PHOTO
L’avvocato si sfila dalla maggioranza: «Non firmeremo più cambiali in bianco al governo»
«Domani ( oggi, ndr) con le medesime lineari, coerenti motivazioni della Camera, non parteciperemo al voto». È tarda sera quando Giuseppe Conte pronuncia queste parole davanti all’assemblea congiunta di deputati e senatori. Dopo una giornata di tira e molla, riunioni fiume, telefonate e cambi repentini di linea, il Movimento 5 Stelle sceglie così di sfidare Mario Dragi e gli alleati e si lancia in mezzo al mare delle incognite politiche. Le rassicurazioni del premier, la «disponibilità» all’ascolto mostrata dall’ex Bce, non è bastata a superare le diffidenze grilline. È il momento delle «complete misure» e delle «azioni», scandisce l’avvocato davanti agli eletti che lo ascoltano per capire cosa sarà del loro futuro. Il governo non ha fatto abbastanza per l’emergenza sociale che a settembre rischia di surriscaldare «la temperatura nelle piazze», dice Conte, convinto che il suo partito avesse il dovere di non «tacere» davanti alle inefficienze dell’esecuivo ma, al contrario, di «denunciarle». Ed è proprio merito dei cinquestelle, scandisce l’ex premier, se al tavolo con i sindacati il presidente del Consiglio ha affrontato le priorità contenute nel documento consegnato dai pentastellati a Palazzo Chigi: «Precariato, salario minimo, sostegni alle famiglie e alle imprese». Ma gli aiuti fin qui stanziati non bastano, insiste Conte, che dice di aver chiesto un «cambio di passo» a Draghi senza successo. Per questo, da oggi il Movimento sarà disponibile al dialogo e a dare contributo ma non è più «disponibile a concedere una cambiale in bianco». Segue lungo un elenco degli sgarbi subiti dai grillini nelle ultime settimane: dai super poteri al sindaco di Roma, all’inceneritore capitolino, dalle mancate garanzie sul superbonus agli attacchi al reddito di cittadinanza. Tutte forzature, secondo la narrazione contiana, avvenute con l’avallo di tutti i partiti di maggioranza, alleati compresi. Ed è proprio agli alleati che il capo 5S dedica uno dei passaggi più concitati del suo intervento. «Invito tutte le forze politiche a maneggiare con cura il concetto di responsabilità», argomenta. «Chi si straccia le vesti e lancia strali, attribuendo giudizi di responsabilità a destra e a manca deve guardare nel suo cortile e deve interrogarsi se è stato lui il responsabile di questa situazione», aggiunge alzando sensibilmente i decibel per sottolineare un concetto che somiglia tanto a un dito puntato contro il Partito democratico, l’alleato responsabile, che però ha voluto a tutti i costi la norma sui super poteri al sindaco di Roma anche in materia di smaltimento dei rifiuti. «Tutte le nostre richieste», su questo punto «sono state respinte», insiste. «Abbiamo chiesto di inserire questa norma in un provvedimento ad hoc, anche questra nostra richiesta è stata respinta. I nostri ministri sono stati costretti a non partecipare al voto in Cdm». Ma la transizione ecologica per il M5S non è uno «slogan» e per questo da oggi i grillini mettono più di un piede fuori dal governo.
La palla ora passerà nel campo di Mario Draghi e di Sergio Mattarella. Ma anche in quello di Enrico Letta e Matteo Salvini che fino a ieri pomeriggio andavano ripetendo che in caso di defezioni in maggioranza si sarebbe tornati al voto. Difficile prevedere come andrà a finire davvero col conflitto in Ucraina in corso, con la pandemia che torna a mordere e con la crisi energetica ed economica che rischia di mandare il Paese a testa in giù. Ognuno farà la sua mossa, in base alla propria sensibilità. L’azzardo di Conte ormai è sul tavolo, tocca agli altri giocatori mostrare le carte.