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È un clima di tensione, quello che si respira al Csm. Un clima alimentato da mail e resoconti, finalizzati a chiarire posizioni e replicare alle indiscrezioni pubblicate sui giornali, a partire dalla notizia di “riunioni” a Palazzo dei Marescialli durante le quali le varie correnti incontrano referenti esterni al Consiglio, per stabilire le strategie. A smentire tale circostanza, finora, è stato solo il gruppo di Unicost, che ha inoltrato ai propri associati un report per replicare alle accuse di chi, come l’indipendente Andrea Mirenda, ha intravisto, negli ultimi voti in Consiglio, il mantenimento delle vecchie logiche correntizie, al punto di parlare di «metodi massonici» dietro le scelte che riguardano nomine e conferme negli incarichi. Oggetto della polemica sono state le conferme di due incarichi, quello di Vittorio Masia, capo del tribunale di Brescia, e quello di Marilena Rizzo, presidente del Tribunale di Firenze, entrambi di Unicost, la corrente che fu di Luca Palamara. Le due toghe si rivolgevano a lui, all’epoca ras indiscusso delle nomine, per discutere delle nomine che riguardavano i rispettivi territori, usano spesso espressioni deontologicamente discutibili, come «è dei nostri» o «me la tolgo dalle palle». Per entrambi si era aperto un procedimento disciplinare conclusosi in modi differenti: nel caso di Masia con la censura, in quello di Rizzo con l’archiviazione per “scarsa rilevanza” del fatto. Due pratiche sulle quali Mirenda, ormai assurto al ruolo grillo parlante del consiglio, si era astenuto in commissione (votando poi contro la conferma per Rizzo in plenum, dove era assente, invece, nel caso di Masia), evidenziando come i due si fossero «dedicati ad influire occultamente e abusivamente sulle procedure di nomina/conferma del Csm». La loro conferma, per il magistrato indipendente, sarebbe dunque la prova di un “innovativo” orientamento del Csm: le qualità etiche non contano più, ciò che conta è la positiva attività dirigenziale del magistrato. Un “privilegio” che, però, non vale per tutti, come testimonia il caso di Emilio Sirianni, ex presidente di sezione presso la Corte d’appello di Catanzaro, anche lui assolto in disciplinare e in penale ma “punito”, in sede di riconferma, per i commenti poco lusinghieri sul procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri espressi al telefono con l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. I membri di Unicost in consiglio, Marco Bisogni, Roberto D’Auria, Michele Forziati e Antonino Laganà, non ci stanno però a finire nel calderone del correntismo degenere. Da qui il report, una sorta di “chiarimento”, anche in vista di «conferme “problematiche”» attese dopo l’estate. Nessun “colpo di spugna” alla vicenda delle chat, affermano i quattro, secondo i quali le vicende di Masia e Rizzo sarebbero state strumentalizzate. «Il giudizio sulle chat e sulle raccomandazioni di corrente è sempre lo stesso», spiegano ai colleghi. Ma se le chat hanno «rilievo molto significativo nelle procedure di conferimento degli incarichi direttivi», lo stesso non vale per le conferme, «dove entrano in gioco parametri del Tu diversi». Insomma, stesso lavoro, stessi prerequisiti etici, ma regole diverse, in base alle quali è possibile fare scelte difformi. A sostegno di tale tesi Unicost richiama la giurisprudenza amministrativa, che ha annullato diversi provvedimenti, ma solo perché le chat erano state considerate elemento prevalente per il giudizio. Il principio applicato da Unicost nelle scelte è, dunque, quello di confrontare le capacità organizzative con il quadro emergente dalle stesse chat, cercando dunque «di valutare il caso concreto applicando le regole». A “salvare” Masia, dunque, il fatto di essersi occupato, nelle sue discussioni con l’ex presidente dell’Anm, di «colleghi di diversi gruppi su cui esprimeva sostanzialmente giudizi positivi», condotte risalenti nel tempo e sulle quali lo stesso Masia, in sede di audizione, avrebbe fatto mea culpa. Per quanto riguarda Rizzo, invece, «la collega era stata addirittura assolta in disciplinare per la scarsa rilevanza del fatto» e in ogni caso «la comparazione delle chat con l’attività svolta come dirigente (da tutti ritenuta eccezionale) ci è parsa subvalente».
Ciò non toglie, però, la necessità di modificare il Testo unico, «una coperta che si può tirare dalla parte che si preferisce e il sistema delle fonti di conoscenza, per come è strutturato, è spesso insufficiente anche ad intercettare situazioni molto critiche». Poi l’attacco a Mirenda, accusato di ipocrisia per essersi “scandalizzato” «per la circostanza che, come consiglieri, riceviamo informazioni dagli uffici e noi tutti ne portiamo nelle discussioni dai nostri distretti di provenienza». Un’abitudine “concessa” anche dalla sezione disciplinare in una pronuncia su uno dei filoni del caso Palamara e che «con i voti di corrente o con le raccomandazioni non c’entra». Una sentenza «autoassolutoria», ha però evidenziato Nicola Saracino, consigliere della Corte d’Appello di Roma. Sentenza «evidentemente sbagliata, perché evoca metodi massonici, cioè introduce dati e fonti di conoscenza riservati solo ad alcuni componenti di organo collegiale e mai ostesi nelle relative deliberazioni». Insomma, «puro e deplorevole dossieraggio», lo stesso avvertito da Mirenda, secondo cui si tratta di un «metodo occulto e para massonico», che «inquina il procedimento decisorio, sovente per azzoppare malvagiamente qualcuno, senza che poi il tapino, ignaro di tutto, possa difendersi». Masia, ha sottolineato il togato indipendente, è un «magistrato censurato e, dunque, di regola “non confermabile“, alla luce di linearissima ricostruzione sistematica dell’istituto» e «a nulla servono le mille parole spese dai laudatores nel tentativo di dare senso e sostanza a ciò che è semplicemente riprovevole eticamente e giuridicamente». Una delibera non solo «grottesca», ha evidenziato, ma che «si inserisce nel nitido trend del “liberi tutti”, in termini di lucida restaurazione di quell’ordine correntocratico che, per il suo agire occulto e parallelo, finisce per assumere sentori e “nuances” latamente massonici. Un sistema che si è, dunque, ricompattato nelle sue linee strategiche».