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L’INTERVISTA
Partiamo dall’attualità: lei è andato a spalare fango nei territori colpiti dall’alluvione delle Marche, interrompendo la campagna elettorale. Qual è la situazione nelle zone più disastrate e cosa potevano e dovevano fare le istituzioni per prevenire la tragedia? La situazione è terribile, vite spezzate, case distrutte, economia in ginocchio. Sembrano luoghi dopo i bombardamenti. Cosa si poteva fare? Quando la politica è malata di elettoralismo contano solo le iniziative spot, di breve periodo, quelle più utili per la propaganda. E così si rinviano gli interventi più profondi e più utili. Qui nelle Marche ci sono responsabilità di lungo periodo ma negli ultimi due anni la regione è stata del tutto assente sulle politiche del territorio. Ora danno la colpa all’eccezionalità dell’evento non prevedibile. Ma un conto è la meteorologia, un conto è l’evidenza. Dalle 18 i Sindaci dei territori colpiti chiedevano di intervenire e il Presidente della Regione, impegnato la sera in una cena elettorale ha chiosato, “non potevo essere veggente”, a quanto parte neanche post- veggente. E l’assessore Aguzzi, con delega alla protezione civile, la sera era ancora in campagna elettorale. È un’autocertificazione di inadeguatezza: Aguzzi deve fare un passo indietro. Cosa serve al Pd per ribaltare il claim che lo vede sfavorito rispetto al centrodestra? Su quali temi deve puntare in questi ultimi giorni di campagna elettorale?
La campagna elettorale si chiude oggi. Non sono un esperto, lunedì vedremo quanto avrà funzionato la polarizzazione. Girando per comuni grandi e piccoli, aziende e associazioni c’è un rifiuto rabbioso per il “bla bla della politica per punti”, per evocazioni sorde. Nessuno ci casca più. Serve dare un segnale forte verso il futuro che vada oltre domenica. La consapevolezza e il coraggio, comunque vada, di gruppi dirigenti che si occupino della ricostruzione della fiducia dei lavoratori, dei pensionati, degli ultimi per cui la sinistra deve tornare a incarnare la speranza di un mondo più giusto. Il lavoro, l’innovazione e la questione sociale non si possono appaltare a Conte.
Il terzo polo potrebbe rubare dei voti al centrosinistra e lei stesso era uno dei nomi come possibile candidato nelle liste di Calenda: pensa che sia possibile una rappacificazione dopo il voto?
Guardi, io considero un grave errore, aver rotto l’accordo Pd + E Azione, Calenda ha sbagliato, peraltro bisognava far cadere altri veti, bisognava mettere insieme tutti quelli che hanno sostenuto Draghi fino alla fine. Era stato esplicitato da Letta che l’accordo con Europa Verde e Sinistra Italiana era elettorale e quello con Azione, politico sulla base di un testo di 4 pagine molto importanti. Gli uninominali del Centro Italia che erano contendibili dopo la rottura, sono stati, da subito, in tutti i sondaggi, assegnati alla destra.
Il Pd è insediato a sinistra dal Movimento 5 Stelle, che soprattutto al Sud è in netta risalita e potrebbe contendere alcuni collegi che sembravano ormai certi per la destra. È un problema o un’opportunità, magari guardando anche al dopo voto? Il combinato legge elettorale e taglio dei parlamentari è stato un capolavoro di insipienza. Chi consiglia Giuseppe Conte, gli ha fatto capire le regole della politica più deteriore: che la coerenza e il consenso non sempre camminano insieme e che le promesse e le illusioni sono mascalzonate che nel breve funzionano. Tuttavia, attenzione, guai a dire che il sud è grillino, anche se tornerà primo partito, rappresenterà comunque un elettore su quattro. Avete visto il candidato di Forza Italia che ha proposto il condono edilizio per tutti? Confondere tutto il sud con l’assistenzialismo è un errore, al contempo scontiamo anni in cui in nome di un finto neo- meridionalismo si sono buttati tanti soldi che allo sviluppo del sud non sono mai arrivati. Il grande equivoco che vede in Conte un leader progressista e di sinistra è un bluff. È una posizione strumentale di chi ha sempre visto nell’alleanza con i 5 Stelle non tanto un modo per agevolare la loro maturazione, ma uno strumento per costruire maggioranze con lo scopo unico di avere incarichi di Governo a prescindere dal consenso. Quel che è peggio è stato appaltare ai populisti la questione sociale. C’è una grande differenza tra il vedere i poveri come un “bacino elettorale” e costruire un paese a misura degli ultimi perché essi rappresentano la pietra angolare del riscatto di tutto il paese. L’altro errore è scatenare la guerra sul reddito di cittadinanza che invece va confermato ma cambiato per evitare abusi e costruire politiche attive ad oggi sulla carta. Data la crisi energetica, i temi dell’economia e del lavoro sono stati centrali in questa campagna elettorale: cosa serve al paese per evitare la chiusura di decine di migliaia di aziende in autunno con relativi problemi per le famiglie? Bisognava far arrivare il governo Draghi alla primavera del 2023. Ora tetto europeo del prezzo del gas a 160 euro, intervento europeo per la modifica del meccanismo di formazione del prezzo per i prodotti energetici. Disaccoppiamento prezzo elettricità e gas. Canone sociale per le famiglie a basso reddito, credito d’imposta alle aziende fino al 50 per cento. Smontare urgentemente la burocrazia attorno agli iter per la realizzazione degli impianti di energie rinnovabili e velocizzazione dello snellimento delle pratiche in Gse e per gli allacci. Dobbiamo ridurre la dipendenza dalla Russia e rapidamente, più in generale, quella dalle fonti fossili. Non abbiamo una strategia nazionale sull’energia perché la politica è ostaggio dei comitati del no a tutto. Serve una democrazia più “operativa” che si assuma il coraggio e la responsabilità di scegliere. In questa legislatura non si è riusciti ad approvare una legge sull’equo compenso per i professionisti, spesso sottopagati sia dalla pubblica amministrazione che dai privati: crede sia opportuno arrivare in tempi brevi a una norma che li tuteli? Ho trovato molto grave la decisione del parlamento di non votare l'equo compenso. Mi occupo del lavoro da decenni, so bene le difficoltà che vivono anche i giovani professionisti. C'è una vera questione sociale che attraversa le nostre professioni. Per questo credo che la politica debba trovare il modo di tutelare i redditi di avvocati e di tutto il mondo del lavoro intellettuale.