IL CORSIVO

Per politici e media è la natura che si “ribella” Gli scienziati però hanno molte meno certezze

Fa impressione ascoltare il misurato e razionalista Mario Draghi mentre promette agli italiani che una tragedia come quella della Marmolada «non si ripeterà mai più», evocando poi non si sa quali miracolosi interventi del suo governo.

Certo, il presidente del Consiglio stava rivolgendosi ai parenti delle vittime in un contesto in cui le emozioni e il dolore prevalgono sulle analisi e le spiegazioni, e un leader politico deve saper interpretare e accompagnare anche gli umori della propria comunità.

Cio non toglie che le parole di Draghi sono la spia perfetta del dibattito sconclusionato e fanatico che da qualche giorno ha riportato l’emergenza climatica sulle prime dei giornali. Con la gran parte dei media e della classe politica italiana che non nutre dubbi sul responsabile: le attività umane, l’inquinamento antropico che sarebbe ala base del riscaldamento globale. Questa certezza esibita a poche ore dai fatti, basta attivare il pilota automatico e settarlo sulla modalità apocalittica.

Con punte sublimi, come il direttore de La Stampa Massimo Giannini convinto che il seracco della Marmolada fosse dotato di vita propria: «È la natura che si ribella contro di noi!», dice con piglio new age in un coversazione con Concita De Gregorio.

E tutto viene mescolato, sovrapposto, associato a caso allo scopo individuare un’unica causa responsabile di tutti i mali: così lo scioglimento delle calotte polari e la caduta di un costone delle Dolomiti sono fenomeni equivalenti, figli della stessa scellerata cupidigia umana. È una narrazione emozionale, approssimativa, grossolana, che al massimo serve a far vendere qualche copia e a rassicurare qualche elettore. Ma di preciso cosa dicono gli scienziati?

Che stiamo ovviamente attraversando una fase di global warming, la riduzione dei ghiacciai e l’aumento della temperatura sono fatti innegabili. Ma, a differenza dei nostri politici e dei nostri giornalisti non possono vantare alcuna certezza sulle cause del riscaldamento. E non citano i rapporti del Ipcc delle Nazioni Unite come verità scolpite nel marmo: «Sono solo scenari non previsioni sulle quali basare il destino dell’umanità» si stupisce il professor Franco Prodi fisico del clima, e autentica autorità nel suo campo: «Il ritiro dei ghiacciai ha un andamento ciclico, viviamo un periodo di riscaldamento che è un fatto naturale, non è possibile quantificare con serietà scientifica la componente antropica».

In altre parole questione ambientale è una cosa seria da affrontare con strumenti seri, possibilmente quelli della logica. Una questione che ormai coinvolge centinaia di governi: tra il primo protocollo di Tokyo e gli accordi di Parigi passano 25 anni, in quel lasso di tempo la coscienza sui rischi dell’inquinamento da C02 è ormai diffusa a livello planetario, molti paesi hanno preso impegni concreti per la riduzioni delle emissioni di gas serra, comparti del capitalismo globale come quello dell’automobile investono da anni nelle ibride con la prospettiva di abbandonare il motore a scoppio nei prossimi decenni. Anche le compagnie aeree progettano velivoli che consumino e inquinino di meno.

Si potrebbe fare di più e si dovrebbe farlo più in fretta. Ma il populismo climatico non aiuta certo questa battaglia.

MARMOLADA I CREPACCI DEL GHIACCIAIO DI PUNTA ROCCA VICINO A CANAZEI

LUCA BRUNO