IL PREMIER PARLA AL SENATO MENTRE I RUSSI INTENSIFICANO GLI ATTACCHI

Infrastrutture e tv nel mirino di Mosca. La Cina ora è pronta a giocare la partita diplomatica. E su Swift è questione di ore Per Draghi e gli alleati la grande occasione di cementare l’Unione

Se la guerra ha ricreato lo “spirito europeo” il cuore della svolta resta la politica economica

Dopo il Covid nulla sarà più uguale a prima, recitava un luogo comune ovunque ripetuto all'inizio della pandemia.

Lo stesso annunciato vale per la guerra ucraina elevato a ennesima potenza, soprattutto se si parla d'Europa e di singoli Paesi europei.

Fare politica è anche saper cogliere le occasioni. La leadership europea, che vede il premier italiano parte integrante della tolda di comando, la sta cogliendo da numerosi punti di vista.

Tutti potenzialmente tali da ridisegnare per intero il dna dell'Europa e di conseguenza il quadro mondiale da un lato e nazionale, italiano, dall'altro.

Proprio Draghi, il pragmatico, dopo aver promesso al governo ucraino che il nostro paese «non si volterà dall’altra parte», è stato ieri in Parlamento sintetico ed esaustivo, quando ha più o meno liquidato come retorica gli appelli a una maggiore unità europea in futuro segnalando che quella maggiore unità si sta realizzando nei fatti proprio in questi giorni.

E' questa la vera contropartita dei sacrifici che, come hanno ripetuto tutti ieri in Parlamento da Draghi in giù, verranno chiesti nel prossimo futuro ai cittadini e che saranno molto pesanti: un'Europa non più solo economica ma politica e dunque militare. La capacità di restare uniti anche a fronte di sanzioni che avranno un prezzo salato anche per i sanzionatori è il passaggio chiave che permette poi di impostare una forza armata comune, con passaggi epocali come il riarmo della Germania per la prima volta dopo il 1945.

La prospettiva è quella di una Nato radicalmente modificata perché non più a trazione e leadership esclusivamente nordamericana. Altrettan-to evidente la ricaduta della guerra sulla strategia energetica dell'Unione.

Appena un paio di mesi fa l'Unione, già a fronte di una crisi energetica conclamata, si è divisa sull'opportunità di una campagna di acquisti e stoccaggio comune, e non è un caso che proprio Draghi già incalzi augurandosi che quelle resistenze della Germania e dei Paesi del nord vengano ora superate, come probabilmente sarà. Più difficile immaginare che le braccia aperte ai profughi ucraini portino quasi automaticamente al superamento di Dublino e degli egoismi che hanno prodotto, prima che il Covid la relegasse in secondo piano, l'emergenza immigrazione e la derivata crescita dei movimenti ' populisti'.

Ma almeno qualche passo in quella direzione sarà inevitabile. Il cuore della svolta è però la politica economica.

La Ue si preparava a ripristinare il patto di Stabilità e affrontare una lunga e combattuta discussione sulla sua eventuale revisione.

Formalmente è ancora così, ma a fronte di una crisi come quella che inevitabilmente comporteranno le sanzioni contro la Russia è surreale anche solo immaginare di restaurare ora il patto.

Va da sé che dopo due sospensioni senza soluzione di continuità, oltretutto nelle due crisi che hanno per la prima volta registrato reazioni unitarie dell'Unione, il patto dovrebbe considerarsi sepolto.

In un quadro come quello che si prospetta è almeno molto più difficile che esplodano le tensioni che stavano rapidamente montando nella maggioranza.

Un clima da unità nazionale sostanziale, confermato del resto dalla risoluzione unitaria votata ieri anche da Giorgia Meloni, è nell'ordine delle cose, imposto da una realtà persino più assertive degli interessi elettorali.

Impossibile poi dire oggi quale sarà la situazione fra un anno, dopo le elezioni. Ma se l'ondata di ritorno delle sanzioni dovesse mordere ancora a fondo, le probabilità di una conferma di Draghi al governo, magari con una unità nazionale allargata a tutti, si innalzerebbero di molto. L'ostacolo possibile però è nello stesso prezzo delle sanzioni, cioè nella crisi.

Se la Ue metterà in campo una strategia di ammortizzazione e contenimento degli effetti più disastrosi, come ha fatto per contrastare la pandemia di Covid, le tensioni sociali non dovrebbero esplodere. In caso contrario è invece possibile che si allarghi un disagio con radici materiali, nell'impoverimento da un lato e nel rincaro dei prezzi dall'altro, che però non tarderebbe a trasformarsi in dissenso politico e in critica a quella stessa linea che oggi tutti giurano di approvare.