È IL PRIMO CASO IN ITALIA. MA HA DOVUTO PAGARE DA SÉ IL MACCHINARO PER INIETTARE IL FARMACO LETALE

È morto ieri mattina Federico Carboni, 44enne di Senigalliam fino a ora conosciuto come Mario. È il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/ 2019 sul caso Cappato- Antoniani.

La vera identità di Mario è stata rivelata dopo la sua morte, come da lui deciso.

Federico è morto nella sua abitazione dopo essersi autosomministrato il farmaco letale attraverso un macchinario apposito, costato circa 5mila euro, interamente a suo carico «Basta scontri ideologici Approvare questa legge è una questione di civiltà»

«Bisogna fare in fretta: l’Italia deve dotarsi di una legge sul fine vita. Lo Stato non può consentire che una persona sia lasciata sola, anche in questa estrema volontà». Ne è convinto Nicola Provenza, deputato del Movimento 5 Stelle e relatore della legge sulla morte volontaria medicalmente assistita approvata lo scorso marzo alla Camera. Soprattutto in una giornata storica per il nostro Paese, una giornata in cui - con il primo caso di suicidio assistito - bussa ancora più forte alle nostre coscienze l’esigenza di colmare il vuoto normativo sul tema.

Federico Carboni, noto come “Mario”, ha vinto la sua battaglia legale: è il primo italiano a chiedere e ottenere l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Ma per aiutarlo a sostenere i costi della strumentazione necessaria, di cui lo Stato non si fa carico, l’Associazione Coscioni ha dovuto promuovere una raccolta fondi.

È la riprova che il testo di legge approvato alla Camera è necessario, e che dobbiamo fare in fretta per approvarlo. Con questa norma le procedure sono affidate a una completa assistenza da parte del Sistema sanitario nazionale, che si deve prendere carico di queste situazioni e deve tutelare i più deboli. Bisogna ricordare, infatti, che in assenza di norme, a pagare sono coloro che sono sottoposti a sofferenze intollerabili, persone indifese e lasciate sole.

Chi invece non ha potuto scegliere legalmente il suicidio assistito è Fabio Ridolfi, morto lunedì scorso dopo aver avviato la sedazione profonda. Una scelta obbligata, come ha denunciato lui stesso, che si è sentito «un cittadino di serie B, ignorato dallo Stato».

In queste parole c’è una verità di fondo. Ma credo che il passo fatto alla Camera con l'approvazione del testo sia una prima pietra su un percorso che deve essere considerato nella sua complessità. Bisogna avere grande cautela nel normare questi temi, e bisogna evitare ogni tipo di scontro ideologico. È fuori discussione che in questa fase la vicenda umana di Fabio Ridolfi abbia portato di nuovo l'attenzione su un tema che a me è molto caro. Bisogna rendere possibile questa opzione, evitando di porre dei paletti eccessivi.

E il testo approvato alla Camera, così com’è, avrebbe garantito un percorso di questo tipo per Fabio?

Il testo pone le basi. Ma il rischio che io pavento, è che nel passaggio da una Camera all’altra, si riapra lo scontro ideologico. Che è l'unica cosa che va evitata in questo momento, perché, per le condizioni date, penso che quel testo fosse il più equilibrato possibile. Frutto di un lavoro lungo e faticoso, e da un certo punto di vista entusiasmante, perché la politica deve interrogarsi su questi temi. E lo deve fare con un senso di responsabilità e una sensibilità che il tempo che viviamo richiede. Bisogna recuperare la centralità del Parlamento.

C’è il rischio che il testo subisca lo stesso destino del ddl Zan?

Da relatore alla Camera, insieme al collega Alfredo Bazoli del Pd, ho cercato di evitare questo clima di scontro quasi pregiudiziale. Proprio per disinnescare queste dinamiche che non fanno bene al Paese, alla politica, e alla dialettica sui temi etici. Utilizzare questi temi per lo scontro politico mi sembra un film già visto.

Marco Cappato dell’Associazione Coscioni ritiene che i requisiti di accesso introdotti siano troppo stringenti, perché finirebbero per discriminare i pazienti che non dipendono da terapie, come i malati di cancro.

Non si può affrontare questo tema prendendo un brandello del testo per volta, dimenticando che quel pezzetto fa parte di un puzzle, di una sintesi che tiene dentro diverse sensibilità. Intanto approviamo questa legge, poi ne vedremo l'applicazione, e mi auguro al più presto.

Ne vedremo i pregi e i difetti, e proveremo a correggerla. Ma fermarsi adesso significa sprecare un’occasione storica.

NICOLA

PROVENZA

DEPUTATO M5S