Il Palamaragate non è bastato. Mai fidarsi delle apparenze. A distanza di cinque anni dallo scandalo che travolse il Csm e che fu “aggravato” anche da un’intercettazione mal trascritta, un nuovo errore redazionale ha infatti rischiato di condizionare pesantemente un altro procedimento giudiziario, quello nei confronti di Giovanni Toti. La frase “ Toti chiedeva finanziamenti illeciti” attribuita a Roberto Spinelli, il 52enne imprenditore genovese figlio di Aldo e accusato di aver sovvenzionato illegalmente il governatore ligure, riportata su tutti i giornali per giorni, in realtà non era mai stata pronunciata. Anche stavolta l’errore, a dir poco clamoroso e che avrebbe appesantito di molto la posizione del presidente della Regione, è stato determinato da una non corretta trascrizione, relativa nello specifico all’interrogatorio di garanzia di Spinelli, svoltosi lo scorso 13 maggio nel tribunale di Genova. Nel verbale, redatto in forma riassuntiva il giorno stesso alla presenza sia della gip Paola Faggioni che del pm titolare del fascicolo Luca Monteverde, tale frase non compariva. Compariva invece nel verbale integrale realizzato qualche giorno dopo con l’ausilio di un software in uso agli uffici giudiziari e con cui era stata realizzata la trascrizione della registrazione audio dell’interrogatorio.

Toti come si ricorderà è accusato proprio di finanziamento illecito ai partiti: ebbene, la circostanza che una frase così importante ai fini delle indagini non comparisse nel verbale redatto in forma riassuntiva, pieno di episodi penalmente non rilevanti, non aveva fatto sospettare gli inquirenti nemmeno un secondo sul fatto che qualcosa non tornasse. I giornali, che avevano recuperato il verbale della trascrizione integrale, vi ci si erano allora buttati a capofitto, riportando per giorni e giorni nei loro articoli quelle parole che sembravano inchiodare Toti. Spinelli, da parte sua, non aveva fatto alcuna rivelazione esplosiva né tantomeno aveva accusato il governatore di aver chiesto finanziamenti illeciti per il suo movimento politico. Gli avvocati dell’imprenditore ligure, comunque, avevano sottolineato fin da subito come il proprio assistito non avesse mai pronunciato la frase. Ma la campagna mediatica martellante era stata più forte di qualsiasi smentita. Finché l’altro giorno, per dipanare la matassa, la gip Faggioni ha disposto il riascolto dell’interrogatorio, a cui aveva partecipato il pm Monteverde oltre agli avvocati di Spinelli. E il risultato è stato che questi ultimi avevano ragione.

Un episodio che, come detto, riporta la memoria al maggio del 2019, quando scoppiò il Palamaragate che porterà poi alle dimissioni di 6 consiglieri Csm su 16, a quelle dell’allora pg di Cassazione Riccardo Fuzio, e allo stop della nomina di Marcello Viola a procuratore di Roma. Il telefonino dell’ex presidente Anm Palamara in quel periodo era stato “infettato” col trojan per verificare se ci fosse corruzione nelle nomine di Procure e Tribunali. Il virus che trasforma il cellulare in una microspia aveva registrato il famigerato incontro avvenuto la sera del 9 maggio 2019 presso l’hotel Champagne di Roma, al quale era presente anche il deputato del Pd Luca Lotti. Si discusse della nomina del procuratore di Roma dopo il congedo di Giuseppe Pignatone.

I finanzieri del Gico che effettuavano gli ascolti, nel verbale misero in bocca a Lotti la frase “si vira su Viola”. Frase che nella realtà era “si arriverà su Viola”. Non si era trattato, come scrissero per settimane tutti i giornali, di una ‘ spinta’ del parlamentare nei confronti di Viola, ma di una semplice constatazione sul voto finale al Csm. Insomma, nessun accordo toghe- politica per pilotare la nomina di un procuratore compiacente a Roma e favorire Lotti, all’epoca imputato nella Capitale nel processo Consip, da cui cui sarà assolto con formula piena. Quando l’errore venne scoperto, dopo oltre un anno, con la perizia, era ormai troppo tardi. L’iniziale clamore mediatico aveva determinato l’immediato azzeramento del voto favorevole a Viola in commissione al Csm e la sua estromissione dal concorso.

Le trascrizioni di intercettazioni e interrogatori sono dunque materiale incandescente. Ovviamente, nessuno mette in conto che un verbale possano essere viziato da errori. Quando accaduto in questi casi dovrebbe invece imporre maggiore prudenza per evitare precipitose retromarce.