L’Ue non ha nulla da temere: nessun passo indietro dell’Italia nella lotta alla Corruzione. A dirlo è il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, che dopo l’intervista del commissario Ue Didier Reynders a Repubblica sui rischi derivanti dall’abolizione dell’abuso d’ufficio prova a tranquillizzare tutti: «Nella lotta contro la corruzione non cambia assolutamente nulla», spiega. Un concetto già chiarito dal ministro Carlo Nordio allo stesso Reynders poco meno di un mese fa, quando illustrando il suo ddl aveva evidenziato l’esistenza di 17 fattispecie per i reati contro la pubblica amministrazione. Il governo, dunque, procede dritto sulla propria strada. E il viceministro ci tiene a sgomberare il campo da qualsiasi dubbio su possibili frizioni con la magistratura: «Nessuno scontro, il Paese non può permetterselo», sottolinea. Ma per scrivere le riforme serve anche il contributo dell’Accademia e dell’avvocatura, che Sisto, parlando di intercettazioni, rassicura: «Le conversazioni tra avvocato e assistito sono sacre».

Il commissario Ue Reynders, in un’intervista a Repubblica, si è detto preoccupato per l’abolizione dell’abuso d’ufficio, dimostrando timori in merito alla lotta alla corruzione. Cosa risponde a queste affermazioni? Cambia qualcosa per la lotta contro la corruzione?

Assolutamente no. La scelta del ministero e del governo è stata ponderata e lungamente. I numeri sull’abuso d’ufficio dimostrano che nel nostro Paese è una norma che, con oltre il 93 per cento di assoluzioni favorevoli agli indagati, provoca solo danni agli amministratori, e di duplice tipologia. Il primo danno, diretto, è nei confronti di chi è costretto ad essere iscritto inutilmente nei registri della procura, spesso per anni, per essere poi prosciolto; e nel frattempo subisce le conseguenze del processo mediatico, con ricadute inevitabili sul piano personale e politico. Il secondo effetto patologico della persistenza dell’abuso d’ufficio può definirsi indiretto: il pubblico amministratore, politico o dirigente che sia, è costantemente affetto dalla “paura dell’atto lecito”, sindrome che paralizza le procedure amministrative sia nei tempi, sia nei risultati. Conseguenza è che il cittadino da questa fobia giudiziaria della Pa è spesso irreparabilmente danneggiato nel giusto ottenimento dei suoi diritti.

Alla Camera è partito l’esame del ddl sulla prescrizione, ma voci interne alla maggioranza fanno sapere che Nordio ha intenzione di fare così come ha fatto con l’abuso d’ufficio, presentando un proprio ddl e “scavalcando” di nuovo i lavori parlamentari. Si rischia uno scontro?

Il governo è sempre molto rispettoso dei percorsi parlamentari e da sempre cerca di tenerli nella debita considerazione procedimentale: nessuno scontro, neanche ipotetico. Nel rispetto sostanziale delle prerogative di ciascuno, i percorsi legislativi saranno protagonisti assoluti del buon fine delle riforme.

Sul piatto ci sono molti argomenti: il sottosegretario Delmastro, dalla festa dei giovani di FdI, ha rilanciato la separazione delle carriere assicurando che si farà, inoltre in Commissione Giustizia al Senato si discute di sorteggio temperato per i togati del Csm, con i primi scontri con Pd e M5S, pronti alle barricate. Si va allo scontro con la magistratura?

Nessuno scontro, meno che mai con la magistratura, il Paese non può permetterseli. Un dato è certo però: si discute, ci si confronta, si verificano le rispettive opinioni, ma poi è il Parlamento che deve decidere in ossequio a quanto nell’articolo 101 della Costituzione per cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Com’è il clima tra le due parti, dopo le polemiche sul ddl Nordio?

Dobbiamo necessariamente collaborare nel rispetto delle prerogative di ciascuno, non tralasciando la “chiamata in garanzia” dell’avvocatura e dell’Accademia. Ai guastatori, agli arruffa popolo desiderosi di spaccature rispondo: “go home”.

Altro tema quello delle intercettazioni: dopo la vicenda Santanché notizie di stampa rilanciano la stretta a tale strumento, che però, stando a Bongiorno, non si tocca. Il governo che direzione prenderà?

Sia chiaro una volta per tutte: le intercettazioni sono uno strumento di indagine ineliminabile. Il ministro Nordio, come più volte dichiarato, intende però evitare che diventino una consuetudine senza il doveroso bilanciamento con la presunzione di non colpevolezza e il diritto alla riservatezza.

Su questo tema si è conclusa l’indagine conoscitiva in Commissione Giustizia. Tra le questioni affrontate anche la tutela della segretezza delle conversazioni tra avvocato e assistito. Si faranno passi avanti, dopo gli abusi degli ultimi anni e le violazioni del diritto di difesa?

Le conversazioni tra avvocato difensore e cliente devono essere considerate sacre, preservate da ogni intromissione che non sia rigorosamente indispensabile. I divieti di utilizzazione previsti dal codice di rito non ritengo possano essere sfiorati. È invece utile chiedersi se non sia necessario ipotizzare strumenti di rafforzamento per la tutela di qualche insostituibile presidio.