Il ministro della Difesa Peskov illustra l’escalation Gli Usa Cina: «Conseguenze se stato con i russi»

«Il Ministero della Difesa, pur garantendo la massima sicurezza della popolazione pacifica, non esclude la possibilità di porre sotto il suo pieno controllo i principali centri abitati... ad eccezione delle zone adibite alle evacuazioni umanitarie». Le dichiarazioni di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, fanno inravedere un’ulteriore escalation del conflitto.

Fino ad ora infatti i russi non sono entrati in maniera massiccia nei principali centri urbani attuando veri e propri assedi e bombardando le aree di maggiore interesse strategico e militare. Molto di ciò è dovuto sia alla resistenza dell'esercito ucraino sia dal timore per le truppe russe di ingaggiare combattimenti casa per casa, sia perché l'artiglieria di Putin conta su una superiorità che può portare la guerra a lungo ancora per molti giorni.

Non a caso Peskov ha precisato che non esiste una data per la fine di quella che il Cremlino chiama ' operazione militare speciale'.

La conquista delle città dunque potrebbe rappresentare un cruento punto di svolta. Un contesto che si è venuto a creare proprio mentre ieri sono ripresi i negoziati tra le delegazioni russe ed ucraine. Si è trattato del quarto incontro che questa volta si è tenuto a distanza in videoconferenza. I colloqui riprenderanno oggi dopo una ' pausa tecnica'; le parti si parlano ma rimangono al momento sulle posizioni di partenza.

Eppure qualche debolissimo segnale di speranza è emerso già nella giornata di domenica quando fonti ucraine vicine al presidente Zelensky hanno ravvisato nell'atteggiamento di Mosca una postura meno intransigente e più disposta a continuare una trattativa che, è bene precisare, resta allo stato iniziale. Precondizione per Kiev infatti è un cessate il fuoco immediato e il ritiro delle truppe russe.

E' stato il capo negoziatore di Kiev Mikhailo Podolyak a precisarlo aggiungendo che il problema sono le ' loro ( dei russi ndr.) specifiche posizioni. La comunicazione continua ad essere difficile. La ragione del disaccordo è che ci sono sistemi politici troppo diversi'. Tradotto significa che Mosca non ha comunque fatto passi indietro rispetto alle sue richieste iniziali ( neutralità dell'Ucraina, annessione Crimea, riconoscimento repubbliche del Donbass).

Dal punto di vista strettamente militare infatti prosegue il martellamento su molte città sia a sud che est e su Kiev. Ieri i rottami di un missile, centrato dalla contraerea ucraina, sono caduti sul quartiere storico di Kurenivka, a pochi chilometri dal centro, distruggendo un autobus e mandando in fiamme un edificio residenziale, il bilancio ufficioso è di un morto e sei feriti. Una attacco ai civili contro il quale i russi hanno risposto con una notizia di segno opposto, attribuendo agli ucraini il lancio di un missile sulla regione di Donetsk che avrebbe provocato almeno 20 morti. Nessuno è stato in grado di verificare in modo indipendente l'accaduto mentre Kiev ha negato decisamente l'attacco. Ma quella di ieri è stata anche la giornata in cui il conflitto è diventata il primo punto sull'agenda principale di Usa e Cina. A Roma si sono incontrati, all'hotel Cavalieri Waldorf Astoria, il consigliere alla Sicurezza nazionale americano jack Sullivan e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi. Un faccia a faccia preceduto dalle rivelazioni americane su una presunta richiesta di assistenza militare alla Cina da parte di Putin, circostanza seccamente negata sia da Pechino sia da Mosca. Una polpetta avvelenata sul vertice dal quale non ci si aspettavano risultati clamorosi se non un chiarimento definitivo della posizione cinese che non si è schierata contro l'invasione russa ma che in virtù dei propri interessi commerciali in Eurasia potrebbe diventare un attore per una mediazione. «Se Pechino sosterrà la Russia ci saranno conseguenze» ha detto Sullivan al termine dell’incontro.

In attesa che qualcuno avanzi una proposta capace di fermare la guerra a soffrire sono i civili, dramamtica la situazione a Mariupol a sud dell'Ucraina. Ieri alle 13 è scattata l'apertura di un corridoio umanitario percorribile solo da veicoli privati e non da autobus, a passare sarebbero state circa 160 vetture. Un convoglio umanitario, che ha dovuto sfidare le bombe che sono continuate a cadere, è entrato nel pomeriggio nel centro urbano, una goccia nel mare per la popolazione che ormai ' manca di cibo, acqua e medicinali' come confermato dal Comitato della Croce Rossa Inter-nazionale. Dall'inizio del conflitto, secondo l'Unhcr, i rifugiati fuori dal confine ucraino sono 2 milioni e 808mila. L'agenzia per i diritti umani dell'Onu ha specificato che si tratta della crisi in Europa ' che cresce più velocemente dalla Seconda guerra mondiale'.