«Le anime belle della magistratura». Per questa irriverente espressione mutuata dal romantico Wolfgang Goethe Carlo Nordio nel 1997 viene deferito ai probiviri dall’Associazione nazionale magistrati. A dirla tutta Nordio citò anche il Mercante di Venezia, attaccando quei Pm che «vogliono ancora la loro quotidiana libbra di carne da gettare al popolo».

Parole che l’Anm, non gradì affatto considerandole addirittura «denigratorie e lesive per l’intera categoria, che superano i limiti della libertà di espressione». Così scattò la convocazione dell’allora procuratore di Venezia che, va da sé, ignorò del tutto quella che ancora oggi definisce «una grossolana forma di intimidazione di stampo stalinista». E non a torto.

La faccenda si risolse con un netto passo indietro dell’Anm per bocca del segretario generale Wladimiro De Nunzio e soprattutto della presidente Elena Paciotti che criticò «l’eccesso di zelo dei probiviri». Perché Nordio, seppur in punta di citazioni letterarie, aveva il dente così avvelenato con parte della magistratura in termini peraltro molto simili a quelli dello scontro attualmente in corso tra Via Arenula e le procure?

La lettura “politica” è quanto di più fuorviante possa essere tirato in ballo, perché se è vero che più volte la destra (Forza Italia e Lega) lo ha difeso dagli attacchi dei colleghi e dei partiti di sinistra, lui si definisce da sempre un«liberale», un magistrato indipendente al quadrato, che detesta le conventicole e la squallida roulette delle correnti che ammorba la nostra giustizia. Anche i suoi più feroci detrattori gli riconoscono questa istintiva diffidenza nei confronti delle confraternite di togati.

Per farci un’idea più concreta di questo duello che va ormai avanti da un quarto di secolo dobbiamo tornare indietro ancora di tre anni, al 1994 e allo scontro che la toga veneziana ebbe con la procura di Milano, in particolare con il celebre pool di Mani Pulite, una vicenda che ha a che fare con Bettino Craxi, all’epoca in esilio a Hammamet.

Il nome di Nordio spunta fuori nell’intercettazione tra l’ex segretario del Psi e un certo “Salvatore” che gli avrebbe suggerito di incontrare il pm lagunare (che all’epoca indagava sulle presunte tangenti del Pci-Pds) con cui aveva preso contatti. Chi era dunque il fantomatico interlocutore di Craxi su cui la stampa, tutta schierata con gli “eroi” di Tangentopoli ricamò articoli complottisti dai risvolti fantasy?

Quasi sempre come spiegava Guglielmo da Occam ottocento anni fa, la soluzione più semplice è anche la più giusta. Si trattava infatti dell’avvocato di Craxi, Salvatore Lo Giudice con cui Nordio aveva avuto dei colloqui privati in merito all’opportunità di ascoltare il suo assistito come testimone nell’ambito dell’inchiesta sulle Coop rosse.

Il problema è che quell’intercettazione, che non aveva alcun valore processuale, venne divulgata ai media che linciarono Nordio, dipingendolo come un fiancheggiatore del latitante Bettino Craxi, intenzionato ad aiutare il sodale perseguitando i vertici del Pds (Achille Occhetto e Massimo D’Alema) per alleggerire la posizione del leader socialista. La storia ci dice che le cose non stavano affatto così e che fu lo stesso Nordio ad archiviare l’inchiesta ritenendo «inaccettabile l’assioma che chi stava al vertice non potesse non sapere».

Il problema è che i responsabili della pubblicazione dell’intercettazione, ovvero i colleghi della procura di Milano Francesco Saverio Borrelli e Paolo Ielo erano perfettamente a conoscenza dell’identità di Salvatore come spiegò lo stesso Nordio: «In una conversazione telefonica ho detto al collega Ielo che tale Salvatore era molto probabilmente proprio il difensore di Craxi, l' avvocato Salvatore Lo Giudice, con il quale pochi giorni prima avevo avuto, su sua richiesta, un colloquio riservato ed urgente in merito all' invito a comparire e alla opportunità di sentire quanto prima l' indagato. Ho anche aggiunto che nell' ambito di quel colloquio erano state fatte delle considerazioni che avrei preferito chiarire a voce proprio con i colleghi di Milano». Un’intercettazione illegittima, che. oltre a gettare fango sull’interessato violava il diritto di riservatezza tra un avvocato e il suo cliente. Nordio era invec convinto che Ielo sapesse perfettamente chi fosse Lo Giudice, nonostante il pm milanese sostenesse il contrario, spiegando di aver utilizzato l’intercettazione per “tutelare” lo stesso Nordio, mentre il suo capo Borrelli si giustificò spiegando che la divulgazione di colloquio tra Lo Giudice e Craxi non era da addebitare al suo ufficio. Chi fornì allora le trascrizioni ai giornali? Non si è mai saputo..

Lo scontro finì poi davanti al Csm che come spesso accade archiviò il tutto senza però chiarire la vicenda e senza riuscire a mettere pace tra le due procure.

Intercettazioni, processi mediatici, spirito corporativo e di casta, a un quarto di secolo di distanza siamo ancora al punto di partenza e i titoli dei media di oggi potrebbero tranquillamente sovrapporsi a quelli di 25 anni fa. Perché, al di là delle circostanze specifiche, dei colpi bassi, delle piccole bugie, è dai tempi di Mani Pulite che nel nostro paese è in corso uno scontro culturale profondo tra garantisti e giustizialisti, tra chi a costo di essere impopolare protegge i diritti della difesa e chi vuole offrire al popolo la famosa «libbra di carne».