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BRACCIALETTO ELETTRONICO ANTISTALKER
L’utilizzo del braccialetto elettronico è autorizzato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, che ha disposto la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, ma il dispositivo non può essere attivato per non meglio precisate questioni tecniche. È la situazione paradossale che riguarda un cittadino accusato di minacce, maltrattamenti e stalking nei confronti della compagna. L’uomo, pur avendo ottenuto la disponibilità del padre ad accoglierlo nella sua abitazione di Milano per trascorrere gli arresti domiciliari, è da più di due settimane ancora nel carcere di San Vittore.
Questi i fatti. Il 19 marzo la persona accusata di maltrattamenti e stalking è stata sottoposta a interrogatorio di garanzia. Dopo qualche giorno, il 22 marzo, il Gip di Milano ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari presso l’abitazione del padre con l’applicazione del braccialetto elettronico ai sensi dell’articolo 275 bis del codice di procedura penale. La scorsa settimana, il 28 marzo, gli agenti della polizia giudiziaria del Commissariato locale "Scalo Romana" si sono recati presso l'abitazione del padre dell’indagato, constatando l’idoneità tecnica alla installazione del dispositivo.
«Una operazione – spiega al Dubbio l’avvocata Federica Liparoti del Foro di Milano - alla quale tuttavia non è stato dato corso, poiché nessun tecnico della società incaricata alla installazione si è recato presso l'abitazione in questione. Da oltre dieci giorni il mio cliente attende nel carcere di San Vittore l'applicazione del braccialetto elettronico ed è quindi costretto a subire un periodo di detenzione suppletivo, nonostante la decisione del giudice che gli permetterebbe di passare dal carcere ai domiciliari».
Il gip, subito dopo l’interrogatorio di garanzia, ha disposto l’attenuazione della misura e i conseguenti arresti domiciliari, nonostante il parere negativo del pubblico ministero. Nell’ordinanza del 22 marzo scrive: «Ritenuto che, fermo il quadro indiziario, probatorio e teleologico non modificato rispetto all’ordinanza applicativa, cui si rinvia, le esigenze cautelari possono nondimeno essere presidiate, in presenza di un domicilio idoneo, anche con la misura degli arresti domiciliari, solo ed esclusivamente, però, ex articolo 275 bis c.p.p. con applicazione del braccialetto elettronico in relazione all’intensità delle esigenze cautelari special-preventive derivanti dalla natura violenta del reato commesso».
Al momento, come evidenzia l’avvocata Liparoti, non è possibile conoscere le cause della mancata applicazione del braccialetto elettronico. «Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari – afferma la penalista – risale a più di dieci giorni fa, ma a oggi il mio assistito non è potuto tornare a casa e ha dovuto trascorrere la Pasqua a San Vittore. Si tratta di un giovane padre, che, durante l’interrogatorio reso lo scorso 19 marzo, ha avuto sempre un atteggiamento collaborativo. È da oltre dieci giorni che quest’uomo aspetta di uscire dal carcere. Mi sono attivata con la polizia. Mi è stato spiegato che è necessario attendere l’intervento dei tecnici della compagnia telefonica vincitrice del bando di gara per la gestione dei dispositivi indetto dal ministero della Giustizia. Ci troviamo, dal mio punto di vista, di fronte a una compressione della libertà personale inspiegabile. Auspico che si arrivi presto a una soluzione della vicenda e che il mio assistito possa tornare a casa al più presto».
Anche in altri casi è stata rilevata l’impossibilità di una celere attivazione del dispositivo elettronico. Alcune volte si presentano difficoltà oggettive, come il luogo degli arresti domiciliari poco coperto o del tutto scoperto dal segnale satellitare utile ad attivare il braccialetto elettronico. Non è comunque il caso che interessa l’assistito dell’avvocata Federica Liparoti, dato che la collocazione domiciliare è in pieno centro abitato, a Milano. L’utilizzo del dispositivo potrebbe sortire effetti positivi in termini di sovraffollamento carcerario. C’è, però, ancora molto da fare. «A livello generale – conclude l’avvocata Liparoti -, nonostante l’efficacia dello strumento elettronico di controllo, che garantisce un livello di sorveglianza equiparabile alla permanenza nell’istituto penitenziario, registro una ritrosia a disporne l’utilizzo. Ciò è dovuto, a mio avviso, alla difficoltà a reperire i braccialetti e ai lunghi tempi di attesa. Il braccialetto elettronico potrebbe concretamente alleggerire il sovraffollamento delle carceri e rendere la detenzione in carcere l’extrema ratio».