Potremmo dirne tante, sul ministro Carlo Nordio. Potremmo accodarci ai delusi. A chi lamenta uno scarto fra le promesse, le speranze che il suo stesso incarico alla Giustizia ha alimentato, e i risultati. Che poi, in fondo, il 2023 si è chiuso con un colpo di reni niente male: la norma che ha ricondotto le ordinanze cautelari nel recinto dell’impubblicabilità. Solo che fra le tante scommesse garantiste desiderabili e realizzabili, quella sugli atti dei gip è forse la sola destinata a suscitare reazioni controverse tra gli stessi cultori del diritto penale liberale. Ma il punto non è coinvolgere Nordio nell’analisi microscopica dei dettagli. Dal guardasigilli più garantista che la storia non solo recente ricordi ci aspettiamo, in realtà, uno stile, prima ancora che dei traguardi. Vorremmo che l’ex procuratore aggiunto di Venezia torni quel fuoriclasse raffinato capace per anni di deliziarci, dalle colonne del Messaggero e del Mattino, con i suoi editoriali. Non pretendiamo che ora realizzi tutto quanto prefigurava in quegli articoli. Sappiamo che la politica è cosa diversa dalla libertà di un commentatore. Però vorremmo che Nordio ritrovasse il carisma e la sicurezza che con quei suoi articoli sapeva trasmettere. Lo vorremmo vedere sicuro anche nel tenere botta di fronte agli inevitabili passaggi a vuoto. Perché magari arriverà presto la prescrizione, ma resterà in freezer la separazione delle carriere. Avremo magari un secondo “pacchetto giustizia”, sulle intercettazioni e non solo, ma dovremo assistere a complicate contorsioni sull’abuso d’ufficio. Chissà. Quello che conta è che Nordio, ogni volta in cui ci sarà da registrare un obiettivo realizzato o una promessa riposta nel cassetto, riesca a esibire l’autorevolezza di chi non subisce le scelte e riesce a mostrarci comunque un rotta chiara. Non chiediamo una terra promessa evidentemente impossibile da raggiungere, né il paradiso terrestre della giustizia, ma un viaggio concepito in modo da non farci vivere con la perenne angoscia del naufragio.

Visto che non possiamo parlare solo di via Arenula e dei suoi inquilini, in questo gioco sui buoni propositi da “suggerire” ai protagonisti della giustizia passiamo quindi a una figura importante dell’opposizione, la responsabile di settore del Pd Debora Serracchiani. A lei, e con lei a Anna Rossomando, Walter Verini, Alfredo Bazoli, Franco Mirabelli e a tutti i parlamentari dem impegnati sulla giustizia, chiediamo di abbandonare il gioco di rimessa, quello che li ha spinti alla paradossale critica su una riforma della prescrizione ispirata alla legge del loro Andrea Orlando. Si liberino una volta per tutte del complesso giallorosa, cioè del tic giustizialista mutuato dagli alleati 5 Stelle, e tornino a essere propositivi e lucidi su temi ben precisi: non solo il processo penale e le sue regole ma anche il carcere, le norme antimafia, il doppio binario insopportabile del nostro sistema, e insomma tutte le distorsioni su cui non è accettabile tacere per convenienza politica.

E a proposito di convenienze, non possiamo tenere fuori, dai wishes per l’anno nuovo, il partito della premier Giorgia Meloni. Ma più che a lei, indirizziamo la terza letterina alla figura che più di tutte ha pesato nelle ultime mosse di Palazzo Chigi sulla giustizia: il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano. Al congresso nazionale forense, Mantovano ha tenuto un discorso importante sull’intelligenza artificiale applicata alla giustizia, e sappiamo che su quel versante, con lui oltre che con Nordio, siamo in buone mani. Però il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è anche una delle figure che più direttamente interagiscono con l’Avvocatura dello Stato, e che perciò, per forza di cose, ben conoscono il dossier “misure di prevenzione”. In particolare, Mantovano sa bene che a breve, su certe abnormità del codice antimafia, potrebbe arrivare la sentenza Cedu relativa al caso Cavallotti, dalla quale confidiamo possa esserci un richiamo all’Italia per le ingiustizie che quel codice tuttora consente di consumare a danno degli innocenti. Ecco, da Mantovano, che è innanzitutto un magistrato e ben conosce l’urgenza della battaglia antimafia, ci aspettiamo un’azione decisiva per riportare le leggi sulle misure di prevenzione nell’alveo della Carta costituzionale. Cioè in una cornice che preveda il rispetto della presunzione d’innocenza, del giusto processo, del diritto di difesa e di non sappiamo quanti altri principi dello Stato di diritto. La giustizia, caro Mantovano, le sta certamente a cuore, né può risultarle indifferente il destino di chi, nell’ambito della lotta alla mafia, è trattato dalla giustizia come un sacrificio umano inevitabile.

