La notizia circolava già da qualche giorno tra le redazioni di vari giornali: il figlio del ministro dell’Economia Tria è a bordo della Mediterranea, la barca a vela che supportava la Mare Jonio, nave umanitaria che lo scorso 19 marzo è approdata a Lampedusa con 48 migranti soccorsi.

Insomma, mentre il padre deve vedersela ogni giorno con il ministro Salvini, l’uomo dei porti chiusi e della tolleranza zero sull’imigrazione, il figlio di Tria affronta i marosi per cercare di salvare quante più vite possibili.

Perché se è vero che gli sbarchi sono diminuiti, quello che conta, come ha spiegato ieri il presidente della Conferenza episcopale italiana Gualtiero Bassetti, è il numero di morti in mare: «I migranti vanno soccorsi e non respinti in Paesi insicuri o terzi anche perché ci prendiamo delle responsabilità se li affidiamo a terzi. Sono diminuiti gli sbarchi in Italia ma aumentano i morti.

Ogni morto è un'offesa che colpisce tutto il genere umano».

Il cardinale Gualtiero Bassetti, ha pronunciato queste parole intervenendo alla presentazione del rapporto del Centro Astalli.

In ogni caso i compagni di Stefano Tria confermano tutto: «Non ci siamo posti il problema sull’identità dei volontari. Stefano è uno di noi e fa quello per cui la nave Mediterranea è nata: salvare e salvarci da questo orrore».