AIUTINO DA TERZO POLO, PD E 5S: MA CHI È IL COLPEVOLE?

Legislatura XIX, giorno I. Ed è subito giallo a palazzo Madama. Ignazio La Russa è stato eletto presidente del Senato con 116 voti ( la maggioranza era 104), e 66 schede bianche. Grazie ai voti del centrodestra? Neanche per sogno, visto che Forza Italia ha deciso di non partecipare al voto per cercare di affossare la candidatura del colonnello di Fratelli d’Italia. Obiettivo fallito, visto che a La Russa sono arrivati in soccorso dai 15 ai 20 voti dell’opposizione. Da lì è partita una caccia al colpevole tra i corridoi di palazzo, cercando di capire chi fossero quei franchi tiratori “al contrario”. «Noi non siamo stati, altrimenti lo rivendicheremmo», si è affrettato a sottolineare Matteo Renzi, principe dei ribaltamenti di maggioranza. Dai grillini, che di senatori ne hanno 28, silenzio di tomba. Si guardano tra loro anche nei banchi del Pd, ma il segretario Letta si smarca. «Irresponsabile oltre ogni limite il comportamento di quei senatori che hanno scelto di aiutare dall’esterno una maggioranza già divisa e in difficoltà - ha scandito il leader dem - Il voto al Senato certifica tristemente che una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza». Il riferimento è ovviamente al terzo polo, ma Calenda non ci sta e ribatte. «Si Enrico, la tua - twitta il segretario di Azione - noi liberali non potremmo mai votare un nostalgico del fascismo».

Intanto il vociare si fa più intenso. Si parla di un incontro Renzi- Franceschini poco prima del voto in cui i due avrebbero orchestrato la mossa. «Parlavamo dei problemi del centrodestra», dirà Renzi. Sarà.

Nel frattempo anche il centrodestra ribolle. Silvio Berlusconi, uscendo dall’Aula, spiega che i suoi non hanno partecipato al voto «perché non vogliamo veti», in riferimento al ministero da attribuire a Licia Ronzulli nelle trattative di governo e che invece non arriverà. Da qui il tentativo ( non riuscito) di screditare la candidatura di La Russa. Che entrando in Aula dopo l’elezione regala un mazzo di fiori bianchi a Liliana Segre, senatrice a vita e presidente del Senato per un giorno. Nel suo discorso Segre cita Piero Calamandrei, «la Costituzione non è un pezzo di carta, ma il testamento di 100mila morti caduti per la libertà», e poi ricorda Giacomo Matteotti. «È impossibile per me non provare una specie di vertigine ricordando a quella bambina che nell'ottobre del 1938 fu costretta a lasciar vuoto il suo banco a scuola - aggiunge - E che oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato».

Poi tocca al nuovo presidente, che saluta, tra gli altri, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e papa Francesco. Per poi parlare a braccio per mezz’ora e assicurare che garantirà «i diritti della maggioranza così come quelli dell’opposizione». Poco prima c’era stato il “vaffa” di Berlusconi direttamente a La Russa, nel pieno del voto quando intorno al Cavaliere si formavano capannelli come ai tempi d’oro.

Ma evidentemente qualcuno ha fatto male i conti, perché se i due voti presi da Roberto Calderoli fossero arrivati da Berlusconi e Casellati, gli unici due di Forza Italia a votare, l’aiutino giunto a La Russa dai banchi dell’opposizione si attesterebbe addirittura a quota 19.

Dall’alto della sua undicesima legislatura è Pier Ferdinando Casini a rimproverare i franchi “soccorritori”. «Che l'opposizione soccorra la maggioranza nell'elezione del presidente del Senato alla prima votazione è un atto di puro autolesionismo - twitta poco dopo il voto La maggioranza parte spaccata e così, purtroppo, anche l'opposizione: bisognerebbe consigliare un po' a tutti qualche corso di formazione politica».

Oggi, alla Camera, ricomincia lo show. Il favorito è Lorenzo Fontana, Lega. Il futuro presidente, chissà.