Una data storica per la giustizia messicana: domenica 1° giugno i cittadini saranno chiamati alle urne per eleggere per la prima volta i magistrati di ogni livello, inclusi i membri della Corte Suprema. In corsa oltre 2.600 candidati per 881 posizioni, mentre un secondo ciclo di votazioni è già previsto nel 2027 per designare altri 800 giudici.

Si tratta di una delle riforme più controverse e ambiziose dell’ex presidente Andrés Manuel López Obrador, che ha voluto imprimere una svolta radicale al sistema giudiziario messicano, accusato di corruzione e scarsa indipendenza. Durante il suo mandato, López Obrador ha più volte criticato la Corte Suprema, accusandola di aver bloccato alcune delle sue principali riforme, soprattutto nei settori dell’energia e della sicurezza.

Approvata nel 2023, la riforma prevede non solo l’elezione popolare dei magistrati, ma anche la creazione di un Tribunale Disciplinare Giudiziario, un organo indipendente che dovrebbe vigilare sull’etica e la condotta dei giudici, separato dalla Corte Suprema stessa.

Se per il partito di governo si tratta di una rivoluzione necessaria per liberare la giustizia dal malaffare e dal clientelismo, l’opposizione mette in guardia contro il rischio opposto: l’infiltrazione dei cartelli del narcotraffico nel sistema giudiziario attraverso il voto popolare, in un Paese da anni segnato dalla violenza e dall'influenza della criminalità organizzata.

La presidente Claudia Sheinbaum, successora di López Obrador, ha rassicurato sulla regolarità del voto: «Il 1° giugno sarà un giorno importante: milioni di cittadini parteciperanno a un’elezione senza precedenti. I cittadini voteranno liberamente, e chi chiede l’astensione sta sottovalutando la volontà di cambiamento del nostro popolo».