte che il vertice di Palazzo dei Marescialli riserva all’analisi, ne emerge però soprattutto il profilo accademico. Non solo quando si sofferma sul valore della «reputazione», diventata centrale «nelle dinamiche comunicative del processo», seppur non indicata come «bene primario nel nostro ordinamento». Pinelli rivela il proprio tratto più riflessivo soprattutto quando avverte che «la rincorsa di riforme su riforme rischia di generare una complessità ingestibile per i tecnici, e capace di creare sfiducia fra i cittadini». Ecco perché, dice, serve «una

pausa di applicazione», sulla riforma Cartabia, prima di pensare a come rivederla: «Ne va prima testato l’impatto operativo».

La due giorni dei penalisti ha un programma ricchissimo: oggi, con Caiazza, vedrà sul palco, tra le altre, figure del calibro di Margherita Cassano, Giorgio Lattanzi e Francesco Paolo Sisto. Già ieri, con Masi, Nordio e Pinelli, si è assistito anche a un intenso confronto sulla pena fra Vittorio Manes, Gian Luigi Gatta e Carlo Renoldi.

Merito della Camera penale di Ferrara presieduta da Pasquale Longobucco che, come ha ricordato il vertice del Coa romagnolo, Eugenio Gallerani, «è riuscita in un’impresa notevolissima nonostante non si tratti di una delle più numerose». Ma gli avvocati sanno essere al centro del dibattito ben al di là della forza dei numeri.