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LA STORIA
L’esercito da noi è un luogo chiuso. Chiuso come una prigione. Anzi no, è una prigione. Nell’esercito, come in prigione, nessuno mette piede se le autorità non vogliono. IL LIBRO DELLA GIORNALISTA
L’esercito da noi è un luogo chiuso. Chiuso come una prigione. Anzi no, è una prigione, solo che la chiamano diversamente. Nell’esercito, come in prigione, nessuno mette piede se le autorità ( militari o carcerarie) non vogliono.
Di conseguenza la vita nell’esercito è una vita da schiavi. Vero è che non siamo i soli: qualunque esercito mira alla clausura, alla segretezza, ed è forse per questo che si autorizzati a parlare dei generali come di un’unica casta internazionale.
Tuttavia, l’esercito russo ha delle peculiarità tutte sue, o meglio ad averle è il rapporto fra l’esercito e la popolazione civile. In Russia, cioè, manca il benché minimo controllo della società civile sull’operato dei militari. I soldati semplici – lo scalino più basso della gerarchia – non sono nessuno. Al di là dei muri di cemento di una caserma, un ufficiale può fare a un soldato quello che vuole, quello che gli passa per la testa in un determinato momento. Analogamente, quello stesso ufficiale può trattare come più gli piace un collega di grado inferiore. «È davvero questa, la situazione?» immagino che vi starete chiedendo. E ancora: «Ma no, non può essere davvero così...».
Non è sempre così, no. Ma eventuali eccezioni si devono solo a singoli individui che danno prova di una pur vaga umanità e la dimostrano richiamando all’ordine i propri sottoposti. Solo in questo modo, in forma di singole eccezioni e non di una regola sociale, si può scorgere un barlume di luce in fondo al tunnel.
Il sistema in sé è chiuso, ed è un sistema schiavista. «Ma chi è al governo che fa?» mi chiederete. Il presidente non è anche, ex officio, il comandante supremo dell’esercito? È o non è responsabile in prima persona di quanto vi accade? Per nostra sfortuna, quando si insediano al Cremlino i nostri leader ( o presidenti che dir si vogliano) nulla fanno per mettere la parola fine a questo stato di cose, né per promulgare leggi che limitino l’anarchia dell’esercito. Sono più propensi al contrario, e cioè a concedere all’esercito poteri ancora maggiori sui sottoposti. Perché l’esercito osteggia o sostiene un capo di Stato a seconda della compiacenza che egli mostra nei suoi riguardi.
Gli unici tentativi di dare un volto umano alle nostre Forze Armate furono fatti all’epoca di El’cin, nell’ambito di un programma che mirava a promuovere le libertà democratiche.
Ma non durò: in Russia il potere in sé è cosa assai più preziosa delle vite dei soldati. Dunque anche El’cin dovette alzare bandiera bianca, cedendo alle pressioni di un indignato Stato Maggiore. Putin non ci ha mai provato. Dirò di più: per definizione un presidente che sia un ex ufficiale è destinato a non provarci mai. Quel che ci voleva per una rinascita completa e definitiva era una guerra.