«Le correnti? Sono ben presenti nelle nomine, in special modo quelle più importanti». A dirlo è il giudice veronese Andrea Mirenda, l’unico togato senza un gruppo associativo alle spalle all’interno dell'attuale Consiglio superiore della magistratura.

La riforma del Csm, voluta dalla ex ministra della Giustizia Marta Cartabia ed entrata in vigore lo scorso anno, aveva come obiettivo principale quello di togliere potere ai gruppi associativi delle toghe. In particolare quello di “condizionare” le nomine dei capi dei vari uffici giudiziari.

Dopo lo scoppio del Palamaragate, e la conseguente pubblicazione delle chat dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati con le decine di colleghi che si raccomandavano o si facevano raccomandare per ottenere un posto da dirigente, l’esecutivo, “pressato” dal capo dello Stato Sergio Mattarella, aveva puntato tutto su una riforma all’insegna della maggiore trasparenza, evitando così la degenerazione correntizia.

La modifica del sistema elettorale della componente togata del Csm, un mix di maggioritario e proporzionale, avrebbe, si disse, consentito di superare gli accordi a tavolino fra i capi delle correnti, vedasi la decisione di candidare alle elezioni del 2014 solo quattro pm, uno per gruppo associativo, per i quattro posti a disposizione fra i requirenti, rendendo così inutile il voto dei magistrati.

Il risultato, purtroppo, è stato l’esatto contrario e le correnti hanno preso ancora più potere al Csm. Su venti posti a disposizione, diciannove sono infatti andati a magistrati esponenti dei vari gruppi associativi. L’unico “fuori sacco” è, come detto, Mirenda che è arrivato al Csm in modo alquanto rocambolesco, dopo essere stato sorteggiato per la quota che la legge ha previsto nel proporzionale.

«Vuole la prova che le correnti sono presenti? È sufficiente esaminare due delle ultime decisioni della Commissione per gli incarichi direttivi e che dovranno andare a breve in Plenum, mi riferisco al nuovo procuratore di Firenze e al nuovo procuratore generale di Bologna», prosegue Mirenda che fa parte di quella Commissione.

«Per ognuno di questi due incarichi - aggiunge laconico il togato veronese - le correnti hanno proposto un proprio candidato, tutti magistrati degnissimi, senza cercare un accordo su un nome condiviso. Vedo ancora molta voglia di mettere una “bandierina” e dimostrare all’esterno il proprio potere».

«Per uscire da questa situazione, l’unica possibilità è il sorteggio temperato dei componenti togati del Csm», puntualizzata allora Mirenda. «Questa settimana iniziamo in Commissione giustizia le audizioni per cambiare la legge sull’Ordinamento giudiziario», gli risponde il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Palazzo Madama.

«A prima vista può sembrare irrituale modificare una legge entrata in vigore da poco più di un anno. Ma abbiamo tutti visto che alla prova dei fatti essa non ha funzionato. Non voglio adesso fare recriminazioni, ma la maggioranza che appoggiava il governo Draghi era quanto di più eterogeneo ci potesse essere e non era possibile ottenere di più», prosegue il senatore azzurro. «Forza Italia, ma anche gli altri partiti della maggiorana, sono da sempre favorevoli al sorteggio temperato. E ritengo che lo sia anche Azione e Italia viva. Contiamo di avere i numeri in Parlamento per un riforma effettivamente efficace e che non abbia profili di incostituzionalità», conclude Zanettin, augurandosi che il Csm, «sotto la guida di Fabio Pinelli, per la prima dopo decenni un vice presidente non di sinistra o legato al Pd, possa garantire la massima correttezza nella nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari del Paese».

Ma su questo tema interviene ancora Mirenda: «Sto notando una enfasi eccessiva sul ruolo dei dirigenti degli uffici giudiziari. Non avendo potere di spesa e non potendo incidere sul personale, sia togato che amministrativo, anche chi è dotato di grandi capacità manageriali rischia di non portare a compimento il proprio progetto organizzativo». «Il risultato? Tutti a “bussare” al Csm o al Ministero per chiedere l’assegnazione di magistrati e di amministrativi. Ci sono tanti uffici senza un capo da anni che funzionano benissimo grazie all’impegno dei tanti colleghi, non facciamoci suggestionare dall’efficientismo a tutti i costi», ricorda Mirenda.

Una riforma che potrebbe essere fatta a costo zero riguarda, allora, la temporaneità degli incarichi. Dopo un primo mandato quadriennale, si potrebbe ipotizzare uno stop di quattro anni. «Si eviterebbe così di passare da un incarico direttivo all'altro senza soluzione di continuità», il commento di Mirenda.

La riforma dell'Ordinamento giudiziario, comunque, è materia quanto mai incandescente. Ed infatti, nel crono programma presentato la scorsa settimana dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, non compare. Non è sufficiente avere i numeri quando si toccano dinamiche che sfuggono alla normale dialettica parlamentare.