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LaPresse
Solo qualche settimana fa, sulle colonne dei quotidiani e nei corridoi del Palazzo, abbondavano retroscena e rumors che volevano l'esperienza di Carlo Nordio a via Arenula già sul viale del tramonto, dopo nemmeno due anni. La deadline fissata dai bene informati sarebbe stato il post-Europee, nel quadro di un mini-rimpasto che avrebbe coinvolto anche altre caselle ritenute in bilico o sotto la spada di Damocle di un procedimento giudiziario, come nel caso di Daniela Santanchè.
Alla base di queste indiscrezioni - era stato detto - vi era una presunta incompatibilità caratteriale e la mancanza di sintonia tra il guardasigilli e Palazzo Chigi su alcuni dossier, tra i quali la riforma dell'ordinamento giudiziario. Si disse che la premier non gradiva un – sempre presunto – eccessivo schiacciamento del ministro sulle posizioni di Forza Italia, che avrebbero potuto irritare l'elettorato della destra, storicamente poco permeabile a battaglie identificabili con quelle di Silvio Berlusconi.
Si fece l'esempio del duro scontro del Cavaliere con “Giorgia”, ai tempi della formazione di questo governo, proprio sulla casella di ministro della Giustizia, per non concederla a un protegé di Berlusconi, come prova del fatto che la politica della giustizia sarebbe rimasta a distanza di sicurezza dalle istanze degli azzurri. A un certo punto, è stato ipotizzato anche il nome di un papabile alla successione di Nordio, nella persona del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ex-magistrato e quindi più adeguato a mantenere un filo di comunicazione con le toghe per una riforma “sostenibile”. Quando poi Nordio è entrato effettivamente in rotta di collisione con Palazzo Chigi sulla questione della commissione d'inchiesta sul dossieraggio, la maggior parte degli osservatori hanno pensato che si fosse veramente a fine corsa.
Poi, circa due settimane fa, è arrivato da parte della premier l'annuncio della presentazione in Cdm del ddl costituzionale, nel corso di un'intervista pubblica, che qualcuno aveva letto come il pagamento di una cambiale firmata a suo tempo con Forza Italia, presentata all'incasso da Tajani e i suoi in campagna elettorale per pareggiare il premierato targato FdI e l'Autonomia differenziata, bandiera storica del Carroccio.
Quello che molti non si aspettavano, e non era scontato, era che la presidente del Consiglio entrasse nel merito dei contenuti della riforma Nordio e ne difendesse i cardini punto per punto, in modo convinto, auspicando anche una maggioranza parlamentare più ampia del centrodestra che l'ha approvata in Consiglio dei ministri. Un'adesione totale e non di circostanza, dunque, che ha sgomberato il campo da ogni lettura “politicista”e ha riportato l'attenzione sulle ragioni profonde che rendono improcrastinabile la riforma, a partire dall'efficienza del sistema e dai benefici che ne deriverebbero per i cittadini.
Ma soprattutto, la premier ha dato piena “copertura” a Nordio sui punti più controversi del testo, su cui l'Anm e parte dell'opposizione hanno già iniziato un'aspra operazione di contrasto, che si tradurrà verosimilmente e rispettivamente in scioperi nei tribunali e in ostruzionismo nelle camere. A partire dalla separazione delle carriere, col doppio Csm e il sorteggio secco, per la «stragrande maggioranza di magistrati che vogliono solamente fare bene il loro lavoro e non vogliono, per vedere riconosciuto il loro valore, dover aderire a una corrente politicizzata della magistratura». «Io penso», ha aggiunto la presidente del Consiglio, «che le correnti abbiano fatto molti danni alla credibilità della magistratura e noi interveniamo con una norma di buonsenso che serve a creare maggiore equilibrio tra difesa e accusa e a valorizzare la terzietà del giudice, e quindi è uno strumento di rafforzamento del ruolo dei magistrati».
In particolare, per la premier il sorteggio per i componenti del Csm «è il sistema che scardina il meccanismo delle correnti» e l'Alta corte ci vuole perché «a un grande potere corrisponde sempre una grande responsabilità e non c'è responsabilità più grande del potere di quello di decidere sulla vita delle persone, sulla libertà delle persone, ed è giusto che anche i magistrati, quando sbagliano, vengano sanzionati». «Tutto rimane governato dalla magistratura», ha aggiunto, «ma in un sistema che non è partitico ma veramente libero».
Una sintonia totale, dunque, che blinda Nordio per la legislatura, data la complessità dell'iter del provvedimento (compreso il referendum confermativo, non a caso evocato lunedì dalla premier). E che non guasta nemmeno in chiave Europee: con la Lega che è partita a tutta velocità sulla tangente di destra, su un terreno dove non è opportuno che l'inquilina di Palazzo Chigi si spinga (vedi l'episodio degli attacchi inconsulti al Capo dello Stato), dentro Fratelli d'Italia si bada anche a non lasciare del tutto appannaggio di Forza Italia il voto di opinione dei moderati di centrodestra, o di chi non si sente post-berlusconiano ma nemmeno renziano o calendiano.