LA GIORNALISTA DISSIDENTE CHE SCRIVE PER IL DUBBIO

La giornalista era da un mese agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Mosca Con Aveva l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Con lei anche la figlia di 11 anni

Marina Ovsyannikova, collaboratrice da Mosca del Dubbio, è fuggita dai domiciliari. A dare per primi la notizia nel pomeriggio di ieri sono stati i canali Telegram degli organi di informazione indipendenti Mash e Sota. Da quanto riportano i due canali Telegram Ovsyannikova ora rientra ufficialmente tra i ricercati del ministero dell’Interno russo. La giornalista è fuggita con la figlia di undici anni.

Marina Ovsyannikova si trovava agli arresti domiciliari dallo scorso 11 agosto con l’applicazione del braccialetto elettronico. Il prossimo 9 ottobre è prevista una nuova udienza per valutare la sua posizione processuale. È accusata di aver screditato le forze armate russe, dopo aver manifestato nei pressi del Cremlino contro la guerra e l’uccisione di decine di bambini ucraini. Rischia fino a dieci anni di carcere. A denunciare la scomparsa di Ovsyannikova è stato il suo ex marito, Igor Ovsyannikov, anch’egli giornalista della tv di Stato. La misura degli arresti domiciliari applicata poco meno di due mesi fa ha destato molto scalpore. Le immagini di Marina Ovsyannikova con le manette ai polsi, mentre veniva condotta nell’aula di udienza, hanno fatto il giro del mondo. All’esterno del tribunale distrettuale Basmanny di Mosca, ad agosto, si sono radunate decine di persone per esprimere solidarietà alla giornalista dissidente. Quest’ultima al momento del rilascio, prima di entrare nell’auto della polizia che l’ha riaccompagnata a casa, ha rivolto un saluto con il braccio alzato. Marina è stata multata due volte in base alle norme sul discredito dell'esercito russo, entrate in vigore subito dopo l’aggressione ai danni dell’Ucraina.

La scelta, molto rischiosa, di far perdere le proprie tracce è stata di sicuro ponderata a lungo dalla giornalista dissidente. Al momento non si possono fare ipotesi sulla meta finale scelta per vivere libera di esprimere le proprie idee e con l’affetto più caro: quello della figlia.

«Marina - disse al Dubbio il suo difensore Dmitry Zakhvatov, al momento della misura degli arresti domiciliari – è convinta delle sue scelte. Ha espresso ancora una volta il suo pensiero. L’obiettivo adesso è chiedere una riduzione dei domiciliari, puntando ad un abbreviamento della misura restrittiva della libertà. La sua vicenda fa molto riflettere per il livello di disumanizzazione al quale stiamo assistendo negli ultimi tempi in Russia. Si vuole mettere in carcere una madre di famiglia per aver espresso delle opinioni». Ora le strategie processuali sono da rivedere.

Le proteste di Marina Ovsyannikova si sono succedute durante l’estate, dopo il suo ritorno in Russia. Ovsyannikova ha manifestato nelle vicinanze del Cremlino, mostrando un cartello contro la guerra in Ucraina e le foto di alcuni bambini morti durante i bombardamenti. Sul cartello c’era scritto: «352 bambini sono morti. Quanti altri bambini devono morire perché tu smetta?». Chiaro il riferimento al presidente russo Vladimir Putin.

Quello dell’ 11 agosto è stato il terzo arresto subito dalla giornalista. Il primo fermo, che ha fatto conoscere in tutto il mondo l’ex redattrice di Channel One, risale al 14 marzo. Durante il telegiornale serale del canale televisivo russo, Ovsyannikova è comparsa alle spalle della conduttrice, Ekaterina Andreeva, con un cartello contro la guerra e contro Putin. Da quel giorno la sua vita è cambiata. Per alcuni mesi si è allontanata da Mosca. In Germania ha collaborato con il giornale Die Welt. Rientrata nella capitale russa a fine giugno anche per riabbracciare i due figli di undici e diciassette anni, ha iniziato a scrivere per il Dubbio e a far conoscere le storie di tanti dissidenti ai quali si vuole impedire per sempre di esprimere il proprio pensiero su Putin e il putinismo.

Il giorno prima del suo arresto, nel suo articolo dedicato alla “psichiatria punitiva” per reprimere il dissenso, Ovsyannikova scriveva: «Le strutture di potere, in condizioni che potremmo definire di dittatura militare, hanno, ormai, il controllo totale sulla popolazione russa. Ogni dissenso, come ai tempi di Stalin, è severamente represso. Il Cremlino perseguita politici e attivisti che si schierano contro la guerra. E lo fa con l'ausilio di giudici e di psichiatri. Per punire gli attivisti contro la guerra le autorità russe si avvalgono non solo di tribunali controllati, ma anche della psichiatria punitiva. I processi farsa e la psichiatria punitiva finiranno nei libri di storia. Quando il culto di Putin sarà sfatato, tutto questo diventerà un simbolo dell'era totalitaria e dell'illegalità che si consuma nei tribunali controllati, della mancanza di libertà di parola e della negazione della competizione politica». Il Dubbio ha avviato nelle scorse settimane, quando Marina era ancora agli arresti domiciliari, una raccolta firme per chiedere la sua liberazione. Numerosi i firmatari tra avvocati, parlamentari, docenti universitari e giornalisti. Adesso l’auspicio è che la nostra collaboratrice raggiunga quanto prima un posto sicuro per riprendere a respirare l’aria della libertà e a fare il lavoro che ama.