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IMAGOECONOMICA
In cinque anni sono aumentati i minori vittime di maltrattamento. Con numeri che fanno impressione: il 58 per cento in più rispetto al 2018, con oltre 113.000 minorenni che hanno subito qualche forma di maltrattamento e risultano in carico ai servizi sociali. Il dato, aggiornato al 31 dicembre 2023, rappresenta il 30,4% del totale dei minori seguiti dai servizi (374.310) ed evidenzia un aumento drammatico rispetto all’ultima rilevazione del 2018, quando le vittime erano il 19,3% del totale.
Tradotto in termini di popolazione, si è passati da 9 a 13 minori maltrattati ogni mille, un balzo preoccupante in soli cinque anni. È quanto emerge dalla III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che è stata presentata questa mattina nella Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’Autorità garante Marina Terragni, dalla presidente della Fondazione Terre des Hommes Italia, Donatella Vergari, e dalla presidente Cismai, Marianna Giordano.
Tra la precedente e l’ultima rilevazione c’è stato il ciclone Bibbiano: una demonizzazione dei servizi sociali che ha comportato una minore capacità di intervento. Non solo perché, per evitare problemi, i servizi hanno scelto di agire con cautela, ma anche perché le famiglie hanno smesso di fare affidamento su una categoria diventata, d’un colpo, “ladra di bambini”. Lo aveva spiegato bene Simona Regondi, oggi presidente del Consiglio dell’Ordine degli assistenti sociali della Lombardia: l’inchiesta “Angeli e Demoni” (il processo si concluderà il 9 luglio) ha rappresentato «l’Armageddon dei servizi di protezione dei minori». Perché, e lo abbiamo raccontato più volte su questo giornale, dopo l’inchiesta il sistema è collassato, con minacce e agguati agli assistenti sociali e l’azzeramento delle richieste d’aiuto.
Sulla scorta di Bibbiano, una riforma c’è stata e, aveva sottolineato Regondi, «ha di fatto chiesto ai servizi di lavorare con la clessidra in mano, dimenticando tuttavia che il primo obiettivo dei servizi è quello trasformativo. Attivare una trasformazione delle fragilità genitoriali è l’unico modo per non rendere vano ogni intervento, ma le trasformazioni necessitano tempo, sono misurabili con parametri legati al benessere familiare, sono lente da cogliere ed accogliere. Le tempistiche invece sono misurabili, sanzionabili e controllabili, ed il controllo dei servizi, non del benessere e della qualità di vita dei minori, sembra essere l’obiettivo di questa riforma». La marea di fake news sul caso Bibbiano, firmate anche da nomi autorevoli, ha dunque «indebolito l’intero Sistema di protezione dei minori».
L’incremento dei casi di violenza riguarda principalmente il Sud Italia, dove l’aumento è del 100% (da 5 a 10 minori ogni mille), mentre il Centro-Nord registra un +45%. La terza edizione dell’Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti, promossa con la supervisione metodologica di Istat e allineata agli standard dell’Oms, fotografa dunque un Paese dove il disagio minorile cresce in silenzio, spesso ignorato o intercettato troppo tardi. La forma più diffusa di maltrattamento è la trascuratezza (neglect), che rappresenta il 37% dei casi, seguita dalla violenza assistita (34%).
Più indietro, ma non meno gravi, figurano la violenza psicologica (12%), il maltrattamento fisico (11%), e l’abuso sessuale (2%), quest’ultimo spesso sfuggente ai servizi perché affrontato direttamente dalla magistratura (o non affrontato). Nel 87% dei casi, il maltrattamento avviene all’interno della cerchia familiare ristretta. «Dato impressionante, tra gli altri, quello della violenza assistita, che riguarda un terzo dei casi di maltrattamento - commenta Terragni -. Unitamente al fatto che ben l’87 per cento di tutti i maltrattamenti avviene all’interno della cerchia familiare ristretta, quel dato segnala la necessità e l’urgenza di porre la massima attenzione alla famiglia, colpita da una crisi sempre più diffusa e profonda».
Il dato più allarmante, però, è legato alla tempistica di presa in carico: solo il 18% dei minori maltrattati ha meno di 6 anni. Il restante 82% è intercettato quando le situazioni di disagio sono già consolidate (32% tra i 6 e i 10 anni, 50% tra gli 11 e i 17 anni). La scarsa frequenza nei nidi – appena il 28% dei bimbi sotto i tre anni accede a servizi educativi per l’infanzia, con picchi negativi al Sud sotto il 15% – è un fattore che impedisce una vera prevenzione precoce.
Il sistema di protezione appare sbilanciato: nel 52% dei casi è l’autorità giudiziaria a segnalare la situazione ai servizi sociali. Solo il 14% delle segnalazioni arriva dalla scuola e appena il 4% dalle strutture sanitarie. I pediatri e i medici di base, pur essendo in una posizione privilegiata per cogliere i segnali, contribuiscono per l’1%. I familiari si attivano nel 12% dei casi. Il contesto sportivo, da poco incluso tra le fonti di segnalazione, resta statisticamente irrilevante. Inoltre, nel 40% dei casi i minori sono vittime di più forme di maltrattamento contemporaneamente, a testimonianza della complessità delle situazioni affrontate.
La durata della presa in carico da parte dei servizi è superiore ai due anni nel 56% dei casi, ma al Sud e nelle Isole prevalgono percorsi più brevi, spesso inferiori ai due anni, sintomo di minori risorse o discontinuità operativa. Il sostegno ai minori vittime di maltrattamento è disomogeneo e spesso insufficiente. Tra i servizi attivati ci sono l’assistenza domiciliare (18%), l’inserimento in comunità (13%), l’assistenza economica (13%) e l’affidamento familiare, sceso, dopo Bibbiano, all’8%, con picchi più alti nel Nord-Ovest (10%), il tutto a favore delle comunità. Nel 12% dei casi non viene attivato nessun servizio. Quest’ultima percentuale, pur non indicando per forza un’assenza d’intervento (potrebbero esserci valutazioni in corso), pone interrogativi sull’efficienza della rete di protezione.
La crescita dei maltrattamenti minorili in Italia non è solo un dato statistico, ma un allarme sociale che chiede risposte immediate e profonde. Per invertire questa tendenza serve un sistema di protezione più forte, credibile e capace di intervenire tempestivamente, mettendo al centro il benessere reale dei bambini, non solo il controllo burocratico. Ignorare questo segnale significa lasciare milioni di minori soli davanti a una sofferenza che potrebbe e dovrebbe essere prevenuta.