Donatella Banci Buonamici, ex presidente dell’Ufficio gip del Tribunale di Verbania all'epoca della tragedia della funivia del Mottarone, non commise alcun illecito disciplinare, ma agì nell’interesse del suo ufficio e della Giustizia. A stabilirlo è stata la sezione disciplinare del Csm, che nei giorni scorsi l’ha assolta «per insussistenza dell'addebito» in merito all’autoassegnazione del fascicolo sulla funivia.

La procura generale della Cassazione allora guidata da Giovanni Salvi le aveva contestato la violazione dei doveri di correttezza e diligenza e delle disposizioni sul servizio giudiziario per essersi auto-assegnata il caso «violando i criteri fissati nelle tabelle». Ma per la sostituta pg della Suprema Corte, Luisa De Renzis, che ha chiesto l'assoluzione, «il provvedimento di auto-assegnazione aveva l'unico fine di garantire la funzionalità dell'ufficio», anche perché Banci in quel momento «faceva le veci del presidente del Tribunale, che era in ferie». La scelta, inoltre, «fu concordata» con l’allora presidente Luigi Montefusco e la stessa Annalisa Palomba, la giudice “naturale” del procedimento, «che il giorno successivo non avrebbe lavorato in sede».

Nessun illecito, dunque, anzi: «Considerata la condizione di marcata confusione ordinamentale della sezione penale in quel momento», ha aggiunto De Renzis, Banci garantì il buon funzionamento della macchina giudiziaria. E di fronte all’esigenza di risposte immediate, dal momento che «l'ufficio penale era piuttosto carente dal punto di vista dell'organizzazione», la giudice fece ciò che doveva e poteva fare.

Nel suo atto d’accusa, Salvi aveva anche contestato a Banci il fatto di aver determinato «reazioni da parte dell’Unione delle Camere penali». Che però erano intervenute per difenderla, sempre in relazione alla gestione del fascicolo del Mottarone: Banci Buonamici aveva infatti deciso di non convalidare i fermi di due dei tre indagati per la tragedia della funivia e di applicare i domiciliari ad un terzo, finiti in carcere, aveva scritto, a causa del «clamore internazionale della vicenda».

La magistrata finì così, all’improvviso, nell’occhio del ciclone. E la sua decisione, oltre che la reazione stizzita della procura, le era valsa anche minacce e insulti sul web, contro le quali si era mosso il presidente Montefusco, che le aveva accordato pubblicamente fiducia e stima, salvo poi revocarle il fascicolo. Nel mezzo una mail inviata a Montefusco dal procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo, che si rammaricava per il dannoso clima di «contrapposizione».

La questione ruota attorno all’organizzazione dell’ufficio, all’epoca in grave sofferenza, e verte attorno a due provvedimenti presi da Banci Buonamici e risultati centrali nella vicenda: il primo è il numero 3/2021, del primo febbraio, tramite il quale l’allora presidente dell’ufficio gip, con l’approvazione di Montefusco, «preso atto della grave situazione di sofferenza dell’ufficio gip» dispose l’esonero della gip Elena Ceriotti per quattro mesi (fino al 31 maggio), riassegnando alcuni procedimenti pendenti ad altri magistrati, compresa se stessa. Il secondo è quello del 27 maggio, quando la giudice, sentito il presidente, riassegnò a sé il procedimento della funivia, per il quale alle 17.50 era stata depositata richiesta di convalida del fermo dei tre indagati, dato l’impegno, in concomitanza, della collega titolare, Annalisa Palomba. A ciò segue la scelta del 7 giugno, quando, a ridosso della richiesta di incidente probatorio avanzata dalle difese, Montefusco, restituì il fascicolo a Ceriotti, evidenziando come l’assegnazione a Banci Buonamici anche di questa fase del procedimento non fosse «conforme alle regole di distribuzione degli affari ed ai criteri di sostituzione dei giudici impediti disposti nelle tabelle di organizzazione dell’Ufficio gip/gup». Si trattò, però, dell’unico fascicolo sottratto alla giudice, a fronte di decine di altri casi rimasti nelle sue mani.

Nel procedimento intentato dal Csm, la giudice era accusata anche di aver tenuto un «comportamento gravemente scorretto» nei confronti della collega Palomba, che sostituiva Ceriotti durante l'esonero, per averla sostituita nella trattazione del fascicolo «senza prima verificare in concreto» il suo «effettivo impedimento», sottraendo così alle parti «il giudice naturale previsto».

La sottrazione del fascicolo da parte di Montefusco fu censurata dallo stesso Csm come illegittima, sottolineando come «non emergono elementi da cui desumere che l’autoassegnazione abbia avuto finalità diverse dalla funzionalità dell’ufficio», aveva evidenziato la Prima Commissione del vecchio Consiglio superiore della magistratura. Che aveva evidenziato anche «(...)l’impegno profuso per far fronte alle criticità dell’ufficio da parte della presidente di sezione, del quale comunque non si ha motivo di dubitare sulla scorta della documentazione in atti». Proprio come certificato, ora, anche dalla sezione disciplinare. «La verità - ha commentato dopo la decisione l’avvocato Davide Steccanella, difensore della magistrata, a Rai 3 - è che se Banci avesse accolto la richiesta cautelare della procura oggi non sarebbe partita l’indagine disciplinare. E questo, a mio parere, è un aspetto che resta molto molto inquietante».