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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Prima la stasi, poi un incedere persino “frenetico”. Nel giro di quarantott’ore la giustizia cambia volto. O almeno cambia lo stereotipo in cui Carlo Nordio rischiava di restare imprigionato: da guardasigilli assorbito dalle emergenze – il Pnrr, Cospito, il conseguente caso Donzelli – e inerte sul programma garantista annunciato in Parlamento, a ministro capace di un vigoroso colpo d’acceleratore. Al punto da incrociarsi con l’attività legislativa appena avviata in Parlamento.
È una nota diffusa nel primo pomeriggio di ieri dall’Unione Camere penali a disegnare l’orizzonte di via Arenula: nell’incontro «lungo e cordiale» con Gian Domenico Caiazza, Nordio «ha voluto informare il presidente dei penalisti italiani che il governo ha definitivamente approvato il cronoprogramma delle più urgenti riforme della giustizia penale».
Con l’ok della premier Giorgia Meloni dunque, nel giro di un paio di mesi arriverà una raffica di riforme da introdurre «attraverso uno o più disegni di legge governativi», riferisce il comunicato Ucpi: nell’ordine si metterà mano alla prescrizione, col ripristino del suo regime sostanziale, e ad abuso d’ufficio, traffico d’influenze, inappellabilità delle assoluzioni, norme sulle misure cautelari «con particolare riferimento alla collegialità delle decisioni» (come chiesto, fra gli altri, dal vicesegretario di Azione Enrico Costa). E ancora: revisione delle intercettazioni, «anche al fine di evitarne l’indebita pubblicazione», e persino della giustizia minorile, materia sulla quale ora Nordio conta su un consigliere di rango come l’ex procuratore presso il Tribunale dei minori di Firenze Antonio Sangermano.
Un colpo di reni tanto energico quanto improvviso, insomma. Al punto da sovrapporsi in parte ai lavori parlamentari avviati proprio in queste ore su alcune riforme garantiste. Innanzitutto sulla prescrizione: ieri il presidente della commissione Giustizia della Camera Ciro Maschio, figura di spicco di FdI, ha tracciato l’iter per il ritorno alla prescrizione sostanziale. Si parte dal ripristino della «normalità» rispetto «agli ultimi due interventi, di Bonafede e Cartabia». Con il recupero, dunque, della riforma Orlando, che sarà integrata da «alcuni aggiustamenti». Maschio sarà il primo firmatario della proposta di legge sulla prescrizione targata Fratelli d’Italia, testo condiviso innanzitutto con la capigruppo dei meloniani in commissione Giustizia Carolina Varchi e – come proprio Varchi ha spiegato ieri sul Dubbio – di fatto ascrivibile all’intero partito della premier.
Ecco, ma anche sulla prescrizione Nordio presenterà un proprio schema, una proposta che andrà incrociata col lavoro che la commissione Giustizia della Camera avvierà in ogni caso a partire dal mese di maggio. Non è finita qui: come detto, il ministro indicherà un proprio modello di riforma anche sull’abuso d’ufficio, questione su cui pure è al lavoro, da ieri, la commissione presieduta da Maschio. Sul tavolo di Montecitorio ci sono tre diverse proposte di Forza Italia (una contempla l’abrogazione totale del reato) e una di Costa (che prevede la derubricazione da fattispecie penalmente perseguibile a illecito amministrativo, ipotesi che pure affrancherebbe i sindaci dalla mannaia della legge Severino).
E poi come detto c’è il resto: norme più rigorose su carcere preventivo e diffusione delle intercettazioni, oltre al divieto d’appello per i pm. Un’attuazione del programma garantista di Nordio che sorprende persino per la debordante ampiezza, che in ogni caso è integralmente condivisa con il partito di Giorgia Meloni e che, insomma, disarma le accuse di scarsa concretezza sulla giustizia.
Tutto bene? Quasi. Di sicuro gli avvocati non possono che raccogliere con soddisfazione le novità annunciate da Nordio. «Il presidente Caiazza», si legge nella nota Ucpi, «ha espresso vivo apprezzamento per la concreta e fattiva attenzione che il ministro ha voluto mostrare nei confronti delle istanze dell’avvocatura, ribadendo la piena disponibilità delle Camere penali italiane al confronto e alla ricerca di soluzioni concrete, ragionevoli e condivise». Il riferimento di Caiazza è sia al lancio di riforme sollecitate proprio dalla professione forense e dai penalisti – innanzitutto il ripristino della prescrizione – sia al tavolo convocato sempre ieri dal guardasigilli per il 4 aprile per valutare, insieme con l’Anm, il Cnf e appunto l’Ucpi, i possibili correttivi alla riforma Cartabia.
Si tratta del confronto chiesto dalle Camere penali già a dicembre con l’obiettivo di rimediare ad alcune norme sulle impugnazioni (innanzitutto all’obbligo di conferire al difensore un mandato ex novo per il ricorso in appello e alla cosiddetta udienza predibattimetale). Ma qui emerge anche un attrito con l’Anm. Addirittura un caso politico-diplomatico. Perché è vero che al tavolo del 4 aprile Nordio ha invitato anche il “sindacato” dei giudici. Ma è vero pure che una commissione ministeriale più tecnica era stata già nominata dal guardasigilli addirittura la scorsa settimana, prima che l’Ucpi annunciasse i tre giorni di astensione per il 19, 20 e 21 aprile prossimi.
Si tratta di un gruppo di saggi di cui faranno parte lo stesso Caiazza e altri rappresentanti dell’Ucpi, al fianco di diversi magistrati, ma che vede esclusa l’Anm. E la convocazione del tavolo più “politico” per il 4 aprile non è bastata a evitare che il “sindacato” presieduto da Giuseppe Santalucia diffondesse ieri pomeriggio un duro comunicato in cui esprime sorpresa per «la vistosa assenza» di propri rappresentanti dalla commissione “tecnica”.
«Siamo di fronte», contesta l’Anm, «a una manifestazione di unilateralità della visione ministeriale, che svilisce il contributo di idee e di proposte con cui sempre l’Associazione nazionale magistrati ha saputo arricchire il dibattito pubblico sui temi della giustizia, e del processo penale in particolare». Sembrerebbe una contestazione dovuta solo all’incidente diplomatico. E lo stesso Nordio tende a respingere, nella propria replica, qualsiasi dietrologia: segnala che nella commissione “tecnica” sono «inseriti imprescindibilmente diversi magistrati», ricorda l’incontro «concordato con il presidente Santalucia» del 4 aprile e si dice certo che «l’apporto sinergico delle diverse componenti del sistema giustizia condurrà alla individuazione di soluzioni efficaci, nel doveroso rispetto del pluralismo culturale». Eppure già si scorgono tutti i possibili rischi di un’azione riformatrice destinata a non entusiasmare i magistrati: basti pensare al divieto d’appello per i pm. Tutto questo senza che Nordio abbia indicato dove intende collocare, nel cronoprogramma, la separazione delle carriere. Una cosa è certa: pensare che si possa attuare un piano come quello del guardasigilli senza entrare in conflitto con l’Anm sarebbe una pia illusione.