Fino a quanto non gli è arrivata una tirata d’orecchi dalla Commissione antimafia e una convocazione per il 2 maggio, Michele Emiliano era letteralmente sparito. E non era da lui, dalla sua esuberanza, dal suo presenzialismo. Lontano dalle tv, niente dichiarazioni, assente dalle manifestazioni dopo l’ultima al Medimex, l’evento musicale a Taranto. Era l’8 aprile. Afflosciato dal combinato disposto di una crisi politica e giudiziaria che evidentemente si è trasformata in turbamento psicologico e forse depressivo.

È in crisi il “modello Emiliano” che governa Bari e la Puglia da vent’anni. E anche il pasticcio della prossima audizione del governatore alla bicamerale antimafia, con il timore di una sovrapposizione di date con quella in cui si discuterà una mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti dal centrodestra, non è stato affrontato con l’abituale aggressività. Non è difficile capirlo. Sono tre mesi che sulla testa del governatore della Regione Puglia sta crollando il mondo intero. Quattro inchieste giudiziarie. Prima 130 arresti che sono entrati nelle istituzioni come il coltello nel burro. E poi altre e altre ancora, che paiono non finire mai. Poi l’iniziativa del ministro Piantedosi con l’accesso agli atti del Comune di Bari per il sospetto di infiltrazioni mafiose, con la reazione sdegnata di tutto l’apparato Pd, a partire dal sindaco Antonio Decaro fino al presidente della regione. Che aveva messo la sua personale ciliegina sulla torta dello scandalo, quando ancora se lo poteva permettere, con la storiella di aver “raccomandato” il futuro primo cittadino alla sorella di un boss.

In quei giorni si era verificato anche l’evento politico più rilevante, con l’immediata presa di distanza dei due soci di maggioranza del “campo largo”, Giuseppe Conte e Elly Schlein. I quali avevano cominciato a guardare la Puglia come “regione infetta” e a imporre un radicale cambiamento politico, pena l’implosione della maggioranza e dell’alleanza per il rinnovo del Comune di Bari. Sempre ammesso che nel frattempo la commissione ministeriale che sta studiando gli atti amministrativi non avvii la procedura di scioglimento e nomini un commissario. Improbabile per i tempi, che in genere sono più lunghi, ma pur sempre possibile.

Ma poi è arrivato il 10 aprile. E all’ora di pranzo, né Michele Emiliano né gli altri della sua giunta avevano più appetito, ma si riunivano di gran fretta per una delibera urgente e imprevista. Una delibera che pareva votata sotto dettatura di un pubblico ministero o del giudice delle indagini preliminari. Perché aveva un solo punto all’ordine del giorno, che prevedeva la revoca dell’incarico di commissario straordinario dell’agenzia Arti, conferito solo tre mesi prima, a Alfonsino Pisicchio, ex assessore regionale all’urbanistica. Immediata sostituzione con un dirigente interno.

Erano state ore convulse, quelle del 10 aprile. E lo saranno ancora di più quelle dei giorni successivi. Perché le dimissioni forzate di Alfonsino Pisicchio dall’ente regionale avevano preceduto di poco il suo arresto, insieme al fratello Enzo, per reati molto gravi, dalla corruzione alla turbativa d’asta. E il fatto più rilevante era che si trattava di due soggetti politici che con un loro movimento, di nome Iniziativa democratica per la Puglia, erano stati attivi e determinanti nella campagna elettorale dl 2020 per la rielezione di Michele Emiliano. Si capisce molto bene quel che era successo quando, puntualmente, con tragica sequenzialità, vengono pubblicati i verbali di interrogatorio dei due fratelli. E si scopre quel che era intuibile. Perché era stato il governatore ad avvertire Alfonsino Pisicchio del fatto che una vecchia inchiesta giudiziaria si era improvvisamente riattivata. Certamente non gli avrà detto “scappa che ti arrestano”.

Ma Emiliano, ben conoscendo i suoi referenti politici, e soprattutto quel Conte che dirige un movimento nato apposta per far stringere manette ai polsi dei politici, si era affrettato ad allontanare il futuro carcerato (ai domiciliari in realtà) dall’ambito della sua amministrazione. Ma si è aperto subito un altro problema, di grande delicatezza politica: chi ha avvertito Emiliano di quello che stava per accadere? Quando si era sparsa la voce delle dimissioni improvvise e a orologeria di Pisicchio, il gip aveva accelerato i tempi, disponendo gli arresti dei due fratelli addirittura di sera, cosa inconsueta.

Di lì inizia il silenzio di Emiliano. Muto, anche se qualche giornale titola “parlo soltanto se mi convocano”, riferendo che l’avrebbe detto ai fedelissimi. Il che può essere, indifferentemente, vero o falso. Qualche domanda occorre porla, però. Anche prima del 2 maggio, giorno di convocazione all’antimafia, e del successivo 7 maggio, quando verrà discussa un’inutile, come tutte, mozione di sfiducia presentata dall’opposizione di centrodestra in Regione. La maggioranza numerica c’è, la legittimazione politica per continuare a governare non si sa. Dipenderà dalle crisi di coscienza e dagli esponenti del Movimento 5 stelle, che sono usciti dalla giunta ma per ora stanno a guardare.

Ma intanto un’altra gaffe ha accompagnato l’insoddisfacente “rimpastino” con cui il governatore ha tentato finora di mettere una pezza alla grave crisi politica. Il nuovo assessore ai trasporti Debora Ciliento, esponente del Pd, è stata assolta lo scorso gennaio da un’imputazione di abuso d’ufficio e falso ideologico. Si sentiva al riparo da ogni contestazione sulla purezza del suo certificato penale. Ma la sentenza non era stata ancora depositata. Lo sarà invece, altro miracolo pugliese, proprio poche ore prima della sua nomina a assessore. Domande, domande, domande.

Non ultima è questa: visto che la procura di Bari ha aperto un’indagine per la fuga di notizie sull’imminenza dell’arresto di Pisicchio, come mai Emiliano non è stato ancora convocato come persona informata sui fatti, se non addirittura come indagato di favoreggiamento? Oppure invece un passaggio in procura, in totale riservatezza, l’ha già fatto e non lo si è saputo? In ogni caso, qualche motivo per essere riservato il governatore della Puglia certamente lo ha. E lo aspetta la fossa dei leoni all’antimafia. Dove troverà esponenti del centrodestra agguerriti, se non altro a causa della nemesi storica per cui, quando loro si trovavano dall’altra parte del tavolo, gli amici di Emiliano non hanno mai fatto sconti. Ricambieranno la cortesia?