Luciano Canfora, docente emerito di Filologia greca e latina all’università di Bari, dovrà affrontare un processo con l’accusa di diffamazione nei confronti di Giorgia Meloni. La giudice del tribunale di Bari, Antonietta Guerra, nel pomeriggio ha disposto il suo rinvio a giudizio «rilevato che è necessaria una integrazione probatoria approfondita, incompatibile con l’udienza predibattimentale».

La prima udienza si svolgerà il 7 ottobre davanti al tribunale del capoluogo pugliese in composizione monocratica. Il difensore Michele Laforgia aveva chiesto di prosciogliere l’imputato perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato o perché non punibile per l’esercizio del diritto di critica politica. La premier si è costituita parte civile e ha chiesto un risarcimento danni di 20 mila euro.

Lo storico e filologo è stato denunciato dalla premier per diffamazione per alcune frasi pronunciate nell’aprile 2022, quando la stessa leader di Fratelli d’Italia era parlamentare: a Canfora viene contestata l’aggravante di aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. 

Le frasi “incriminate” vennero pronunciate nel liceo scientifico Fermi di Bari di fronte a una platea di 150 studenti più altri 100 collegati in video conferenza, durante un incontro sulla guerra tra Russia e Ucraina. Canfora, in un passaggio sui neonazisti ucraini, parlando della leader di FdI disse che era «una poveretta» e che «di solito è trattata come una mentecatta pericolosissima» e «neonazista nell’anima».

Secondo l’avvocato di parte civile Luca Libra del foro di Vercelli, Canfora «senza giustificazione alcuna, ha leso l’onore, il decoro e la reputazione della persona offesa, onorevole Giorgia Meloni, aggredendo, vieppiù la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita, utilizzando volgari epiteti, imprevedibili ed estemporanei, che hanno seriamente minato la sfera intima e privata, oltre al patrimonio morale e personale della stessa persona offesa». Le parole pronunciate dal docente universitario, conclude l’avvocato Libra, sono «assolutamente e pacificamente estranee rispetto al tema oggetto dell’incontro», costituendo perciò «condotta illecita». 

«La premier sarà sicuramente chiamata a deporre in aula», ha spiegato l’avvocato Michele Laforgia. «Era esplicito anche nella nostra difesa - ha aggiunto l’avvocato - che se avessimo dovuto approfondire il tema del “neonazismo nell’animo” nel merito, sarebbe stato necessario sentire la persona offesa dal reato, il querelante, acquisire una massa importante di documenti biografici, bibliografici, autobiografici, che ovviamente non si possono acquisire in un’udienza preliminare o pre dibattimentale, che invece vanno acquisiti nel dibattimento del contraddittorio delle parti che è la sede naturale». E ha concluso: «Poi io resto convinto che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare, non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo quando dall’altra parte c’è un potere dello Stato, perché il presidente del consiglio è un rappresentante di un potere dello Stato, ma questo appartiene ad una sfera che non appartiene solo a quella giuridica naturalmente, neanche solo giudiziaria».