«Quando dico che i mafiosi non parlano al telefono alludo al fatto che nessun mafioso ha mai manifestato la sua volontà di delinquere o ha espresso parole che siano la prova di un delitto in atto oppure in progressione o ancora programmato»: il Guardasigilli Carlo Nordio in Senato, durante la sua prima relazione sullo stato della giustizia in Italia, inevitabilmente ha dovuto marcare l’accento sulla questione delle intercettazioni e correre ai ripari dopo la frase di qualche giorno fa che molte perplessità aveva suscitato: «Crediamo veramente che la mafia parli per telefono? Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare perché sa che c’è il trojan, né in aperta campagna perché ci sono i direzionali», aveva detto a La7.

Troppe le polemiche seguite da parte di chi accusa il Governo di voler privare la lotta alla mafia di uno strumento indispensabile. Da qui la necessità di chiarire: «Non sarà mai abbastanza ribadito che non vi saranno riforme che toccheranno le intercettazioni su mafia e terrorismo». Ha chiarito poi che esse servono soprattutto per individuare «i movimenti delle persone sospettate di mafia, terrorismo». «Anche quelle preventive sono indispensabili - ha aggiunto -. Altra cosa sono le intercettazioni giudiziarie che coinvolgono persone che non sono né imputate né indagate e che attraverso un meccanismo perverso e pilotato finiscono sui giornali e offendono cittadini che non sono minimamente coinvolti nelle indagini». Pertanto «la rivoluzione copernicana sull'abuso delle intercettazioni è un punto fermo del nostro programma».

Da qui il solito richiamo ai principi ai quali crede di più: «Il nostro fermo proposito è di attuare nel modo più rapido ed efficace il garantismo del diritto penale. Realizzeremo la tutela della presunzione di innocenza della persona, assicurandone la dignità e l'onore durante le indagini e il processo. E parallelamente assicureremo la certezza della pena. Una pena che non coinciderà sempre e solo con il carcere, ma che sarà comunque afflittiva, certa, rapida, proporzionata, e orientata al recupero del condannato, secondo il nostro dettato costituzionale».

Nel suo discorso non poteva mancare un riferimento ai suicidi in carcere che costituiscono un «fardello di dolore. Stiamo lavorando per ridurre questo fenomeno comune nel mondo ma che in Italia ha assunto toni di estremo allarme». Tra le linee di intervento Nordio ha indicato «l'aumento dei posti disponibili e la riduzione del sovraffollamento delle carceri» e il «massimo impulso» che si intende dare «all''implementazione degli spazi» per le attività di trattamento nei confronti dei detenuti, con l'occhio rivolto soprattutto al lavoro, che in carcere è uno «strumento fondamentale per rieducazione del detenuto».

Al termine della Relazione è iniziata la discussione generale in Senato. Anatema ovviamente da Pd e M5s. «Esprimiamo delusione per la relazione del ministro Nordio – ha esordito il dem Walter Verini - . Ciò che è stato fatto, con l’approvazione di riforme importanti nella scorsa legislatura, va salvaguardato. Il governo dovrebbe lavorare per l’attuazione di quelle riforme. Invece riproporre questioni divisive, evocare un diverso uso delle intercettazioni, rimettere in discussione i termini della prescrizione e altro rischiano di riproporre uno scontro tra politica e magistratura che pensavamo fosse superato. Siamo con il procuratore Melillo quando dice che le intercettazioni sono fondamentali per colpire reati gravi e importanti, anche non di mafia». Parole dure anche da parte del senatore pentastellato Roberto Scarpinato: «La nostra valutazione è assolutamente negativa del suo programma, la nostra idea della giustizia, la nostra stella polare è la Costituzione antifascista del '48 imperniata sull'uguaglianza dei cittadini, mentre lei ha dimostrato con le sue esternazioni di non apprezzare l'assetto della giustizia voluta dai padri costituenti. Lei – ha proseguito - vuole una giustizia pre-repubblicana, forte con i deboli e debole con i forti».

Plausi invece dalla maggioranza, ca va sans dire. «Il ministro Nordio ha il nostro pieno sostegno, finalmente la giustizia italiana è nelle mani di una persona competente», ha affermato il senatore di Fratelli d'Italia Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. «Con questo governo e questa maggioranza abbiamo davvero la possibilità di costruire una svolta storica per la politica giudiziaria del Paese – ha detto il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin - dopo che, da Mani pulite in poi, abbiamo vissuto troppe stagioni improntate al giustizialismo manettaro, culminate da ultimo in quel dicastero Bonafede che ci ha trascinato nelle tenebre giuridiche del fine processo mai e dei trojan di Stato estesi anche ai reati contro la P.a».

Anche il Terzo Polo si pone accanto - con riserva - al Guardasigilli: «Noi la appoggeremo, perché pensiamo che attraverso la sua visione andiamo ad implementare una giustizia che assomiglia alla Repubblica Italiana che i nostri costituenti avevano in mente e che poi nel tempo non si è pienamente realizzata. E tuttavia non ci pare accertato che la sua maggioranza sia in linea con la sua visione garantista: lo provano il nuovo reato sui rave party», ha dichiarato in aula il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto. L'Aula del Senato al termine ha votato a favore delle risoluzioni 3 e 5, presentate dalla maggioranza (firma Malan, Romeo, Ronzulli e De Poli) e del terzo polo, (Paita, Gelmini, Calenda e altri), depositate al termine della relazione sulla giustizia. Per la risoluzione di maggioranza i sì sono stati 95, 55 contrari e 7 astenuti. Mentre la risoluzione presentata da Az-Iv ha ottenuto 100 voti a favore, 54 contrari e 4 astenuti.