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PIERANTONIO ZANETTIN POLITICO
Sono tempi in cui si teme una “robotizzazione” della giustizia. Più chiaramente: se non fosse calibrato con la necessaria prudenza, l’impatto dell’intelligenza artificiale sui processi, in ambito civile ma anche penale, potrebbe rivelarsi devastante. Non solo e non tanto per gli errori tuttora “congeniti” nei responsi dell’algoritmo, ma soprattutto per il rischio di “schiacciare” avvocati e magistrati sulla mera adesione al precedente giurisprudenziale. È una deriva legata anche alla sempre più frequente tendenza delle Corti, e della Cassazione in particolare, a dichiarare inammissibili i ricorsi, e a esporre così i difensori a possibili azioni di rivalsa del cliente. Ed è da uno scenario così insidioso per la professione legale che nasce la proposta di legge presentata da Pierantonio Zanettin, capogruppo Giustizia di FI al Senato, e licenziata tre giorni fa in commissione: un testo breve che limita appunto ai casi di dolo e di colpa grave la responsabilità dell’avvocato. Il testo (attualmente “censito” come “Atto Senato 745”) completa l’articolo 3 comma 2 dell’attuale legge professionale forense con un principio semplice è chiarissimo: “Per gli atti e i comportamenti posti in essere nell’esercizio della professione l’avvocato risponde dei danni arrecati con dolo e colpa grave; non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto”.
A metà giugno, a partire da lunedì 9, il provvedimento approderà nell’aula di Palazzo Madama per la discussione generale e l’eventuale approvazione in prima lettura. Si tratterebbe di un passo avanti importante nella concreta tutela della funzione difensiva. «Ed è importante che la proposta sia stata condivisa, quanto meno rispetto ai princìpi, anche da parte delle forze d’opposizione», dice Zanettin al Dubbio. Martedì, nella seduta della commissione Giustizia in cui è stato approvato il mandato al relatore Sergio Rastrelli, senatore di Fratelli d’Italia, hanno espresso apprezzamento per la modifica anche i capidelegazione del Pd, Alfredo Bazoli, del Movimento 5 Stelle, Ada Lopreiato, e di Italia viva, Ivan Scalfarotto. «Il ddl è condivisibile in particolare nel momento in cui propone di perimetrare efficacemente la responsabilità in capo alla figura professionale dell’avvocato, di circoscriverla al dolo e alla colpa grave e di precisare le norme anche ai fini delle decisioni giurisprudenziali», ha detto Bazoli. Il quale però, come gli altri senatori di opposizione, ha scelto di astenersi, nel voto sul mandato al relatore, per i rischi connessi alla «configurazione di una totale assenza di responsabilità in relazione all’interpretazione delle norme, dalle quali potrebbe derivare anche un grave danno in capo alla persona assistita».
Ma sembrano obiezioni non decisive, visto che tutti hanno ritenuto comunque necessario introdurre, finalmente, dei limiti chiari alla responsabilità professionale in ambito forense. «Le più recenti modifiche alla procedura, in particolare nel civile, e appunto l’orientamento della Cassazione sulle inammissibilità dei ricorsi, hanno accresciuto i rischi, per l’avvocato, di subire azioni da parte dei clienti», ribadisce Zanettin. «Così ci è parso necessario assimilare i limiti della responsabilità professionale degli avvocati ai criteri con cui è circoscritta la responsabilità civile dei magistrati: si risponde solo per dolo o colpa grave, e si esclude la possibilità di rivalse per motivi legati all’interpretazione delle norme. È il solo aspetto sul quale si è registrata una divergenza, in commissione, fra noi della maggioranza e gli altri partiti, ed è il punto», ricorda il capogruppo Giustizia di Forza Italia, «che ha indotto ad astenersi anche chi, come il collega Bazoli del Pd, si è detto in linea generale d’accordo con la mia proposta. D’altra parte io credo che salvaguardare gli avvocati dal rischio di dover rispondere per l’interpretazione di una norma sia utile», spiega Zanettin, «perché altrimenti i difensori finiscono per appiattirsi sul consolidato giurisprudenziale, con la conseguenza di una dialettica meno feconda fra avvocatura e magistratura. Finiremmo per cristallizzare l’interpretazione delle norme, e per creare un atteggiamento iperdifensivo, in un certo senso, da parte dei legali, che tenderebbero a preservare innanzitutto loro stessi dal rischio di una causa intentata dal cliente per l’eventuale interpretazione difforme dai precedenti proposta dall’avvocato rispetto a una certa norma. E attenzione: si tratta di un pericolo rispetto al quale hanno cercato di metterci in guardia gli autorevoli interlocutori che abbiamo sentito durante le audizioni, a cominciare dal Consiglio nazionale forense e da giuristi come Guido Camera».
La rapidità con cui Palazzo Madama ha trovato una sintonia fra gli schieramenti rispetto alla proposta Zanettin conferma d’altronde la convergenza del Parlamento rispetto al rilievo della funzione difensiva: da qui potrebbe davvero derivare un impegno bipartisan sulla stessa riforma dell’avvocato in Costituzione. I cui principi di libertà nell’esercizio della difesa sono realizzati, almeno in parte, già da questa riforma della responsabilità professionale.