PIERO FASSINO

Presidente Fassino, l’invasione russa in Ucraina non si ferma e la resistenza di Kiev continua. Cosa occorre fare per porre freno alle atrocità?

La situazione continua a essere drammatica ed esposta a rischi ancor più catastrofici. Fino a questo momento tutti i tentativi per ottenere una tregua e avviare un percorso di negoziati tra russi e ucraini non hanno sortito esito, basti pensare all’incontro di ieri mattina tra il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e il suo omologo ucraino, Dimitri Kuleba, che non è andato al di là della rappresentazione delle relative posizioni. Di conseguenza, bisogna ora moltiplicare tutti gli sforzi per cercare di cogliere ogni minimo spazio che possa consentire di riavviare un percorso di negoziato tra le parti. C’è una dichiarazione importante di Zelensky di disponibilità a trattare, anche mettendo sul tavolo il tema della neutralità dell’Ucraina. È una finestra di opportunità che occorre utilizzare.

Lavrov ha detto che Putin è disposto a incontrare Zelensky. Crede che un faccia a faccia tra i due possa sbloccare la situazione?

Quella di Lavrov è un’affermazione impegnativa, che va verificata per capire se effettivamente esiste la possibilità di quell’incontro. Zelensky più volte ha dichiarato di essere pronto a incontrare Putin, mentre il presidente russo finora si è sottratto. Se ora cambia idea occorre lavorare alacremente perché si realizzi tale opportunità.

Pensa che già nei prossimi giorni potrebbe sbloccarsi lo stallo su questo fronte?

Di certo bisogna fare in fretta, perché il tempo non lavora per la pace, ma per la guerra. È in corso un tentativo di evacuazione della popolazione civile attraverso i corridoi umanitari. Ma terminata questa fase il rischio è che la guerra riprenda in maniera più devastante di prima. Con tutte le conseguenze che possiamo immaginare. Basti pensare alle immagini drammatiche del bombardamento all’ospedale pediatrico di Mariupol. Per questo è urgentissima una iniziativa internazionale per ottenere una tregua e aprire la strada al negoziato.

In Bielorussia si sono svolti fin qui tre round di trattative, tutti andati pressoché a vuoto. La diplomazia può ancora riuscire a fermare Putin?

Tutta la comunità internazionale chiede di riprendere il negoziato. È una richiesta pressante fatta a Putin ancor prima che la guerra iniziasse, da Macron, da Scholz, da Draghi, dall’Ue, dall’Onu, dalla Santa Sede. Negli ultimi giorni poi si sono aggiunti Canada, Israele, Turchia e tanti altri. Insomma, c’è una corale richiesta al presidente russo di fermare le sue truppe e riprendere il negoziato. Tanto più dopo le aperture di Zelensky.

Basterà questo a far cambiare i piani di Mosca?

Putin deve fare i conti con il fatto che la previsione di una rapida capitolazione ucraina è stata smentita dai fatti. La coraggiosa resistenza ucraina ha bloccato l’offensiva militare russa, che sconta un carico di perdite umane pesanti. Putin pensava che si sarebbero prodotte divaricazioni tra Usa e Europa e tra paesi europei. Tutto ciò non è avvenuto. Aveva anche scommesso su un consenso plebiscitario nel paese, ma vediamo che nonostante le migliaia di arresti le manifestazioni contro la guerra non si interrompono. Anche perché le sanzioni economiche stanno cominciando a produrre effetti: è il prezzo che Putin fa pagare al suo popolo.

Nel dibattito italiano, e in particolare modo della sinistra, sono presenti posizioni del tipo «né con Putin né con la Nato», fino a dare la colpa all’Ucraina come nel caso di Luciano Canfora. Che ne pensa?

Penso che non si possa essere equidistanti tra aggressore e aggredito. E qui l’aggressore è la Russia e va fermata sostenendo in ogni modo la resistenza ucraina, perché i cittadini ucraini non vogliono essere sudditi della Russia. Detto ciò, credo che posizioni che lei ha citato siano molto minoritarie e riflettano una visione datata. In concreto, quali minacce sono venute alla Russia dall’Europa? Nessuna. L’Europa non ha mai minacciato la Russia in questi 30 anni, anzi abbiamo stabilito rapporti di collaborazione via via più intensi, tanto che oggi l’Europa è il primo partner commerciale della Russia.

Né hanno minacciato la Russia gli Stati Uniti le cui preoccupazioni sono rivolte all’espansionismo cinese. Né alcuna minaccia alla Russia è venuta dalla Nato. La verità è che Mosca evoca questo tema, ma non lo dimostra con fatti concreti.

A ciò gli scettici contrappongono il tema della prevenzione.

Quand’anche la Russia avesse qualche timore per la sua sicurezza, la risposta non può essere l’invasione di un paese vicino, ma la ricerca di una sede internazionale di confronto e di negoziato, come si fece a Helsinki nel 1975 per definire insieme le regole di un patto per la sicurezza. Questo avrebbe avuto senso, ma Putin invece ha scelto la strada dell’invasione con l’idea di ritornare alla dottrina Breznev delle sovranità limitate in base alla quale i paesi confinanti con la Russia devono vedere limitata la propria sovranità in nome dell’interesse russo. Ma questo non è accettabile. L’invasione di un paese vicino è un atto di guerra del tutto insensato. Inoltre, se la Russia vince questa guerra, occupando l’Ucraina o insidiando un governo amico, deve sapere che avrà l’opinione pubblica ucraina sempre ostile. Altro che paura dei missili Nato. Si porterebbe il nemico in casa.

In Parlamento si lavora per accogliere un discorso video di Zelensky in Aula. È favorevole?

Zelensky è stato ospite del Parlamento europeo e della Camera dei Comuni, e sarà ospite dell’assemblea del Consiglio d’Europa. Sta al Presidente Fico e ai Presidenti dei Gruppi formulare l’invito. Sarebbe una logica conseguenza della solidarietà unanime al popolo ucraino espressa dall’intera Camera dei Deputati che ha approvato la Risoluzione da me presentata con 516 voti favorevoli su 516 votanti.

Crede nell’opportunità delle dimissioni di Vito Petrocelli, suo omologo in commissione Esteri al Senato e contrario all’invio di armi a Kiev?

Il senatore Petrocelli ha diritto di manifestare le proprie opinioni, tanto più che la Costituzione esclude che i parlamentari siano legati a un vincolo di mandato. Non credo quindi che ci sia nessuna ragione per prendere provvedimenti di natura disciplinare. Se mai è il senatore Petrocelli che deve chiedersi se i suoi orientamenti siano coerenti con quelli della maggioranza che lo esprime come presidente.

Manderemo altre armi all’Ucraina?

Il decreto autorizza il governo a fornire quello che è necessario nel tempo. Quindi sul piano dell’aiuto militare è sufficiente il decreto già approvato. È probabile invece che ci sarà un altro decreto per gestire la emergenza umanitaria, che evolve e pone nuove esigenze mano a mano che la crisi si aggrava.