E siamo a Forza Italia. A chi, proprio sulle misure di prevenzione per esempio, si è battuto con coraggio. Tanto da aver proposto una legge che le riforma nella direzione giustamente auspicata da Pietro Cavallotti. Agli azzurri possiamo dire solo una cosa: continuate così, ragazzi. Ci rivolgiamo in particolare a quattro deputati e a un senatore, Tommaso Calderone, Annarita Patriarca, Pietro Pittalis, Giorgio Mulè e Pierantonio Zanettin: siete stati straordinari, davvero. Dagli emendamenti sulle intercettazioni che hanno cominciato a scardinare la “spazzacorrotti” all’iniziativa sulla prescrizione, fino appunto alla proposta di legge sulla prevenzione antimafia. Non sappiamo come andranno le cose per il vostro partito. Ma siamo certi che Silvio Berlusconi, se potesse, vi direbbe che è orgoglioso di voi, e che siete capaci di realizzare quanto nelle sue mani è spesso rimasto incompiuto.

Non possiamo non tornare a via Arenula, per rivolgerci con un unico appello ad Andrea Delmastro e Andrea Ostellari, i due sottosegretari alla Giustizia che rappresentano Fratelli d’Italia e Lega. Non ci dilunghiamo: sappiamo che le istanze delle forze politiche di cui Delmastro e Ostellari sono espressione non consentono grandi slanci in nome delle garanzie, tanto più in una fase che per molti mesi vedrà spesso anteposte le urgenze da campagna elettorale. Ma c’è una cosa che non posiamo fare a meno di chiedere, ai sottosegretari: l’impegno per realizzare alcuni buoni propositi che loro stessi hanno da tempo espresso sul carcere. In particolare, il trattamento in comunità per i detenuti con tossicodipendenze, che Delmastro ha meritoriamente tirato fuori, e l’impegno faticoso ma irrinunciabile di assicurare ai reclusi una vera opportunità di rieducazione, che vede Ostellari direttamente coinvolto. È una questione di dignità del nostro sistema. E una quota tutt’altro che marginale di responsabilità ricade anche sui due sottosegretari alla Giustizia.

Nel caso di Enrico Costa vale il discorso fatto per i parlamentari di FI: non possiamo che ringraziarlo a nome di tutti coloro ai quali sta a cuore lo Stato di diritto. Al responsabile Giustizia di Azione si deve tanto, tantissimo: dalle norme sulla presunzione d’innocenza al loro recente affinamento introdotto con la disciplina delle ordinanze cautelari. Dalla legge sul ristoro delle spese legali agli assolti al diritto all’oblio. Non mollare mai, onorevole. Sei la dimostrazione concreta che - nonostante il contesto difficile - la tenacia, la competenza e il coraggio possono portare le battaglie garantiste a vittorie insperate.

E dulcis in fundo concludiamo con chi la giustizia la difende con altrettanto coraggio sia nelle aule parlamentari che al ministero, con l’ulteriore complicazione di dover mediare di continuo tra obiettivi e condizioni politiche. Parliamo di Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia. Diamo per implicito che valgono per lui le espressioni di compiacimento già riferite agli altri rappresentanti di FI e a Costa. In più a Sisto chiediamo di non perdere mai la pazienza. Virtù che certamente possiede e che più di tutte è messa a dura prova dalle imboscate degli avversari e degli stessi alleati. Non si stanchi mai di battersi per portare a casa i risultati, Sisto. Anche quando tutto intorno sembra spingere nella direzione sbagliata, continui a crederci. Alla fine, per la giustizia, per i diritti, nel processo penale ma anche nel civile, dove pure la difesa è stata messa a dura prova, chi conosce davvero la materia, come gli avvocati, e dunque come Sisto, ha un’arma ignota alla gran parte dei populisti. Si tratta solo di avere la pazienza per impugnarla - pacificamente, è chiaro - al momento opportuno.