IATTESI IN ITALIA TRA SABATO E DOMENICA

Torneranno a casa nella giornata di oggi. La soddisfazione del governo e dei familiari Ma dall’opposizione insorgono Salvini e Meloni: «Gestione indecente del sequestro»

Dopo 107 giorni di prigionia tornano liberi i pescatori di Mazara del Vallo finiti nelle prigioni di Bengasi, nella zona della Libia controllata dal generale Kalifa Haftar. A darne l’annuncio ieri mattina sono stati il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che sono poi volati verso il paese nordafricano per riportare indietro i marittimi.

Il sequestro era avvenuto la sera del 1 settembre, nelle mani degli uomini di Haftar erano finiti così 18 pescatori ( otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi). partiti da Mazara a bordo delle imbarcazioni Antartide e della Medinea. Da allora era calato il silenzio sulla loro sorte, nessun contatto, nessuna foto e tantomeno uno sviluppo della situazione per aggiornare i familiari sulla loro sorte.

«Siamo disperati e io ho davvero paura che qualcuno possa perdere la testa, ci continuano a dire che stanno bene, ma noi siamo preoccupati anche per la tenuta psicologica» aveva fatto sapere ai mezzi di informazione la signora Calandrino. moglie di uno dei sequestrati.

Proprio la mobilitazione dei parenti ha conferito alla vicenda molta visibilità mediatica e ha accelerato le iniziative diplomatiche portate avanti nelle ultime settimane per la liberazione dei pescatori. Il compito è stato affidato ai servizi dell’Aise che nelle ultime settimane hanno intensificato i colloqui con le autorità di Bengasi per poi giungere alla svolta di ieri.

Sia Di Maio che Conte hanno rimandato naturalmente i loro impegni istituzionali compreso l’attesissimo il faccia a faccia con Renzi. L’opposizione però non ha perso tempo per cannoneggiare il governo. «Oggi sono 108 giorni dal sequestro, con comodo...» ha commentato sarcasticamente Matteo Salvini. Sullo stesso piano del leader leghista la guida di FdI Giorgia Meloni: «Sono contenta, ma non la considero una vittoria della diplomazia italiana e della politica italiana, perché 108 giorni per liberare 18 pescatori perfettamente innocenti che pescavano in acque internazionali, sono un'enormità, è stata una gestione indecente del sequestro».

Infatti i libici avevano accusato i pescatori italiani di aver oltrepassato acque territoriali che ritengono essere sotto la loro giurisdizione. Ciò sarebbe stabilito dalla convenzione che prevede l’estensione di una zona economica da 12 a 74 miglia. A questo il governo di Bengasi ha aggiunto un’latra accusa e cioè quella del traffico di droga.

Altre informazioni, sebbene non confermate dalle autorità italiane, parlano di una richiesta di scambio di prigionieri. Quelli libici sarebbero quattro calciatori ritenuti degli scafisti e finiti agli arresti nel nostro paese durante un tentativo di attraversamento del mediterraneo in cui morirono 49 migranti.

Sullo sfondo delle schewrmaglie diplomatiche rimane in ogni caso la situazione di guerra civile latente che affligge la Libia. Un conflitto che influenza non poco le nostre relazioni con il paese nordazfricano.

Nello scontro intestino che oppone Tripoli a Bengasi infatti l’Italia riconosce ufficialmente soltanto il governo di Serraji, non avendo rapporti con l’entità governata da Haftar, e in tal senso il sequestro dei pescatori potrebbe anche essere stata una forma di rivalsa o di pressione su Roma. Non a caso all’inizio di dicembre l’Italia ha siglato con il Governo di accordo nazionale un nuovo accordo di cooperazione tecnico- militare che ha irritato Haftar.

Intanto i colloqui di pace per stabilizzare il Paese sono decisamente bloccati e l’ingresso di nuovi attori come la Turchia a fianco dei “tripolini” ha complicato e non poco la situazione.

Sempre al principio di questo mese Haftar dato infatti l’ordine di fermare un mercantile con sette cittadini turchi fra l’equipaggio, la reazione di Ankara non si è fatta attendere è sono stati segnalati minacciosi voli militari da parte dei jet di Erdogan nella zona di Sirte e di Jufra In tutto ciò si inserisce la notizia che proviene dagli Stati Uniti. Washington infatti sarebbe pronta a chiedere l’estradizione di Abu Agila Mohammad, detenuto in una prigione libica e ritenuto il responsabile mai perseguito dell’attentato di Lockerbie ( Scozia) nel 1988 quando una bomba fece esplodere in volo un Boeing 747 della Pan Am in viaggio da New York a Londra, morirono tutte le 270 persone a bordo. Quale governo della Libia si occuperà del caso?