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CARLO NORDIO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Il caso Palamara torna al centro del dibattito politico e giudiziario, a distanza di anni dall’esplosione dello scandalo che ha coinvolto il Consiglio superiore della magistratura e parte della magistratura associata. A riaccendere la discussione è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo al convegno di Magistratura Indipendente a Milano Marittima, dove ha messo in discussione l’idea che la vicenda si possa considerare chiusa.
«Ma crediamo veramente che il caso Palamara si debba ridurre alle dimissioni più o meno forzate di quattro colleghi, che sono stati dimessi dal Csm, e a quello di Palamara, che addirittura è stato radiato», ha detto Nordio dal palco del convegno, «o non vogliamo pensare che dietro ci fosse molto ma molto di più che è stato insabbiato? Noi possiamo anche credere all’asinello che vola, ma non possiamo credere che lo scandalo Palamara si sia limitato a quei quattro poveretti che si sono dimessi».
Parole che hanno provocato la reazione immediata di Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg, la corrente progressista della magistratura: «Leggo che Nordio si è lamentato che per il caso Palamara hanno pagato solo quattro poveretti ed il resto è stato insabbiato. Ancora una volta, lancia il sasso e nasconde la mano. Faccia nomi e indichi i casi insabbiati e, visto che è lui il titolare dell’azione disciplinare, assuma le iniziative del caso».
Zaccaro ha anche commentato le dichiarazioni del Guardasigilli sulla riforma costituzionale in discussione: «Leggo che promette di mitigare il sorteggio, dopo che la riforma sarà approvata. Ma a noi non piace la riforma nel suo complesso e - conclude - non ci vendiamo per un piatto di lenticchie».
La proposta di riforma, che prevede il sorteggio per la scelta di parte dei componenti togati del Csm, è al centro delle preoccupazioni espresse anche da Loredana Miccichè, presidente di Magistratura indipendente, promotrice del convegno. «Se la proposta di riforma costituzionale del governo è emendabile solo in fase di legge attuativa e non sul testo attualmente in Parlamento, allora è difficile pensare a un dialogo costruttivo con la controparte politica», ha affermato. E ha aggiunto: «Il Csm, così come organizzato attualmente, è il baluardo a difesa dell’autonomia della magistratura rispetto alla politica, in base al principio della separazione dei poteri, e non è vero che dopo il “caso Palamara” la magistratura non abbia saputo riformarsi: sfido oggi a trovare un’istituzione della Repubblica che produce delibere così dettagliatamente motivate come quelle redatte dal Consiglio superiore della magistratura. Per questo ci opponiamo al sorteggio dei rappresentanti dei giudici ordinari, per non consegnare l’autogoverno alla politica, con grave rischio del principio d’indipendenza». Un punto di vista condiviso anche da altri intervenuti al convegno, che vedono nel sorteggio una delegittimazione del sistema elettivo del Csm e una possibile apertura all’influenza esterna, in contrasto con la separazione dei poteri.
Sulla questione è intervenuto anche Enrico Costa, vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera e promotore di un’inchiesta parlamentare sui fatti del caso Palamara: «Oggi il ministro Nordio ha dichiarato che sul caso Palamara molto è stato insabbiato e che hanno pagato solo quattro poveretti. Ho presentato la proposta di una inchiesta parlamentare che faccia chiarezza su questo e altro. Peccato da mesi attenda invano che sia inserita all’odg della Camera. Non sarebbe male passare dalle parole (troppe) ai fatti».
Il dibattito prosegue, con toni accesi e visioni inconciliabili: da un lato chi denuncia una riforma che rischia di politicizzare la magistratura, dall’altro chi sottolinea l’urgenza di rinnovare un sistema ritenuto opaco, proprio a partire dallo scandalo che ha travolto Palamara e il Csm. Ma al momento, come in passato, le parole sembrano precedere i fatti.