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Si procede, incoraggiati da una convergenza ormai senza riserve nella maggioranza. Ieri sul ddl penale di Nordio la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha compito un altro passo avanti, con una nuova giornata i audizioni svolte tra i tecnici del diritto. E ha pesato in particolare l’intervento di uno dei più apprezzati studiosi della materia penale, il professore dell’Università di Bologna, Vittorio Manes. Il quale ha espresso una valutazione in gran parte positiva, anzi “senz’altro positiva sui principi e sui contenuti valoriali del provvedimento”. In modo solo in parte sorprendente, Manes ha suggerito “una valutazione aperta” sul passaggio più delicato e politicamente discusso del ddl penale firmato dal guardasigilli, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio.
In sostanza, il discorso del professore dell’università da Bologna segnala come la “patogenesi, nel caso dell’articolo 323, non riguardi ormai la redazione formale della norma, ma la interpretazione che tuttora se ne fa ad opera di certa magistratura inquirente. Quindi, siamo d’accordo sulla diagnosi. E perrestare nella metafora”, è l’analisi suggerita da Manes ai senatori della commissione Giustizia, “la soluzione abrogativa è una terapia possibile: in questi casi è chiaro che bisogna preoccuparsi anche della prognosi, vale a dire dei controeffetti che potrebbero prodursi”. Il giurista impegnato da anni al fianco deH’Ucpi si riferisce a un “carattere tipico del diritto penale, materia che aborre i vuoti: questi ultimi vengono fatalmente colmai con altre fattispecie. Ebbene”, ha fatto notare Manes, “diversi pm vedono spesso nell’abuso d’ufficio una corruzione non provata. Potrebbe voler dire che, nel momento in cui scomparisse il reato di cui all’articolo 323, si potrebbe ampliare il ricorso all’ipotesi di corruzione per esercizio della funzione”.
E interessante il risvolto politico di un’analisi come quella suggerita da Manes. Proprio in un’intervista rilasciata al Dubbio pochi giorni fa, un autorevole rappresentante di Fratelli d’Italia nella commissione giustizia di Palazzo Madama come Sergio Rastrelli (che dell’organismo presieduto da Giulia Buongiorno è segretario) ha allontanato le voci secondo cui il partito della premier sarebbe perplesso sulla soluzione trovata da Nordio, l’abrogazione del reato appunto, e già sarebbe al lavoro per una riformulazione della norma. Rastrelli è stato chiaro nel dire che “Fratelli d’Italia punta ad abolire l’articolo 323 perché vuole una pubblica amministrazione efficiente”.
Non ci sono incertezze o divisioni politiche : significa che il centrodestra, e lo stesso guardasigilli, saranno liberi di riflettere sulla scelta migliore da compiere in chiave esclusivamente tecnico- sistemica, liberi da riserve mentali magari taciute che trasformerebbero il dibattito in una guardinga partita di scacchi.
Ieri dunque Manes ha sostanzialmente rimesso sul tavolo della maggioranza, oltre che dell’intera commissione, un aspetto già fatto emergere anche da alcuni magistrati: il rischio che senza l’abuso d’ufficio si estenda lo spettro applicativo di altri reati. Il professore di Diritto penale dell’Università di Bologna ha invece escluso l’altra incognita che pure per settimane ha pes ato sul ddl Nordio, vale a dire lo spettro di un’incostituzionalità legata alla violazione degli accordi internazionali. “E da escludere una dissonanza fra l’eventuale rinuncia all’abuso d’ufficio e la Convenzione Onu di Merida. Tale accordo”, ha spiegato il giurista ai senatori, “distingue in modo netto fra due tipologie di reati. Contiene, perle fattispecie corruttive, l’espressione secondo cui gli Stai firmatari shall adopt, cioè adotteranno, in forma prescrittiva, nei loro ordinamenti norme che configurino quelle condotte come illecito. Nel caso dell’abuso d’ufficio la Convenzione dice invece che gli Stati shall consider adopting, cioè valuteranno di adottare”. Chiarissimo. Il vincolo non c’è.
La Convenzione del 2005 lascia dunque i Paesi sottoscrittori liberi ricorrere o meno a una specifica figura di reato per l’abuso d’ufficio anche alla luce del quadro complessivo della loro legislazione interna. “Non è dunque da temere, in linea generale, una censura della Corte costituzionale rispetto a un’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Qui la scelta”, ha chiarito Manes, “è davvero solo politica: il legislatore deve valutare non la legittimità di una certa soluzione ma le sue possibili conseguenze”. Manes ha promosso anche il resto del ddl, pur con alcuni rilievi sulle modifiche nel campo delle intercettazioni: “Va valutata l’opportunità di prevedere conseguenze, o anche solo incentivi negativi, per chi pubblicasse indebitamente atti che violino la privacy di indagati e terzi estranei”. Resta, dal passaggio di ieri, l’idea di una maggioranza che potrà scegliere. Non per convenienze o tatticismi, ma davvero solo per l’equilibrio del sistema.