La ricusazione non è prevista in presenza di “gravi ragioni di convenienza”, riservando al giudice la valutazione di queste ragioni come cause di astensione, purché non contrastino con i principi costituzionali fondamentali. Le norme sulla ricusazione sono considerate eccezionali e richiedono una interpretazione stretta.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 42545/2023 in cui ha affrontato il tema dell’imparzialità del giudice, messa in discussione dalla presunta esistenza di una grave inimicizia tra il difensore dell’imputata e il giudice.

I fatti

Il caso coinvolge una donna riconosciuta colpevole di aver investito un pedone in un’intersezione stradale, causandogli lesioni. Nel mezzo di questo verdetto, è stata sollevata un’eccezione dalla difesa riguardante l’incompatibilità del giudice di primo grado basata sulla precedente decisione del giudice in una sfera civile, dove aveva accolto l’opposizione della persona danneggiata contro una sanzione amministrativa della Polizia municipale, collegata allo stesso incidente.

La difesa ha avanzato un ricorso sostenendo che questa presunta incompatibilità violasse le leggi procedurali. Si è concentrata sull’importanza del giusto processo, sottolineando la necessità di imparzialità e neutralità da parte del giudice. Ha poi evidenziato la presunta compromissione dell’imparzialità dell’intero processo, evidenziando l’assenza di astensione da parte del primo giudice. Questo aspetto è stato portato al Consiglio Superiore della Magistratura come prova di presunta inimicizia tra il difensore e il giudice di primo grado, richiedendo l’annullamento della sentenza.

La sentenza

La Sezione incaricata del ricorso ha respinto la richiesta, dichiarandola inammissibile. Ha sottolineato che la ricusazione non è prevista in presenza di “gravi ragioni di convenienza”, lasciando al giudice la valutazione di queste ragioni come cause di astensione, purché non contrastino con i principi costituzionali fondamentali (articoli 3, 24 e 111 della Costituzione).

Questa distinzione tra ricusazione e astensione mira a proteggere il principio del giudice naturale, riservando la ricusazione ai casi di oggettivo deficit di imparzialità, mentre i casi di soggettivo deficit di imparzialità sono considerati “gravi ragioni di convenienza”, valutabili solo dal giudice stesso se idonei a influenzare la sua imparzialità. Si tratta di una precauzione che riconosce la complessità nel prevedere ogni possibile ragione che potrebbe portare un giudice a astenersi. Allo stesso tempo, si intende evitare ingiustizie procedurali.

Inoltre la Cassazione sottolinea il carattere di eccezionalità delle norme sulla ricusazione e, in quanto tali, devono essere interpretate in modo stretto, poiché impongono limiti al potere giurisdizionale e alla capacità del giudice, evitando interferenze indebite delle parti nell’ordinamento giudiziario.

Riguardo invece alla presunta inimicizia prevista come causa di astensione, si riferisce alle relazioni tra giudice e parti private ed è basata su rapporti personali esterni al processo e su circostanze oggettive. Questa esclusione è considerata conforme ai principi del giusto processo, poiché un rapporto di ostilità tra giudice e parte potrebbe compromettere seriamente la serenità del giudizio, mentre un rapporto simile con il difensore sarebbe meno preoccupante per possibili interferenze dannose.

Infine la sentenza ribadisce che la mancata astensione del giudice per “gravi ragioni di convenienza”, non considerata motivo di ricusazione, non influisce sulla capacità del giudice ma può essere rilevante solo sul piano disciplinare.