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ROSANNA NATOLI CSM
Il giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura deciderà se sospendere o meno la laica Rosanna Natoli è arrivato. E anche se non ci sarà una discussione pubblica, in ragione del voto segreto, a parlare saranno le carte. Con la relazione del vicepresidente Fabio Pinelli, concordata con il Colle, che sin da subito ha optato per le dimissioni, e una memoria di Natoli, che nel momento in cui scriviamo sarebbe intenzionata a non partecipare al plenum. Ma ciò che è pronta a dire, si vocifera tra le stanze di Palazzo Bachelet, «sarà devastante».
Il caso riguarda l’incontro di Natoli con Maria Fascetto Sivillo, giudice sotto procedimento disciplinare alla quale Natoli - componente del collegio che doveva giudicarla - ha dato “consigli”, svelando, secondo la procura di Roma, il segreto della Camera di consiglio. I pm capitolini le contestano anche l’abuso d’ufficio, commesso a Roma, reato ora abolito ma che ha consentito alla procura di incardinare il caso a Palazzo Clodio. E ora che il reato non c’è più il fascicolo dovrebbe transitare direttamente a Catania.
Natoli, nei giorni scorsi, ha depositato un’istanza di annullamento delle delibere del 17 luglio, giorno dopo lo scandalo quando, a suo dire, fu costretta a non presentarsi in plenum, di fatto sancendo la vittoria di Francesco Curcio a scapito di Francesco Puleio, al quale sarebbe andato il voto della laica vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa.
Una pressione indebita, dunque, secondo l’avvocata di Paternò, che ha puntato il dito contro le toghe di centrosinistra e lo stesso Pinelli, complice, ha affermato, di tale «violenza psicologica». Ciò sarebbe vero fino ad un certo punto: se Natoli fosse rimasta in plenum, infatti, il togato Andrea Mirenda avrebbe abbandonato l’aula, di fatto assicurando a Curcio il risultato. La tensione è dunque alle stelle e anche per questo la presenza di Natoli è da escludere. La discussione sarà pubblica e non ci sarà, come anticipato dal Dubbio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nelle ore che precedono il plenum, dunque, a tenere banco è la conta dei voti a disposizione di Natoli. Le toghe - comprese quelle di MI - sembrano compatte nel volere la sospensione della consigliera.
Eccetto una, l’indipendente Andrea Mirenda, che pur avendo denunciato sin dal primo momento la gravità della vicenda - tanto da ritenere doverose le dimissioni di Natoli, a prescindere dall’eventuale commissione di reati - ritiene insostenibile, sul piano giuridico, la sospensione. «Sono contrario in diritto alla sospensione, pur ritenendo doverose le dimissioni della collega, data la gravità assoluta della sua condotta - sottolinea -. È intollerabile che un giudice avvicini la parte privatamente, contro ogni logica di terzietà e imparzialità. Ma ritengo che il novellato 335 bis cpp impedisca al Csm di avviare il procedimento di sospensione: siamo, difatti, in presenza di una mera iscrizione che preclude ex lege effetti negativi sul piano amministrativo e civile. Non rilevano, quindi, i fatti “a monte” dell’iscrizione, quali che essi siano. Essi, inoltre, non possono qui valere neppure ad un disciplinare perché si ha riguardo a membro non togato».
Qualora arrivasse una sospensione, dunque, la stessa verrebbe spazzata via dal Tar, secondo Mirenda. E la sospensione pare scontata: oltre ai 19 voti togati, dovrebbero esserci anche quelli della prima presidente della Cassazione Margherita Cassano e del procuratore generale Luigi Salvato, ai quali si aggiungerebbero quelli dei laici Ernesto Carbone (Iv) e Roberto Romboli (Pd). I laici di centrodestra sarebbero tentati dall’astensione, così come Pinelli, per motivi di opportunità. Ma in questo modo l’opzione sospensione dovrebbe raggiungere quota 23, raggiungendo, dunque, i ? richiesti dal regolamento del Csm. L’eventuale sospensione, però, genererebbe una contraddizione di non poco conto. Non trattandosi di un magistrato, dunque non perseguibile dal punto di vista disciplinare, la sospensione certificherebbe la veridicità delle affermazioni di Natoli.
Con uno schiaffo terribile, dunque, alla sezione disciplinare, che stando al suo racconto avrebbe mutato orientamento su Fascetto Sivillo per via del comportamento “burrascoso” tenuto durante l’udienza disciplinare. Non trattandosi di un magistrato, infatti, non rileva il fatto di aver incontrato una parte privata, ma la rivelazione del segreto. Che tale è solo se le sue affermazioni risultano vere. Essendo venuto meno l’abuso d’ufficio, infatti, è questo l’unico appiglio per “giudicare” Natoli.