Un colpo alla Lega, e uno al Pd. Quello alla Lega sottile, squisitamente politico e pienamente comprensibile nel contesto di una campagna elettorale all’insegna del proporzionale che pone in competizione anche gli alleati. Quello al Pd, invece, è stato una bordata micidiale, che ha avuto come bersaglio uno degli esponenti politici della sinistra che più si sono messi in evidenza, in questo scorcio di legislatura, nella polemica contro la premier.

Giorgia Meloni si è recata a Caivano, dove era attesa per inaugurare il nuovo centro sportivo di Caivano, sorto sulle macerie di un centro abbandonato da anni e che era diventato uno degli scenari simbolo del degrado in Italia. La scorsa estate, la piscina abbandonata era stata teatro di reiterate violenze sessuali ai danni di due cugine di 10 e 12 ad opera del branco, ed è stato dopo la reazione sgomenta dell’opinione pubblica che la presidente del Consiglio ha deciso di fare della rinascita del luogo un simbolo dell’importanza che il suo esecutivo ha intenzione di conferire all’impegno contro le “zone franche” e la criminalità organizzata. E, ovviamente, un efficace strumento di consenso per lei e la sua parte politica. La tempistica dell’inaugurazione, d’altra parte, non può essere scissa dall’imminenza dell’appuntamento delle Europee. 

È stato però nell’incontro ravvicinato col governatore campano Vincenzo De Luca che l’appuntamento di ieri ha toccato il suo punto più movimentato, perché la presidente del Consiglio non si è lasciata sfuggire l’occasione di regolare un conticino in sospeso dallo scorso febbraio, quando in un video rubato nel Transatlantico di Montecitorio, sollecitato sulle critiche della premier verso chi si opponeva al ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata, De Luca si era lasciato sfuggire l’epiteto “stronza”. Così alla prima occasione utile, Meloni non ha rinunciato allo showdown presentandosi al cospetto di De Luca come «quella stronza della Meloni».

Nel corso del suo intervento, poi, la premier ha rincarato la dose polemizzando ancora col governatore (che la aveva accusata di fare delle “passeggiate elettorali”): «Se tutte le volte che la politica passeggia portasse questi risultati avremmo sicuramente una politica più rispettata da parte dei nostri cittadini. Quindi continueremo a passeggiare», ha concluso, «e a portare risposte». Come detto, De Luca è uno dei governatori del Sud in prima fila nella battaglia contro l’Autonomia differenziata, che lascia perplessi anche alcuni amministratori di centrodestra, come ad esempio il presidente calabrese Occhiuto, di Forza Italia.

La missione a Caivano della Meloni, dunque, si spiega anche con la preoccupazione di rassicurare l’elettorato meridionale di centrodestra e in particolare di Fratelli d’Italia, nella fase di campagna elettorale in cui sia il Pd che il M5s stanno spingendo su questo tema, insistendo anche sull’abolizione del reddito di cittadinanza disposta dall’attuale governo. Non a caso, buona parte del discorso di ieri è stato impostato su quello che l’esecutivo sta facendo per il Sud e sulle risorse stanziate. «Con il decreto coesione», ha sottolineato, «abbiamo investito 3 miliardi di euro di fondi europei per le periferie di 14 citta metropolitane e 39 città medie del Sud, su un programma finalizzato alla rigenerazione urbana, al recupero delle aree disagiate e degradate. Significa», ha concluso, «che avremo molte altre Caivano».

Alla battaglia politica del centrosinistra contro l’Autonomia targata Lega, negli ultimi giorni, si sono aggiunte anche le forti critiche al ddl da parte della Cei, con la quale il Carroccio è entrato in rotta di collisione ma che la presidente del Consiglio non può e non vuole trattare alla stregua di un partito di opposizione. L’unica via, dunque, è quella del taglio dei nastri e della declinazione delle risorse in arrivo, soprattutto se all’indomani delle elezioni non sarà più possibile procrastinare l’approvazione definitiva del ddl Calderoli alla Camera, accettata da Matteo Salvini e dai suoi non senza malumore.