Dopo essere stata allontanata dalle affidatarie, Martina ( nome di fantasia) continuava a cercare i “nonni” acquisiti. E a loro ha lasciato una dolcissima lettera, nella quale manifestava tutto il suo attaccamento, l’amore e la speranza di un futuro insieme. «Vi amo e siete la mia vita», scriveva la ragazzina, che subito dopo il blitz “Angeli e Demoni” era finita in comunità. Sono commoventi e terribili i particolari che emergono dal processo sui presunti affidi illeciti in val d’Enza. L’udienza di ieri si è aperta con un ricordo commosso di Roberto Trinchero, avvocato della dottoressa Nadia Bolognini, scomparso in maniera improvvisa lo scorso fine settimana. Ad esprimere il proprio cordoglio è stata la presidente Sarah Iusto, visibilmente colpita dalla notizia, che ha sconvolto l’intero collegio difensivo, data la stima umana e professionale da tutti tributata al legale.

L’udienza si è snodata attorno a due vicende: la storia di Martina, che era stata data in affido dopo aver chiamato i carabinieri per essere stata lasciata da sola dai genitori, e la vicenda dell’autointercettazione, ormai sempre più contorta.

IL CASO DI MARTINA

In aula, ieri, hanno sfilato diversi testimoni. Mentre ad altri la pm Valentina Salvi ha rinunciato: si tratta dell’assistente sociale del servizio di Reggio Emilia, al quale la bambina era stata affidata in sostituzione del servizio di Bibbiano finito sotto indagine, e della psicologa che aveva seguito la bambina dopo l’allontanamento dalle affidatarie, verificando il suo progressivo peggioramento e le difficoltà a reinserirsi nella famiglia naturale, fino al rischio di tornare in comunità. Una situazione documentata da relazioni - depositate nelle scorse udienze dagli avvocati Andrea Stefani e Valentina Oleari – difensori delle affidatarie di Martina - che avrebbero trasformato quei testi dell’accusa in veri e propri boomerang.

I primi a testimoniare sono stati quattro docenti della scuola media frequentata da Martina nell'anno scolastico 2018- 2019, terminato a fine giugno con gli arresti. I testi avrebbero dovuto riferire circa l’eccessiva “protezione” delle affidatarie nei confronti di Martina, soprattutto rispetto all’uso del computer in classe.

Secondo la tesi dell’accusa, le affidatarie sarebbero state le uniche a denunciare un presunto utilizzo improprio dei pc, a volte utilizzati anche per navigare su siti non adatti ai minori. Ma a segnalare che alcuni alunni accedevano a siti porno erano stati proprio i ragazzi, compresa Martina. Le lamentele da parte delle affidatarie erano avvenute in una chat di classe - depositata in udienza -, dove erano stati diversi i genitori a lamentare l’eccessiva libertà dei ragazzi rispetto all’uso del pc, ma i carabinieri avevano indicato le due affidatarie come uniche a lamentarsi della questione. A testimoniare, ieri, anche la madre di una delle affidatarie. La donna, interrogata per ora solo dalla pm, ha testimoniato la relazione felice tra Martina e le due affidatarie, ma anche con i “nonni”, tanto che dopo l’allontanamento ha continuato a cercarli.

La difesa ha prodotto diverse relazioni sullo stato di Martina, dalle quali si evince il peggioramento della sua situazione dopo l’allontanamento dalle affidatarie. A partire dal rendimento scolastico, che da ottimo risulta completamente stravolto nelle relazioni redatte dagli assistenti sociali di Reggio Emilia, che l’hanno seguita dopo il blitz. La bambina, una volta rientrata a casa del padre, è stata più volte sballottata tra i genitori, al punto di rischiare il ritorno in comunità. E ad oggi, non senza difficoltà, risulta affidata alla madre. «In più di un’occasione, si è rischiato che la minore fosse consegnata ai servizi - si legge in una relazione del 2022 -. È stato necessario richiamare, anche in maniera molto forte, la coppia genitoriale alle loro responsabilità parentali e restituire loro di come queste loro posizioni comportavano in maniera molto forte l'equilibrio psico emotivo della minore».

Il livello di conflittualità tra i genitori «è ancora molto alto» e Martina «viene, purtroppo, troppo spesso non vista, non considerata nelle evoluzioni psichiche». Tant’è che è stata la stessa ragazza a chiedere «di riprendere gli incontri» con la psicologa dell’Ausl. Nel frattempo, dopo essere stata bocciata, ha abbandonato la scuola. La pm ha rinunciato a sentire sia la firmataria di tale relazione, l’assistente sociale Loredana Soldivieri, sia la psicologa dell’Ausl, che compaiono però nella lista testi della difesa. Ultima testimone un’amica delle affidatarie, Marianna Esposito, che ha raccontato del sentimento di affetto molto forte tra Martina e le affidatarie e anche alcuni comportamenti troppo adulti della ragazza, poi sfumati nel tempo durante l’affido. Nel corso degli anni, ha riferito la teste, Martina era «rifiorita», apparendo una «ragazzina felice», tanto da partecipare al matrimonio delle due affidatarie con gioia e trasporto. Circostanze che contrastano non poco con l’accusa di maltrattamento rivolta alle affidatarie

L’AUTOINTERCETTAZIONE

Durante l’udienza di ieri si è discusso ancora della famosa autointercettazione, nella quale si sentono i carabinieri programmare l’invio di audio relativi all’inchiesta. Secondo le difese, a dover ricevere quelle intercettazioni potrebbero essere stati soggetti esterni al processo, ma la pm si è difesa prima sostenendo - con tanto di documento che si trattasse di un invio in procura ( smentito dalla cronologia dei depositi fornita dalla stessa pm in udienza preliminare), cambiando poi versione e sostenendo - con un nuovo documento depositato ieri, che porta la stessa data e che, come l’altro, non è presente nel fascicolo che quelle intercettazioni andassero inviate al Tribunale del Riesame. Ma l’avvocato Oliviero Mazza, difensore insieme a Rossella Ognibene di Federica Anghinolfi (responsabile del servizio sociale), ha replicato sfoderando il codice di procedura. «L’articolo 309 prevede che il pm trasmetta al Riesame gli atti che aveva già posto alla base della richiesta cautelare - ha evidenziato -. Questo vuol dire che non c’era nulla da integrare, non c’erano nuove intercettazioni da unire a quelle che già erano state mandate al gip con la richiesta cautelare. Non ha senso giuridico che il pm dia alla polizia giudiziaria l’incarico scritto di estrapolare ulteriori intercettazioni da mandare al Riesame».

In ogni caso, gli atti al Riesame (ricorso del difensore di Claudi Foti e appello per pm sul capo imputazione appalto affari legali), in quel momento, non avevano alcuna attinenza con le intercettazioni citate dal carabiniere al telefono - «il lupo, i compiti in classe, il sesso con mamma e papà». Che però sono state trasmesse da alcuni programmi tv, andati in onda da luglio a ottobre 2019, come certificato dalla difesa con produzione documentale: nelle case degli italiani rimbombò la viva voce degli indagati, dunque atti coperti da segreto trattandosi delle intercettazioni con la voce originale propria degli indagati. Da qui si profila l'ipotesi della violazione del segreto istruttorio.