Con due sentenze della Sezione civile (nn. 2356/1378 del 2024), l’occhio vigile della Cassazione si è recentemente posato su questioni riguardanti il delicato equilibrio tra i doveri professionali dell’avvocato e la tutela degli interessi dei propri assistiti, inclinando il piatto della bilancia a favore dell’essenziale valore di diligenza e trasparenza nell’esercizio della professione legale, a discapito del diritto alla parcella dell’avvocato.

Il primo caso

La prima delle due sentenze in esame trae origine da un decreto ingiuntivo emanato dal Tribunale di Mantova a favore di un avvocato, intento a recuperare i compensi professionali non liquidati dal suo cliente. Tuttavia, l’insoddisfatta cliente ha presentato ricorso, chiedendo non solo il risarcimento dei danni, ma anche la restituzione di una somma già corrisposta pari a 2.000 euro.

Il Tribunale, constatato l’inadempimento dell’avvocato, ha deciso di revocare il decreto ingiuntivo. Questa decisione è stata oggetto di appello, e mentre l’appello principale è stato respinto, quello incidentale è stato accolto, condannando l’avvocato a restituire la somma alla cliente. Il legale ha impugnato la decisione davanti alla Cassazione, che ha respinto il ricorso, confermando l’obbligo di restituzione e negando ulteriori compensi. Il Giudice di legittimità ha evidenziato che l’appello incidentale tardivo dell’avvocato ha comportato una negligenza che ha reso inutile l’intera prestazione professionale svolta, giustificando la restituzione del compenso e l’assenza di ulteriori onorari.

Il secondo caso

La seconda sentenza riguarda il dovere dell’avvocato di avvertire il cliente dei rischi connessi a un atto legale. Nel caso specifico, un avvocato aveva preparato un preliminare di compravendita immobiliare senza avvertire i clienti dei potenziali rischi. Dopo la trascrizione dell’atto, la banca ha negato il finanziamento al promissario acquirente, poiché il promittente venditore aveva già sottoscritto un accordo con un altro acquirente, il quale richiedeva l’esecuzione specifica del precedente accordo.

La Cassazione ha sottolineato che l’avvocato aveva l’obbligo di avvisare i propri clienti sul fatto che un terzo poteva avanzare un’azione legale, con tutte le implicazioni che ne derivano. La mancanza di questa fondamentale avvertenza ha portato alla revoca dell’ingiunzione e, di conseguenza, alla perdita del compenso professionale per l’avvocato.

La vicenda riguarda la predisposizione di un preliminare di vendita tra un promittente venditore e una società (snc), rivelando dettagli legali trascurati. Il promittente venditore aveva già accettato di cedere l’immobile a un socio di un’altra società (srl). L’errore critico dell’avvocato è stato sottovalutare il rischio legato alla cancellazione della trascrizione pregiudizievole necessaria per il finanziamento. Nonostante il preliminare con la snc fosse stato trascritto tempestivamente, la srl aveva già avviato una richiesta giudiziale per l’esecuzione specifica dell'accordo precedente. La banca avrebbe dato il suo consenso solo se srl e socio avessero acconsentito alla cancellazione della trascrizione pregiudizievole.

L’avvocato, responsabile delle sfaccettature giuridiche della compravendita, avrebbe dovuto anticipare la necessità del finanziamento, specialmente con un immobile di 610 mila euro. L’errore fatale è stato non avvisare il cliente dei rischi connessi, portando la Cassazione a revocare il compenso professionale per inadempimento dell’avvocato.