Svolta, dopo quasi tre anni, al Consiglio superiore della magistratura sulle ormai celebri chat di Luca Palamara. La quinta commissione di Palazzo dei Marescialli, competente per gli incarichi, all'unanimità ha deciso questa settimana, come protocollo di lavoro, di acquisire sempre per ciascun candidato ad un posto semidirettivo o direttivo le eventuali chat con l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati che lo dovessero riguardare. Si tratta, come detto, di dati comunicati ufficialmente al Csm dalla Procura di Perugia dal lontano 2020. Nella scorsa consiliatura, però, era stati usati in maniera alquanto difforme. Ad alcuni magistrati, infatti, le chat con Palamara era costate il posto, per altri, invece, non avevano prodotto effetto alcuno. Una sperequazione più volte segnalata anche su questo giornale.

La pratica verrà discussa nel prossimo Plenum. La quinta commissione, presieduta dalla togata di Magistratura indipendente Luisa Mazzola, ha poi deciso di promuovere al più presto una discussione generale in Consiglio sui riflessi deontologici del “chattismo“, al fine individuare un livello minimo, un’asticella, come è stato detto efficacemente dai consiglieri, sotto la quale esse andranno ritenute irrilevanti. Questo, però, riguarderà solo il passato, in una logica di mitezza ispirata alla necessità di voltare definitivamente pagina su quello che, purtroppo, è apparso come un mesto costume diffuso. Lo scopo, dunque, è quello di chiudere una volta per tutte con il Palamaragate ed i suoi interminabili strascichi. Per il futuro, invece, le linee guida del Csm saranno severissime. La proposta, al momento ancora in discussione, dovrebbe essere quella di una circolare che faccia espresso divieto ai magistrati di intercedere presso i consiglieri - per sé o per altri - ai fini dell’ottenimento di incarichi o vantaggi personali. Una proposta in conformità, del resto, al progetto di codice etico dei vari Csm europei della Rete Encj. Si tratterebbe in questo caso di una asticella “a zero”.

L’unanimità della Commissione fa bene sperare su un effettivo cambio di passo. La proposta della quinta segue pertanto il nuovo corso inaugurato dal vice presidente del Csm Fabio Pinelli che, come primo passo, ha inteso eliminare dal calendario del Plenum la “settimana bianca”, dove non vi erano attività consiliari. Fra i motivi della decisione di Pinelli, l'esigenza di abbattere l'arretrato che si è accumulato nella scorsa consiliatura e che vede, ad esempio, uffici giudiziari senza un titolare da anni. Per la maggior parte si tratta di Procure, alcune molto importati come Napoli, Firenze, Torino. Inoltre ci sarà da gestire la mole di contenziosi amministrativi cresciuta a dismisura negli ultimi anni. Si parla di un centinaio di ricorsi l'anno, un numero molto elevato se confrontato con quello delle delibere assunte. L'ultima caso di bocciatura eccellente ha riguardato il presidente del tribunale di Palermo. Il Csm fino ad oggi, davanti ad un annullamento, ha quasi sempre riproposto la medesima delibera, modificando qualche passaggio, oppure impugnandolo davanti alle sezioni unite della Corte di cassazione. Una sorta di “autarchia amministrativa assoluta” che svuota di ogni significato il ruolo del giudice del Tar e del Consiglio di Stato, come ricordato in un articolo ieri sul quotidiano Libero da Pieremilio Sammarco, processore di diritto comparato dell'Università di Bergamo.