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IMAGOECONOMICA
Oggi è stato il giorno di Giovanni Melillo, audito presso la commissione bilaterale antimafia, come da lui stesso richiesto, in merito al presunto dossieraggio messo in atto da un finanziere e da un sostituto procuratore della DNAA nei confronti di politici, e del mondo economico, dello sport e dello spettacolo.
Il vertice di via Giulia 52 è stato accompagnato dal Maggiore della Guardia di finanza Eugenio Marmorale, responsabile del gruppo di lavoro Sos – Segnalazione operazioni sospette. Per Melillo la richiesta di essere audito in Commissione, grazie anche alla pubblicità dell’incontro, nasce da «spirito istituzionale» e dal «venire incontro all’interesse pubblico e allontanare il pericolo di disinformazione e letture strumentali». Ma anche per sottolineare che il suo ufficio è privo di macchie e per difendere la sua direzione.
Ha chiarito infatti che nel suo ufficio si hanno le «carte pienamente in regola», da quando è arrivato è avvenuta una «profonda trasformazione dei metodi e prassi di lavoro» alla DNAA «con la condivisione di tutti i procuratori distrettuali». «Al suo arrivo ha fatto interventi urgenti e tempestivi per misure di due tipi. Interventi urgenti volti a fare tutto quanto si poteva fare per mettere in sicurezza il sistema e dall'altra, davanti all'obsolescenza dei sistemi, immaginare una nuova rete e struttura informatica. La materia fu oggetto di una doverosa informazione alla ministra Cartabia e a Nordio poi. Interventi urgenti sono consistiti nella pianificazione degli interventi sui sistemi in uso».
«Nel giugno '22, quando ho assunto anche direttamente la responsabilità delle risorse tecnologiche, dei flussi e della sicurezza dell'ufficio, chiesi - ha detto Melillo nelle sue circa due ore e trenta di audizione - all'Ispettorato generale del ministero della Giustizia una ispezione sullo stato dell'informatizzazione e degli applicativi in uso alla Dna: ne emersero un quadro di preoccupante vulnerabilità e tutta una serie di criticità di tipo organizzativo, strutturale e di sicurezza, unite a una generale obsolescenza dei software che esponevano ad attacchi le postazioni dei singoli magistrati, me compreso. Il fatto che avrebbero potuto esserci attacchi - ha proseguito - non significa che tali attacchi ci siano stati, anzi possiamo escludere che ci siano stati ma questo non può tranquillizzarci».
Una indiretta critica alla direzione del suo predecessore De Raho? L’attuale procuratore nazionale ha continuato a tutelare il suo operato, specificando che «Una condizione di credibilità e autorevolezza» è stata attribuita alla DNAA recentemente come emerge dal fatto che «il Governo prima e il Parlamento dopo hanno appena riconosciuto poche settimane fa in occasione della conversione in legge del decreto 105 del 2023 con il quale sono state affidate al Procuratore nazionale le funzioni di impulso investigativo anche in materia di sicurezza cibernetica e dunque anche con riferimento ai delitti come quello oggetto delle indagini perugine». «Il Cyberspace è il cardine organizzativo fondamentale della criminalità organizzata e terrorismo» ha detto. Poi ha chiarito che «nella nostra banca dati, lungi dall'essere un mostro onnivoro, si ritrova solo una ridotta percentuale delle segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema finanziario: dal 2018 al 2024 tra l'8 e il 16% di tutte le Sos generate dal sistema finanziario tramite Uif e Dia» sono entrate nel sistema.
Ha specificato che «l’utilizzo delle Sos, strumenti delicatissimi in grado di profilare chiunque, è circondato dal massimo rigore delle procedure di accesso e di controllo successivo». «Posso affermare – ha aggiunto - senza pericolo di essere smentito che proprio per la delicatezza della materia, dal mio primo giorno alla DNAA, ha guidato l’esercizio delle mie responsabilità: mi è apparsa la necessità di disporre sistemi informatici, di regole, procedure e sistemi di controllo per evitare ritardi, contraddizioni nell’attività investigativa ma anche per assicurare sicurezza, trasparenza e correttezza, tracciabilità e controllo ex post delle procedure di trattamento dei dati personali contenuti nelle nostre banche dati». «Tutto ciò non toglie nulla alla gravità delle cose in corso di individuazione nell'inchiesta del collega Cantone, che è estrema. Ma è estrema anche la complessità dell'uso delle banche dati».
Melillo ha poi precisato che «Striano (indagato a Perugia, ndr) come tutti gli altri addetti alle Sos era appartenente alla Guardia finanza» e non come ha detto un giornalista un dipendente della DNAA. «Le condotte attribuite al sottotenente Striano - ha proseguito l’ex procuratore capo di Napoli - al di là degli eventuali accertamenti investigativi, mi paiono difficilmente compatibili con logiche di deviazione individuale: è una valutazione mia, ma in passato ho avuto esperienza diretta di dossieraggi abusivi. Non mi pare insomma l'iniziativa di un singolo ufficiale, ipoteticamente infedele: in ogni caso, elemento centrale dell'inchiesta del collega Cantone sarà proprio la definizione della figura e del sistema di relazioni di Striano», ribadendo comunque che la sua posizione sarà definita nel contraddittorio difensivo.
Ha tenuto a precisare che a dieci giorni dal suo insediamento ha messo in atto una rotazione del personale, su selezione da parte della Guardia di Finanza, «non perché avessi qualche sospetto ma perché c’erano persone che svolgevano le stesse funzioni da decenni». Melillo ha risposto indirettamente anche a Sabino Cassese: «Ho sentito che qualcuno ha detto che potremmo fare a meno della Procura Nazionale ma non ci sarebbe una istituzione a vigilare sulla banca dati per i procedimenti di criminalità organizzata e terrorismo». Infine il procuratore denunciato «un mercato di informazioni riservate, si tratta di capire se regolato da casualità e da un numero infinito di attori non collegati tra loro, frutto magari solo della debolezza dei sistemi digitali che le contengono, o se ci sono logiche più sofisticate e ampie».
Poco prima dell’inizio dell’audizione il forzista Maurizio Gasparri aveva per l’ennesima volta ribadito: «avere Cafiero De Raho vicepresidente della commissione Antimafia è in palese conflitto di interesse. È l'ultimo Procuratore nazionale antimafia, poi passato in Parlamento senza fermate intermedie. Si deve astenere dalle sue attività in commissione». Previsione che come da noi annunciato non si è verificata, in quanto De Raho è stato presente e ha dichiarato: « Esserci è un mio diritto da parlamentare». Domani comunque sarà la volta di Raffaele Cantone nella commissione bicamerale. Poi sia lui che Melillo saranno ascoltati al Copasir, come da loro stessi richiesto.