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Il conto alla rovescia della ripresa dei lavori parlamentari è iniziato. In agenda spicca la discussione fissata per il prossimo 6 settembre, nella commissione Affari costituzionali della Camera presieduta dal forzista Nazario Pagano, dei quattro ddl sulla separazione delle carriere di giudici e pm. Nello stesso giorno è prevista l’audizione del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Con lui sono stati convocati il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco e il coordinatore di Ocf Mario Scialla. Il tema delle carriere separate, destinato a segnare la legislatura e il governo Meloni, ha aperto un dibattito al sesto piano del “Palazzaccio”, dove ha sede il “sindacato” delle toghe.
Magistratura democratica ha chiesto di inserire un ordine del giorno sulle riforme costituzionali e quindi sul “divorzio” delle carriere da discutere nel Comitato direttivo centrale, il “parlamentino” Anm. L’appuntamento è fissato per il 9 e il 10 settembre (la convocazione risale al 24 luglio scorso). Fra dieci giorni si potrà ragionare anche sui passaggi nella prima commissione di Montecitorio. Più precisamente “Md” ha avanzato la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno (“Ddl costituzionale attualmente all’esame del Parlamento: discussione e iniziative dell’Anm”) per soffermarsi sulle riforme in cantiere e ha registrato l’adesione di tutti i gruppi, tranne che di Magistratura indipendente. «Confido – dice al Dubbio Stefano Celli, pm a Rimini e componente del direttivo Anm in quota “Md” – che questa scelta di “Mi” sia semplicemente una mossa tattica per evidenziare che non segue in tutto e per tutto gli altri gruppi presenti nell’Anm. Non riesco a credere che una parte significativa di Magistratura indipendente sia a favore della separazione delle carriere. Possono esserci 50 magistrati, esagerando anche 100, a favore, ma, secondo me, non si va oltre questo numero. Se facessimo un referendum per conoscere chi è a favore della separazione, forse arriveremmo all’1%».
L’episodio della mancata sottoscrizione dell’ordine del giorno da parte di “Mi” non preoccupa Celli, secondo il quale è esagerato parlare di tensioni e spaccature. «È vero – evidenzia – che “Mi” è tradizionalmente prudente, che non usa, se non rarissimamente, toni accesi o affermazioni radicali. È sempre molto rotonda nelle uscite. Quanto accaduto è il naturale portato della collocazione di questa corrente moderata. A Magistratura indipendente non piace, in effetti, essere definita “di destra”. La moderazione delle idee e nella modalità di esprimerle è una sua caratteristica. Che ci sia una vicinanza alla destra di governo è però un dato di fatto. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, viene proprio da “Mi”. Immagino che esista un dialogo tra questa corrente e il governo, ma non trovo niente di scandaloso, in tutto questo».
Celli si sofferma sul cantiere della riforma dell’ordinamento giudiziario e sulla posizione dell’avvocatura. «Devo ancora capire – spiega – come un sincero difensore dei diritti liberali possa solo pensare che un pm autonomo garantisca i diritti degli imputati più di un pm inserito all’interno di un unico ordine giudiziario. Vorrei capire perché questa cosa del “ce lo chiede l’Europa” non vale più. Prima, l’Europa ci chiedeva le cose che facevano comodo a Berlusconi. Adesso l’Europa ci dice a chiare lettere che, se l’ordinamento lo consente, gli Stati dovrebbero raccomandare e premiare il passaggio dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice e da quelle di giudice a quelle di pm con la creazione di ponti tra le carriere che si completano reciprocamente. Questo principio adesso non vale più. Ci sono tanti paesi, come Portogallo e Francia, che guardano con interesse alla nostra esperienza. Lo capisce anche un bambino che se un pubblico ministero non vede più il giudice come un suo collega e viceversa, i rapporti professionali che avrà il pm saranno con le polizie». Su questo punto l’esponente di “Md” vuole chiarire ulteriormente il proprio ragionamento: «Badiamo bene, un poliziotto ha un’ottica un po’ diversa quando si parla di tutela di diritti, non perché non li rispetti, ma perché è chiamato e spronato con criteri diversi da quelli dell’autorità giudiziaria. Gli avvocati non riescono a prendere in considerazione questo aspetto: un atteggiamento che io ho difficoltà a comprendere. È meglio essere inquisiti da uno che viene valutato, alla fine dell’anno o nel quadriennio, nella sua professionalità da un organo misto, in cui ci sono pure gli avvocati, o è meglio essere valutato sulla base del numero degli arresti che ha fatto e delle condanne ottenute? Questo è il naturale sbocco di un pubblico ministero autonomo...».
Sulla bozza di riforma dell’ordinamento giudiziario, Celli rileva una “criticità importante”. «Riguarda – afferma – la clausola che rischia di tramortire, se non azzoppare, l’evoluzione giurisprudenziale: con una politica debole, come quella che c’è in Italia da almeno venticinque anni, i nuovi diritti nascono e si affermano sotto la spinta di provvedimenti giurisdizionali. La clausola che mi preoccupa collega la valutazione positiva o, al contrario, quella che individua come indice di valutazione negativa, la mancata conferma dei provvedimenti nei gradi superiori».
Infine una riflessione sugli avvocati nei Consigli giudiziari. «Noi – conclude Celli – non siamo mai stati contrari. Anzi, in buona parte siamo favorevoli. Io personalmente qualche perplessità la mantengo, anche se non in linea di principio. In linea di principio gli avvocati nei Consigli giudiziari vanno benissimo. La classe forense ha una tradizione di rigore e professionalità che da questo punto di vista ci deve fare stare tranquilli. Ci potrebbe essere qualche problema in situazioni particolari, che non conosco direttamente, che comunque si verificano in alcuni territori. Rispetto al principio che restituisce una magistratura aperta all’esterno, in grado di confrontarsi con gli altri professionisti, il ragionamento va benissimo, ma va declinato con attenzione rispetto alle situazioni particolari alle quali prima facevo riferimento».