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Mimmo Lucano durante la seduta plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, Mercoledì, 17 Luglio 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Mimmo Lucano during the plenary session of the European parliament in Strasbourg, Wednesday, July 17, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
«Non candidabile». Continua l’accanimento contro Mimmo Lucano, ancora una volta stroncato - almeno per ora - dalla Legge Severino. Dopo la decadenza stabilita dal Tribunale di Locri, ora sospesa per via dell’impugnazione da parte del primo cittadino, è arrivato ora anche un nuovo provvedimento, firmato da due diversi Tribunali: quello di Reggio Calabria e quello di Cosenza. Secondo le due corti, il sindaco sarebbe incandidabile alle elezioni regionali dei prossimi 5 e 6 ottobre a causa della condanna definitiva per falso, unico residuo del maxiprocesso “Xenia”, crollato in maniera inesorabile.
Secondo l’articolo 7, lettera d), del decreto legislativo 235/2012, è ineleggibile chi è stato condannato in via definitiva a una pena superiore a sei mesi per delitti commessi con abuso di potere o violazione dei doveri d’ufficio. Nel caso di Lucano, i giudici d’appello, nell’annullare quasi interamente la sentenza di primo grado (che lo condannava a 13 anni e 2 mesi), hanno però inflitto una condanna a 18 mesi (pena sospesa) per falso ideologico relativo ad una determina. Lucano, infatti, è stato condannato, in qualità di sindaco, per aver attestato falsamente di aver effettuato controlli sui rendiconti necessari all’erogazione dei finanziamenti per i progetti Cas, pur essendo stato assolto da tutte le altre imputazioni. Quei rimborsi, comunque, non li ha mai ricevuti, a fronte di spese realmente sostenute per l’accoglienza. Si tratta, pertanto, di un atto rimasto un semplice foglio di carta, senza effetti pratici sulle casse dello Stato. Ma per i giudici «la condotta criminosa che ha portato alla condanna» costituirebbe «ictu oculi l’abuso dei poteri certificatori connessi alla sua posizione di pubblico ufficiale» e il richiamo all’articolo 479 del codice penale - il falso ideologico, appunto - sarebbe sufficiente.
Per i suoi avvocati, Andrea Daqua e Giuliano Saitta, l’applicazione della legge Severino è consentita sulla base di due condizioni: l’entità della condanna e l’accertamento di un abuso. Quest’ultima valutazione, ricordano, spetta solo al giudice penale, come ribadito da un parere del ministero dell’Interno del 2020. Nel caso di Lucano, né la Corte d’Appello né la Cassazione hanno mai menzionato l’abuso di potere, e la stessa sentenza d’appello ha cancellato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Questo significa - spiegano i legali - che i giudici hanno escluso l’elemento necessario per applicare la norma. Una lettura che sembra essere stata condivisa anche dai giudici di Cosenza, che hanno infatti convalidato la candidatura dell’europarlamentare di Avs, oggi in corsa in Calabria a sostegno di Pasquale Tridico.
«A mio avviso - spiega al Dubbio Daqua - la decadenza, così come l’incandidabilità, sono infondate: serve una condanna definitiva per un reato commesso con abuso di potere, cosa che nel caso di Lucano non c’è. Altrimenti, il legislatore avrebbe inserito questo reato nell’elenco di quelli che comportano la decadenza, ma non l’ha fatto. E poi rimane la questione principale: il giudice penale non ha contestato l’abuso di potere, cosa che si evince anche dal fatto di non aver disposto l’interdizione». Lucano ha impugnato la decisione dei giudici entro le 24 ore previste. E l’amarezza è tanta.
«Qualsiasi cosa io possa dire rischia di sembrare un luogo comune, o magari un pretesto per attirare l’attenzione – commenta Lucano al Dubbio –. Ma non dipende da me. Quello che posso dire è che c’è un filo conduttore: parte dalla vicenda penale e dall’azzeramento dello Sprar a Riace, che era l’unica realtà capace di dimostrare concretamente che l’accoglienza nelle cosiddette aree interne — viste dalle destre come un problema — poteva invece essere la soluzione. Un’occasione per far rinascere i paesi. Questo teorema è stato considerato pericoloso dalla destra, in Italia e in Europa. E proprio lì è avvenuto il ribaltamento: l’esperienza di Riace, che poteva essere l’unica occasione concreta di riscatto, è stata trasformata in un bersaglio. È inaccettabile, e continua ad esserlo».
Un teorema smontato dai giudici penali — che hanno sancito con sentenza irrevocabile che l’accoglienza non era una truffa né un inganno —, ma che resta utile, con le sue scorie, a inquinare quel racconto. «Perché sempre io? Perché sempre Riace? – si chiede ancora Lucano –. La risposta sta nel fatto che, a livello elettorale, quell’esperienza si è tradotta in un sostegno reale da parte delle persone che hanno visto e toccato con mano cosa abbiamo costruito. Il filo conduttore è lo stesso: eliminare chi rappresenta, secondo la destra, un pericolo per l’ordine che vogliono imporre. Questo sì che lo voglio dire. Ma non faremo passi indietro. Vedremo insieme, con tutte le persone che sono accanto a me, come ridare ancora una volta speranza alla Calabria».
Ferma la reazione del segretario regionale di Avs Fernando Pignataro. «A Cosenza in un primo momento avevano accettato il verbale senza ricusazione – ha commentato – poi hanno acquisito il materiale dallo Stretto. Noi faremo una conferenza stampa sabato a Lamezia Terme con Pasquale Tridico, Nicola Fratoianni e Davide Bonelli in cui presenteremo le liste del partito. La figura di Mimmo Lucano è parte integrante delle liste, perché pensiamo che sia fuori da ogni buon senso che un rappresentante italiano a Bruxelles non possa candidarsi nella sua regione. Abbiamo presentato ricorso a Reggio e anche a Cosenza. Nei confronti di Mimmo siamo al teatro dell’assurdo, alla penalizzazione di una persona che nella sua vita ha avuto solo l’intento di fare bene anche sfidando i codici. La sua esclusione è un atto politico. Mimmo resta una personalità di spicco di questa regione e siamo fiero di averlo al nostro fianco».