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GIOVANNI TOTI POLITICO
Giovanni Toti rimane agli arresti domiciliari e la Regione Liguria senza presidente. Non si è dimesso, non si è lasciato umiliare e ha risposto a tutte le 180 domande dei magistrati. Non è stato sufficiente. La gip Paola Faggioni ritiene che il governatore possa ancora inquinare le prove, ma soprattutto ripetere all’infinito il reato, secondo lo schema “di sistema” con cui avrebbe barattato favori e denaro. Peccato però che dopo quattro anni di indagini, partite da La Spezia nel 2019, di soldi non ne siano stati trovati, se non sotto la forma di versamenti ufficiali e tracciati in occasione di quattro tornate elettorali. Sono i 74.000 euro che secondo l’accusa, e anche secondo la giudice che pare totalmente allineata, sarebbero il prezzo di una serie di “favori” riservati ad alcuni imprenditori, in particolare Aldo Spinelli e un dirigente di Esselunga, Francesco Moncada. Il primo in particolare per la proroga trentennale della concessione del Terminal Rinfuse, il secondo per il sostegno al progetto di aprire nuove sedi di Esselunga in Liguria, dopo che le amministrazioni di sinistra avevano sempre privilegiato le Coop, senza che nessun magistrato avesse la curiosità di capirne la ragione.
Ma, scrive la giudice Faggioni nell’ordinanza, tutto ciò si potrebbe ripetere, qualora Giovanni Toti fosse rimesso in libertà. Perché questi comportamenti fanno parte di un “sistema”. Come se fossero connaturati alla stessa personalità del governatore, come se avesse una sorta di coazione a ripetere l’inevitabile. In realtà, gli episodi sono sempre gli stessi e non raggiungono il numero delle dita di una mano. Sarà questo uno degli argomenti che userà l’avvocato Stefano Savi, che ha già annunciato il ricorso al tribunale del Riesame: «Perché ci sono alcune cose che non sono state prese in considerazione, alcune contraddizioni e un’impostazione di fondo della concezione di pericolosità che porterebbe a ritenere che fintanto che uno fa politica è pericoloso». Il legale ha colto il punto politico di questa inchiesta. Pare che i magistrati non riescano a concepire il fatto che Toti non si sia ancora dimesso dalla carica di presidente e anche che nessuno della sua maggioranza glielo abbia chiesto. Le indagini sembrano rispecchiare in pieno quella ricerca del “tipo d’autore” che nei commenti giurisprudenziali viene attribuita a chi prima individua la persona sospetta e poi cerca i reati da attribuirle.
Un dato di fatto è che in questi giorni le indagini abbiano subito forti accelerazioni. Molte persone sono state audite dai pubblici ministeri e i nomi di molti dirigenti e funzionari della Regione sono già in agenda. Tutte persone, dice la giudice Faggioni, che potrebbero essere influenzate dal Governatore, qualora lui fosse libero. Ed è questo il secondo motivo, il rischio di inquinamento delle prove, che, insieme al rischio di reiterazione del reato, ha indotto al rifiuto di revocare gli arresti domiciliari. L’ordinanza è ricca di giudizi sulla personalità dell’indagato. Si parla di espressioni “allusive” che sarebbero state utilizzate ripetutamente e che vengono riportate in alcune intercettazioni, anche recenti. C’è un termine che colpisce molto gli inquirenti, ed è il termine “resto”. Se in una telefonata si dice, poi del “resto” parliamo a voce, la parola viene interpretata come “mazzetta”. Se per gli incontri con le altre persone indagate, primo fra tutti l’imprenditore Aldo Spinelli, si scelgono luoghi privati come la barca o l’appartamento, il fatto è sospetto. Ma ancora di più sono certi locali pubblici, come il bar “Le Cicale-Bistrot”, nella zona signorile di Albaro, dove il fatto che sia situato in una piazzetta rumorosa viene interpretato come una scelta per non farsi controllare o magari intercettare. Tutti comportamenti che Toti potrebbe ripetere all’infinito, pensa la giudice, fino a che rimane in politica. La guardia di finanza, addirittura in una nota di tre giorni fa, ha riferito di una cena a pagamento che era stata organizzata il 14 aprile al ristorante genovese “Lo Zerbino”, in vista di un eventuale (e improbabile) terzo mandato elettorale del presidente nel 2025. In questo modo si sta già spostando l’attenzione dalle elezioni europee, che nell’ordinanza di custodia cautelare parevano essere la scadenza elettorale che rendeva indispensabile la custodia cautelare, alla prossima tornata dell’autunno 2025. Come a dire: hai peccato una volta, peccherai sempre. Ecco perché devi stare rinchiuso. E non saranno sufficienti le semplici dimissioni dalla carica di presidente per poter riavere la libertà. Vedremo se anche i giudici del Riesame saranno allineati.