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«Se noi dovessimo solo dare l'impressione di cedere a una qualsiasi forma di pressione esterna, le fondamenta dello Stato di diritto e della nostra stessa democrazia scricchiolerebbero». Il caso Cospito agita il Parlamento. E il ministro della Giustizia Carlo Nordio, chiamato a spiegare alle Camere la situazione sul dibattito innescato attorno all’anarchico al 41 bis da oltre 100 giorni in sciopero della fame, decide di imboccare la via della diplomazia e di non approfondire la vicenda, schermandosi dietro l’attesa del parere del procuratore generale della Corte d’Appello di Torino, che approderà sulla scrivania del Guardasigilli soltanto domani. In mano al ministro c’è già quello della Direzione nazionale antimafia, guidata da Giovanni Melillo.
Ma per «deferenza» nei confronti del procuratore generale tutto viene rinviato di 24 ore. Nella sua informativa, Nordio ripercorre le tappe di una vicenda «estremamente complessa», un dibattito inasprito a seguito dell’intervento del vicepresidente del Copasir, il meloniano Giovanni Donzelli, che ha riferito alcune frasi di un dialogo tra Cospito e alcuni boss al 41 bis per puntare il dito contro il Pd, reo di aver fatto visita in carcere all’anarchico. Informazioni riservate, che tali sarebbero dovute rimanere, ma così non è stato. Nordio, sul punto, è costretto a glissare: pur avendo chiesto al capo di gabinetto di ricostruire l’accaduto, l’apertura di un fascicolo da parte della procura di Roma - dopo la denuncia del leader dei Verdi Angelo Bonelli - per i reati di rivelazione e utilizzazione del segreto di ufficio, ha reso impossibile dire di più sull’accaduto, «per il doveroso rispetto del lavoro degli inquirenti». Parole che hanno fatto rumoreggiare e non poco l’Aula, scatenando l’ira della deputat dem Debora Serracchiani. «Quello che è accaduto è di una gravità inaudita - ha tuonato -. Da questi comportamenti viene messa in pericolo la sicurezza nazionale. Basterebbe questo ad allontanare dai ruoli che ricoprono sia Delmastro e Donzelli», ha aggiunto.
L’intera informativa è dunque incentrata sul caso del detenuto al 41 bis, in attesa, da un lato, della pronuncia della Cassazione e della Corte costituzionale e dall’altro di una risposta di via Arenula sull’istanza presentata dal suo legale, Flavio Rossi Albertini. Il decreto che ha disposto il carcere duro per Cospito, ha ribadito il ministro, è stato firmato dall’ex ministra Cartabia a seguito della richiesta della Dda di Torino e della Dna, che avevano segnalato «emergenze istruttorie dalle quali risulta che il detenuto ha fornito una positiva dimostrazione di essere perfettamente in grado di collegarsi con l'esterno, anche in costanza di detenzione, inviando documenti di esortazione alla prosecuzione della lotta armata di matrice anarchica-insurrezionalista». In attesa delle mosse della magistratura, rimane in ballo l’aspetto politico. E qui, ha sottolineato Nordio, la situazione «è più complessa, perché questa normativa è stata più volte mutata per quanto riguarda la competenza del ministero della Giustizia e l’opinione prevalente di oggi è che il ministro non possa pronunciarsi se prima non ha acquisito i pareri delle autorità giudiziarie competenti».
Una convinzione in qualche modo smentita dal presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e dal magistrato antimafia Sebastiano Ardita, che in un confronto in diretta su Rai News hanno sostenuto il potere di revoca in capo al ministro. Anche perché la soppressione, operata dall'allora Guardasigilli Alfano, dell'esplicito richiamo, nella norma, a tale facoltà avvenne solo in quanto ultronea rispetto all'ovvio potere di revoca che un'autorità pubblica può sempre esercitare rispetto ai propri atti. Ma un altro capitolo è quello sanitario, date le condizioni di salute ormai critiche di Cospito. E solo tre giorni fa, nonostante gli appelli del medico del detenuto, il ministero ha deciso di trasferire l’anarchico nel centro sanitario del carcere di Milano Opera, più attrezzato per far fronte a situazioni di criticità. Il tutto mantenendo il regime del carcere duro. «Noi avevamo avuto un’indicazione dell’Asl di Sassari che definiva tutto sommato la situazione sanitaria accettabile, discreta - ha spiegato Nordio -. Ma essendo venuto meno un parametro elettrolitico, per tutela massima del detenuto abbiamo ritenuto di inviarlo, nello stesso giorno, nella migliore struttura carcerosanitaria italiana».
Non si tratta di un trattamento di favore, ha tenuto a precisare il ministro, secondo cui «non esiste un 41 bis di Serie A o di Serie B». Per poi aggiungere: «Si può discutere a lungo se il 41 bis sia una norma da rivedere o da mantenere, si può discutere se possa o debba essere applicata ad autori di un certo tipo di reato o di un altro. Ma una cosa è certa: una volta che è stata stabilita una regola, una volta che è stata approvata una legge, questa legge è uguale per tutti», ha precisato. Così come identica è l’attenzione per la salute di ogni detenuto. Da qui la risposta a chi, nei giorni scorsi, ha avvisato il governo del rischio di trasformare Cospito in un martire: «Lo stato di salute di un detenuto non può costituire elemento di pressione nei confronti dello Stato per modificarne lo status di detenzione - ha sottolineato -. Se noi accedessimo al principio che una deperimento dell’individuo sottoposto al 41 bis dovuto al destino o dovuto alla volontà di chi lo provoca, fosse seguito da un automatico o, comunque, anche da un riflettuto mutamento di questo stato di detenzione, apriremmo la porta a tutta una serie di pressioni nei confronti dello Stato da parte di altri detenuti che si trovano nella stessa condizione».
Dunque nessun cedimento, anche di fronte alla possibile morte di Cospito e di chi, come lui, è pronto ad abbracciare la stessa forma di protesta. E nessun passo indietro rispetto al 41 bis, in questo momento «un elemento normativo non trattabile», ha concluso Nordio. «La possibilità di mutare in questo momento questa normativa è inesistente». Ancor di più «se noi dovessimo collegare questo eventuale mutamento alla situazione di disordini che si sono creati in questi giorni nei confronti dello Stato. Solo immaginare che possa cedere al ricatto sarebbe un'offesa allo Stato di diritto, e anche alla sua sopravvivenza».