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«Qui si stanno scomodando i massimi sistemi, la separazione dei poteri dello Stato, per rivendicazioni corporative. Ma quando il governo Berlusconi aumentò da 70 a 75 anni l’età massima per il trattenimento in servizio delle toghe non mi sembra che ci siano state simili reazioni». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando replica al presidente dell’Anm Piercamillo Davigo che solo due giorni fa lo aveva accusato di essere «nemico» dei magistrati. Davigo aveva inoltre attaccato governo e guardasigilli perché colpevoli di utilizzare l’intervento sull’età pensionabile per minare l’autonomia e l’indipendenza delle toghe e «scegliersi i propri giudici». Ma Orlando non ci sta: «Il governo e il sottoscritto - dice al Dubbio - non hanno alcun potere nella scelta dei capi degli uffici. Lo sanno tutti che questo è un compito esclusivo, come scritto in Costituzione, del Consiglio superiore della magistratura. Ed io non ha mai interferito in questi anni sulle scelte effettuate dall’Organo di autogoverno». “Consapevole della funzione sociale della classe forense e della sua importanza nei rapporti tra cittadino e Giustizia, è interlocutore attento e sensibile degli Avvocati, capace di ascoltare le questioni poste e di riconoscere i valori della professione”.
Con questa motivazione, al ministro della Giustizia Andrea Orlando è stato conferito, dal presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano Remo Danovi, il “Sigillo di San Gerolamo”, massima onorificenza dell’Avvocatura milanese intitolata al patrono dei giureconsulti. La cerimonia di consegna si è svolta sabato scorso nel capoluogo lombardo durante la cena di gala organizzata dall’Ordine di Milano per celebrare l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Oltre al ministro, erano presenti il primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio e tutti i vertici degli uffici giudiziari milanesi. La manifestazione è stata anche l’occasione per fare il punto con il ministro Orlando sullo stato della giustizia e su alcune recenti polemiche con la magistratura.
Il mese scorso è stato celebrato a Milano il decennale del Processo civile telematico, per ricordare la data dell’ 11 dicembre 2006, quando venne effettuato, proprio da qui, il primo deposito telematico di un atto di parte con pieno valore legale. L’avvocatura ha giocato in questi anni un ruolo importante nello sviluppo del Pct, contribuendo in maniera significativa affinché questo progetto si realizzasse. Concorda?
Certo, la collaborazione dell’avvocatura, in particolar modo quella milanese, per quanto attiene lo sviluppo del Pct è sotto gli occhi di tutti. Se Milano è in questo ambito, ma non solo, all’avanguardia, grandi meriti sono proprio dell’avvocatura.
Milano può essere considerata un modello di riferimento nazionale?
Milano si conferma un model- lo di riferimento anche europeo per quanto attiene le prassi innovative nel settore della giustizia. Ed è per questo che rimango alquanto sorpreso quando alcuni usano toni catastrofistici descrivendo una situazione allo sfascio.
I magistrati l’hanno accusata di essere un loro “nemico”. Cosa risponde?
Premesso che io non sono nemico dei magistrati, vorrei poter essere ricordato per altre questioni. Ad esempio, per aver portato a compimento lo sviluppo del Pct. O per essere stato il primo ministro che, dopo molti decenni, ha rideterminato le piante organiche di tutti gli uffici di primo grado con un parere positivo e unanime del Csm. O ancora, per essere stato il ministro della Giustizia che, dopo venti anni, ha bandito un concorso, attivato mobilità da altre amministrazioni e scorrimenti di graduatorie che porteranno negli uffici 5100 nuove unità di personale.
Nel corso del suo intervento nell’Aula magna del palazzo di giustizia di Milano, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo ha però accusato il governo, a proposito dell’intervento sull’età pensionabile, di minare l’autonomia e l’indipendenza delle toghe. Si sente chiamato in causa? Sul punto vorrei innanzitutto dire che è singolare che si contesti l’utilizzo del decreto per modificare l’età pensionabile e poi, contemporaneamente, si contesti di non averlo utilizzato per correggere quel presunto sbaglio. Il tema dell’età pensionabile rientra nella normale dialettica fra governo e magistratura. Per quanto attiene alla proroga concessa ad alcuni magistrati, questa riguardava la dimensione organizzativa della Cassazione ed era per far fronte a delle scoperture.
E la ventilata minaccia all’autonomia e all’indipendenza della magistratura? Ripeto, qui si stanno scomodando i massimi sistemi, la separazione dei poteri dello Stato, per rivendicazioni corporative. Vorrei dire una cosa: quando il governo Berlusconi aumentò da 70 a 75 anni l’età massima per il trattenimento in servizio delle toghe non mi sembra che ci siano state simili reazioni.
L’Anm dice che con questo provvedimento il governo si sta, di fatto, scegliendo i propri giudici.
Questa è una classica fake news.
Una “post verità”, come si dice ora?
Certo. Il governo, ed il sottoscritto, non hanno alcun potere nella scelta dei capi degli uffici. Lo sanno tutti che questo è un compito esclusivo, come scritto in Costituzione, del Consiglio superiore della magistratura. Ed io non ha mai interferito in questi anni sulle scelte effettuate dall’Organo di autogoverno.
A proposito di Csm, la riforma del Consiglio era un punto del programma di governo. La commissione di studio da lei nominata e presieduta da Luigi Scotti aveva elaborato la revisione del sistema per eleggerne la componente togata, ritenuto fondamentale strumento, almeno negli auspici, per attenuare l’eccessivo potere delle correnti. Non ci sono più speranze affinché questa riforma vada in porto?
Abbiamo fatto un lavoro importante. Al Csm si è anche avviata una seria riflessione su questo argomento con un dibattito in plenum. Ma bisogna tenere conto del fatto che la legislatura è ormai alle battute finali e non ci sarà tempo per presentare un disegno di legge organico sulla riforma del Consiglio superiore. Spero comunque che questo lavoro non vada perso e serva come base di partenza per chi verrà dopo.